Quando la leva era obbligatoria: nel libro Passo Cadenza di Giorgio Verdoliva il ricordo di un’esperienza che ha accomunato più generazioni
Con la guerra in Ucraina si torna a parlare di esercito europeo e di leva militare obbligatoria. Un’esperienza, quest’ultima, cui l’Italia ha detto addio nel 2005 ma che ha formato diverse generazioni alla disciplina e al rispetto delle regole. Un racconto particolareggiato, quasi diaristico, di cosa significasse per tantissimi giovani la chiamata alle armi è contenuto nel libro di Giorgio Verdoliva, «Passo Cadenza» (TotoTravel – Streetlib, 2021).
Giorgio Verdoliva (Firenze, 1966) ha avuto sempre familiarità con la vita militare e con la scrittura. Ultimo di quattro figli, padre carabiniere d’origine stabiese in servizio presso la Scuola Sottufficiali vicino Santa Maria Novella, Giorgio scrisse a otto anni il primo romanzo. Nel 1970, dopo il congedo del padre dall’Arma, si trasferì con la famiglia in provincia di Bologna dove vive tuttora. Dei tanti inediti chiusi in un cassetto, ha pubblicato «Che rossa!» e «Passo Cadenza».
«Passo Cadenza» è un romanzo autobiografico, ricco di ricordi e riflessioni sul servizio di leva. Il titolo deriva dal passo che scandiva le marce degli artiglieri. Chiamato in servizio nonostante una fastidiosa sordità rinogena congenita, Giorgio è destinato alle caserme di Savona, Bracciano, Casarsa e Treviso. Dodici mesi, un tempo come sospeso per tanti giovani costretti a lasciare il lavoro o gli studi, mal sopportato da alcuni, ricco di esperienze nuove e avventure goliardiche per altri. Per tutti, però, la «naja», come veniva popolarmente chiamata, segnava il momento di trapasso dalla giovinezza più o meno spensierata all’età adulta della maturità e delle responsabilità.
Al centro della narrazione vi è la vita di caserma, con i suoi ritmi e riti quotidiani: gli episodi di nonnismo, le libere uscite, i commilitoni della camerata, le letture clandestine durante il turno di piantone, quando il tempo non passa mai; i primi approcci con le ragazze, i periodi di licenza, l’infermeria, l’attesa del congedo, i rapporti non sempre facili con i superiori. L’autore non si ferma ai rapporti gerarchici ma indaga le personalità, i caratteri, gli approcci alla vita che ognuno nasconde sotto la divisa, mettendone a nudo l’anima. Ne viene fuori un’umanità varia, fatta di persone comprensive e buone e «alla mano», ma anche da gente autoritaria, perfida, persino «schizzata». Un’esperienza formativa, tra luci e ombre, con cui l’autore mette a fuoco le proprie aspirazioni per il futuro al di là delle attese giovanili, costruisce una nuova presenza sociale, rivaluta i rapporti con i genitori e con gli amici. Sullo sfondo, le tensioni internazionali con la Libia di Gheddafi, l’aggressiva politica del presidente statunitense Reagan e l’esplosione nucleare della centrale di Chernobyl.
L’autore, con uno stile asciutto e preciso, costruisce un ampio affresco della vita di caserma negli anni Ottanta, sotto la cui superficie si sente il rumore della vita che scorre.
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