Il disastro continua. La delusione settimanale diventa routine a Cagliari e vittoria sfumata al ‘96
di Luca Muratgia.
Niente da fare, anche l’effetto Calzona non sembra giovare al Napoli che a Cagliari spreca l’ennesima opportunità per rilanciarsi con il risultato finale di 1-1 che sa di beffa vera dopo che gli azzurri, in vantaggio con una rete di Osimhen, a metà del secondo tempo, avevano a lungo accarezzato l’idea della vittoria (che in trasferta manca dal novembre) e invece si ritrovano con un pareggio inutile che assomiglia come una goccia d’acqua ad una sconfitta. Dopo l’interlocutorio pareggio di mercoledì in Champions contro il Barcellona, la partita di Cagliari rappresentava una sorta di spartiacque, l’ultima chance offerta per salire sul treno delle pretendenti all’ultimo posto rimasto per la qualificazione in Champions. E invece ci si ritrova alle prese con l’ennesimo fallimento in una stagione di fallimenti che stronca definitivamente le già residue probabilità al riguardo. C’era la speranza che con l’avvento di Calzona, terzo allenatore stagionale, si potesse finalmente invertire il trend negativo, si potesse voltare definitivamente pagina e mettere la parola fine alle sofferenze e alle contraddizioni che hanno caratterizzato la stagione in un tormento infinito e che invece, purtroppo, resta quanto mai reale ed attuale. Il Napoli visto a Cagliari non è altro che il sequel della bruttura cui ci ha abituato fino ad ora fino ad ora, confusionario, lento, impacciato, con giocatori disorientati e frastornati, sopraffatti dalla grinta e fisicità degli avversari. Insomma Calzona fino ad ora non sembra aver impresso al gioco azzurro il proprio marchio di fabbrica, figlio delle lunghe esperienze da secondo prima con Sarri e poi con Spalletti. Appare doveroso però fornire al tecnico calabrese le dovute attenuanti visto che è stato catapultato in una realtà già di per se problematica, neanche 48 ore prima degli ottavi di Champions contro il Barcellona ed evidente non ha ancora avuto né il tempo né le condizioni adatte per intervenire in maniera risolutiva per proporre il suo calcio.
L’esempio più emblematico lo si rinviene nel primo tempo dove gli azzurri soffrono maledettamente il pressing dei sardi, non riescono a rendersi mai pericolosi e hanno addirittura la fortuna di vedersi annullato l’autogol di Rahmani per un fuorigioco di Lapadula. Il secondo tempo vede i partenopei appena più ordinati, meno sofferenti in difesa e più tendenti al controllo della partita. Il gol di Osimhen, su azione caparbia ed efficace di Raspadori che gli confeziona un assist che non si può rifiutare, assume i connotati della liberazione considerando che la rete fuori casa mancava dal 25 novembre contro l’Atalanta in concomitanza con l’ultima vittoria in trasferta per i partenopei.
Ma l’incubo è appena cominciato perché prima Politano e poi Simeone sprecano clamorosamente la rete che avrebbe chiuso definitivamente la partita e sull’ultima palla giocabile arriva l’atroce beffa; indefinibile errore di Juan Jesus che spalanca a Luvumbo la strada di un pareggio ormai insperato. Considerazioni ce ne sarebbero da fare ma sarebbero oltremodo inutili, il tempo delle chiacchiere è passato da un pezzo ma i fatti dove sono?
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