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Carceri, Di Giacomo (S.PP.) – Processo fatti Santa Maria Capua Vetere, la confusione tra vittime e carnefici è palpabile

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“Nel processo in corso contro gli agenti penitenziari accusati dei fatti avvenuti nell’aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) nei confronti di detenuti è palpabile la confusione tra vittime e carnefici”. A sostenerlo è il segretario generale del S.PP. – Sindacato Polizia Penitenziaria – Aldo Di Giacomo riferendo che per la seconda volta in un mese il Presidente del collegio di giudici è stato costretto a sospendere la seduta per le continue minacce di detenuti-testimoni considerati “chiave”. “In aula, come è possibile ascoltare dai servizi televisivi – afferma Di Giacomo – i detenuti testimoni hanno pronunciato minacce ad avvocati ed agenti e persino mimato il gesto di percosse. I giornalisti hanno definito le parole pronunciate un “fiume minaccioso” sul quale il procuratore capo sta valutando un’azione penale. Per noi che dal primo momento dell’inchiesta abbiamo sostenuto che le responsabilità vanno accertate e perseguite e che chi ha commesso reati deve risponderne, proprio perché siamo fortemente impegnati a difendere immagine ed onorabilità del Corpo, quanto accaduto in un’aula di giustizia rafforza la convinzione che la campagna generalizzata contro il personale penitenziario è stata strumentalizzata. Lo riprovano il numero consistente di agenti reintegrati in servizio dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP), sia pure a distanza di anni e i casi di agenti risultati del tutto estranei ai fatti contestati. Purtroppo questo clima di confusione – continua Di Giacomo – ha conseguenze nelle carceri dove detenuti violenti ne approfittano per continuare la “caccia al basco blù” e quindi a perpetrare aggressioni quotidiane agli agenti. Al centro c’è sempre la questione prioritaria che solleviamo e che riguarda il reato di tortura che necessita di una revisione spiegando non certo con una circolare, come è accaduto nelle settimane scorse, come si devono comportare gli agenti nei casi di rivolte, risse, minacce e violenze. Il principio della non colpevolezza deve essere valido per tutti, quindi anche per i poliziotti che sono stati sospesi, con lo stipendio ridotto, senza mai nemmeno una condanna. Ora, auspichiamo che anche negli altri casi si provveda al rientro in servizio, fermo restando che chi ha sbagliato deve pagare”.


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