Carceri, Di Giacomo – I numeri del disastro carcerario non lasciano dubbi sulle incapacità di gestione ed evidenziano una guerra quotidiana
L’anno che si è appena concluso e le cronache di queste prime settimane del 2024 che segnano, purtroppo in continuità con il 2023, l’acuirsi dell’emergenza del sistema penitenziario, hanno determinato la mia scelta di avviare un nuovo tour tra alcune carceri per incontrare, ascoltare i colleghi e rilanciare la mobilitazione.
La prima criticità è quella delle aggressioni e delle violenze contro il personale penitenziario. Partiamo dai dati del 2023: sono stati oltre 1800 i poliziotti penitenziari mandati in ospedale con una prognosi dai 7 giorni in su perché picchiati dai detenuti, con una media di 5 al giorno. Sempre durante l’anno più di 9mila sono stati gli episodi di resistenza e ingiuria a pubblico ufficiale in carcere.
In particolare: circa 350 sono i poliziotti penitenziaria finiti in ospedale in Lombardia, 280 in Piemonte-Valle d’Aosta-Liguria, 270 in Sicilia, 260 nel Lazio-Abruzzo-Molise, 210 in Veneto- Trentino-Friuli, oltre 200 in Campania, come in Emilia R.-Marche, 190 in Toscana-Umbria, 180 in Puglia-Basilicata, 160 in Calabria e 120in Sardegna.
Va aggiunto la piaga dei suicidi dei detenuti che ha raggiunto numeri record come le morte a vario titolo che hanno superato le 200 in un anno. Il 2023 è stato anche l’anno record degli omicidi in carcere, ben 4, cosa mai verificatasi prima; per non parlare dei 2mila telefonini ritrovati ed uno spaccio di droga di decina di milioni di euro.
Tutto questo è accaduto mentre il sottosegretario Delmastro (con delega alla polizia penitenziaria) ha parlato di “segnali di luce in fondo al tunnel” e il ministro Nordio di “suicidi dei detenuti inevitabili” come sarebbe inevitabile tutto quello che è accaduto nel 2023 e continua ad accadere.
Le dichiarazioni del Ministro dimostrano che lo Stato ha ammainato bandiera bianca, ma anche di come vi sia una confusione all’interno dello stesso Ministero della Giustizia sulle possibili soluzioni ai problemi carcerari; infatti, da una parte il sottosegretario Delmastro dichiara che il problema del sovraffollamento è risolto visto che è stato previsto un aumento dei posti letto di 7mila unità, mentre il Ministro dice che l’unico modo per risolvere il sovraffollamento è far scontare la pena agli extracomunitari nel loro paese.
Il sottosegretario, inoltre, continua a parlare di un incremento organico di 5mila unità con il quale avremmo risolto il problema della carenza organica e non manca occasione per ricordarci di aver dotato il personale di Polizia Penitenziaria di strumenti come le maschere anti-gas, guanti e scudi come se invece di un lavoro di vigilanza-custodia per garantire la legalità si trattasse di prepararsi a fronteggiare una guerra di scontri quotidiani.
È una situazione intollerabile come è inaccettabile ascoltare da Delmastro l’esaltazione di nuove assunzioni programmate che di fatto non coprono nemmeno i vuoti di organico prodotti da pensionamenti e pre-pensionamenti.
La storia di amore tra sindacati di polizia penitenziaria e sottosegretario Delmastro, che come non ci appartiene e non ci è mai appartenuto, di cui per giorni si sono occupati giornali e
media, ammesso che ci sia stata realmente, è già finita. Del resto, il rapporto che il sottosegretario ha instaurato dal primo momento del suo incarico sul “vogliamoci bene”, tra cenette e aperitivi, pacche sulle spalle e sorrisi, ha rivelato il non mantenimento della parola data rispetto alle troppe e numerose promesse di miglioramento delle condizioni di lavoro del personale che si sono risolte in qualche mutanda e paia di calzini di quello che dovrebbe essere l’abbigliamento di servizio che dovrebbe, prima di tutto, garantire l’incolumità fisica durante i turni massacranti di lavoro e quindi dalle aggressioni di detenuti. Non c’è un solo atto che dimostri il contrario e che affronti l’emergenza centrale che almeno noi continuiamo a sollevare all’Amministrazione Penitenziaria: la tutela degli agenti dalle aggressioni e violenze ormai da tempo quotidiane con il rischio che in questa situazione prima o poi avvenga la tragedia in termini di vite umane. I colleghi in prima linea nella difesa dello Stato e della legalità non ne possono più e per questo non possono sopportare amicizie interessate e non verità.
Il bilancio dell’anno appena concluso per il sistema penitenziario italiano è pesantissimo e non ammette attenuanti di responsabilità: le rivolte in alcune carceri, i continui suicidi di detenuti, le aggressioni al personale penitenziario e sanitario, il ritrovamento di droga e telefonini non sono una nostra invenzione. Chi realmente ama la polizia penitenziaria lo dimostri nei fatti.
Non tollereremo che nel 2024 si ripeta quanto accaduto nel 2023 nel silenzio assoluto.
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