Garante dei disabili, avv. Paolo Colombo: “Rapporto Agenas, meno prestazioni in tempi più lunghi: la sanità non si è ripresa dal Covid. Campania in chiaroscuro.”
Ospedali: passata la pandemia e messe alle spalle le stagioni degli stop ai ricoveri per l’emergenza Covid è di nuovo tempo di pagelle per le strutture sanitarie italiane.
Il registro è quello del Piano nazionale esiti stilato da Agenas.
Sotto la lente l’attività assistenziale erogata nel 2022 da circa 1.400 ospedali pubblici e privati italiani.
Tra le sorprese la presenza, tra i primi 18 ospedali in Italia per l’area cardiovascolare, del Ruggi d’Aragona di Salerno che raggiunge un livello di qualità complessivamente alto in una classifica in cui il vertice spetta all’Azienda ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze, unica ad aver raggiunto un livello molto alto.
L’ospedale salernitano, tra le strutture che fanno almeno 360 procedure di bypass all’anno, si posiziona comunque al terzo posto assoluto nel Paese per la minore mortalità a 30 giorni.
Buoni numeri e performance vengono in questo settore specialistico in Campania anche per l’Ospedale del mare e il Cardarelli i cui esiti tuttavia sono disturbati dal “rumore di fondo” dell’elevato numero di ricoveri riferiti alla cardiologia clinica (prettamente territoriale) mentre il Cardarelli paga la notevole entità di trasferimenti secondari dai centri spoke anche di altre province e gli accessi diretti senza passare per la rete infarto.
Una macroarea assistenziale, in cui complessivamente la Campania non brilla tranne che per la bassa mortalità dopo bypass.
Luci e ombre dunque per la Campania posizionata sotto la soglia media di qualità anche per la celerità dell’intervento di frattura del femore negli ultra 65enni (da fare entro le 48 ore dall’accesso) e per il volume di parti cesarei che è ripreso a salire sia nel pubblico e ancor più nel privato con regioni meridionali attestate a valori in media superiori al dato nazionale.
Da segnalare la presenza di strutture che superano il 40% dei cesarei in Campania.
La Campania non fa parte però del novero delle 9 regioni “canaglia” in cui nessuna struttura per l’area gravidanza raggiunge un livello di qualità molto alto. Riguardo al tumore alla mammella l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli si afferma tra le migliori in Campania e anche del Paese con un livello di attività classificato molto alto e tra le 32 strutture migliori per l’area oncologica.
Bene complessivamente l’intera Campania anche per il basso tasso di reinserenti a 6 mesi da una operazione per tumore maligno della mammella.
Bassi tassi di degenza infine, sintomo di qualità, nei ricoveri per la chirurgia della colecisti.
La Campania che a sorpresa si posiziona molto meglio di altre regioni del sud e anche del centro e del Nord quanto a livelli di assistenza che attengono alle attività di cura extra ospedaliere delle Asl. Parliamo ad esempio del basso tasso di ospedalizzazione per lo scompenso cardiaco. Così la Campania si segnalano bassi tassi di ospedalizzazione dei diabetici a dispetto dell’incidenza
della malattia, una riduzione delle amputazioni, segno di un buon trattamento ottenuto nei centri diabetologici.
Buone performance confermate dal basso livello di complicanze a breve e lungo termine.
E ancora: mediamente basso e sotto soglia media, il ricorso in Campania a Tso (Trattamento sanitario obbligatorio in ospedale) nei pazienti psichiatrici.
Un indicatore della presa in carico dei centri di salute mentale.
Bassi i tassi di ospedalizzazione anche per le riacutizzazioni delle patologie bronchiali ostruttive croniche.
Uno dei nodi della rete ospedaliera regionale campana resta, in molte delle aree monitorate, la permanenza di reti per patologia strutturate su ospedali e centri di piccole e medie dimensioni che pagano pegno per la minore specializzazione degli operatori, per il minor numero medio di procedure – soprattutto chirurgiche – rispetto alla media e dunque per esiti in alcune aree sotto la soglia media.
Sul banco degli imputati una eccessiva frammentazione dell’offerta, le troppe strutture con bassi volumi di attività che mal si sposano con esiti di qualità.
È degno di nota il fatto che la Campania, dopo il Covid, ha ridotto mediamente del 7% la migrazione sanitaria verso il centro-nord con punte del 10 e fino al 15% (percentuale molto superiore alla media delle altre regioni fissata al 4%) dei flussi di pazienti in uscita in ambito oncologico.
Dichiara il Garante dei diritti delle persone con disabilità della Regione Campania, l’avvocato Paolo Colombo: “Occorre che la politica si renda conto che il servizio sanitario pubblico è una priorità e che è necessaria una riforma strutturale del sistema con maggiori risorse e capacità organizzative, disponibilità di medici e farmaci. Il sistema sanitario nazionale è in profonda crisi, non regge più. I medici sempre più anziani vanno in pensione e i giovani scelgono il privato o emigrano all’estero. La professione non è più attrattiva in termini di carriera, economici, di benessere organizzativo e sempre più gravata da rischi professionali, carichi di lavoro inaccettabili, aggressioni di un’utenza che non riconosce né sforzi né difficoltà che caratterizzano le trincee degli ospedali. Lo stesso vale per la medicina di famiglia sempre più sguarnita e priva di rincalzi.”
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