Sanremo nel segno della pace: con Papa Francesco e la parola affidata alla musica Carlo Conti regala agli italiani un festival garbato
“La musica può aprire il cuore all’armonia con un unico sguardo di comprensione”. Papa Francesco è la nota intonatissima che suona con il battito del cuore di tutti avvolto dal desiderio di pace. Il suo videomessaggio ha posto il sigillo sul senso di questa 75esima edizione pensata da Carlo Conti nel solco della convivialitá. La dedica introduttiva rivolta ad Ezio Bosso che ha reso la musica tempio di accettazione e libera espressione, si è intimamente connessa alla voce di Noa e Mira che con Re-Imagine hanno lasciato volare la musica oltre i confini del mondo. “Immaginiamo che fra un anno torneremo qui a festeggiare un vero accordo di pace”, affermano le due artiste con una intensità che vede le loro voci diventare corali nella rivendicazione di una fratellanza piena. Perfino l’energia di Jovanotti si trasforma in senso profondo di unità trasferita negli abbracci che l’artista affida al pubblico dell’Ariston, senza creare distanza da esso. Si danza senza sosta con lui, ma ci si emoziona anche nei richiami di unione a cui Lorenzo non si sottrae mai. “Sanremo è come il Capodanno. È bellissimo! La musica è una passione che unisce un Paese intero”, ribadisce l’artista super ospite al Festival, che annuncia il prossimo tour a cui si dedicherà.
Conti non fa sproloqui inutili per alzare l’asticella della sua edizione, ma sceglie la delicatezza per questa nuova kermesse canora. Lo conferma ogni singolo blocco della sua prima serata, soprattutto la scelta di lasciarsi affiancare da due volti puliti della televisione italiana: Gerry Scotti ed Antonella Clerici. I due colleghi sanno reggere il palco alla pari, ciascuno con il proprio stile familiare. Manca decisamente all’appello Fabrizio Frizzi, caro amico di Clerici e Conti, ricordato dai due con commozione, ma questa scelta di triade professionale ben calibrata, conferma che non è necessario strafare e guardare ad ospiti o co-conduttori internazionali per dare valore al patrimonio italiano che ci appartiene e si concretizza nella musica, omaggiata da una fitta gara di 29 artisti.
Gaia entra per prima nella competizione canora con un brano che le sta sicuramente come un guanto sulla pelle, ma grida allo scarso rinnovamento musicale. Influenze blues le ritroviamo in Gabbani che canta il suo inno alla vita, nello stile ballad che lo contraddistingue, fidelizzando il suo pubblico. È invece una scala di note e passaggi ritmici continui il brano di Rkomi, che nella contemporaneità della sonorità parla di algoritmi che condizionano il ritmo delle cose, spesso distruggendo il sentimento. Noemi indossa l’eleganza nella voce e nel look che in un crescendo diventa una carezza che aviluppa il cuore e l’udito con un testo che farà presa su chi è pronto a sorseggiarne il senso pian piano che si familiarizza con il pezzo. Con lei graffia la sensazione di un amore intenso. Irama, nel suo look affascinante, con un brano in cui prevale il suono del piano, regala un pezzo che si mastica nella sua tipicità intrisa di sussurri e scie di note che in radio si ascolteranno in modo impattante. Nella loro semplicità di testo i Coma Cose, introducono social e giocosità in un ritornello che chiede cuoricini che piaceranno anche ai più piccini. Il testo vorrebbe risultare un tormentone e la coreografia portata dal duo sul palco mira a farsi ricordare ed emulare dalla new generation. Tutt’altro genere è il testo di Simone Cristicchi, una spanna sopra rispetto a quello di altri colleghi! Gli archi danno profonda essenza al brano che vuole essere un monito a cuore aperto rivolto a tutti i figli che si immaginano custodi di un genitore che ha speso tempo e vita per dargli bene e senso in questo tempo. Inserita tra i testi più intimi che fanno venire i brividi, la canzone di Cristicchi è un magnifico pezzo che mette d’accordo tutti…perché in esso il valore della parola è forte ed indiscutibile. Lui è il poeta di questa edizione!
Nel tentativo di essere “tosta” e rock come il diamante, parlando di femminilità, Marcella Bella non sortisce l’effetto che appartenne lo scorso anno a Loredana Bertè, vincitrice morale per tutte le donne che si sentivano libere attraverso la sua canzone manifesto. La carriera dell’artista di ‘Montagne Verdi’ però, parla per lei, e comunque, nonostante la canzone non faccia faville nel testo, Marcella resta una icona della musica italiana. Achille Lauro calca il palco con un look più misurato ed elegante rispetto ai fasti pop trash del passato.
Il suo testo ha una eco iniziale che ricorda le canzoni degli anni Settanta, pronte a far danzare sull’altalena pensieri sospiranti d’amore. Impeccabile nella interpretazione, Achille in quel suo ‘Oh bambina’, è uno degli ultimi romantici che accarezza anche la musica anni Ottanta e fa tendenza tra i giovani, definiti “maledetti” in un testo che diventerà, perché no, colonna sonora di qualche film! Classe e certezza per Giorgia che è La Cura per la musica sanremese ed italiana insieme. Non promette la luna, ma la consegna all’ascoltatore facendogli gridare: “Lei è troppo brava!”. Blanco ha trasferito nel pezzo da lei proposto, un’armonia pazzesca che va in sincrono con il testo. Leggera è invece la canzone di Willy Peyote che in una atmosfera da Night, con look annesso da vocalist canonico, mixa rap e pop. Ci fa ballare col grove di un pezzo che avrebbe voluto cantare anche Jannacci e che potrebbe tranquillamente diventare sigla da trasmissione, radiofonica, teatrale o televisiva che sia. Sfavillante Rose Villain, seduttiva nelle sue movenze ammiccanti che seguono il ritmo di una canzone che piano piano conquista una coralità gospel. Fa presa sul palco per la grande presenza scenica e guadagna per questo il suo applauso. Il quartetto urban Shablo Feat Gué, Joshua e Tormento, è la chicca del Festival. Porta sul palco lo spirito metropolitano della grande mela, trasferendolo in Italia. La loro è una pseudo esibizione internazionale! Olly tra i giovani confeziona una classica canzone sanremese: romantica, con pause ritmiche che non dispiacciono perché rientrano nel canone musicale da teeneger ed italiani nazional popolari. Il brano è bello e viene ben interpretato. Elodie non riesce ad uscire dal suo ritmo, effetto trappola, che le resta cucito addosso come un tatoo o un ricamo che risalta all’occhio sempre e comunque. “Dimenticarsi alle sette” vuole imporsi come brano “battistiano”, a tratti psichedelico che resta nella testa. Il pezzo si canta, si balla ed è preconfezionato per radio e concerti, pur non ammaliando al cento per cento sul palco sanremese. Massimo Ranieri è un fuoriclasse per padronanza, vocalità, teatralità. Ancora una volta parla di mare ed insieme a Giorgia, come artista in gara, dimostra che si può cantare senza autotunes, e farlo, significa davvero essere grandi! Tony Effe omaggia il genio di Califano e nella sua giovanile età, ha un suo perché al Festival. Serena Brancale vive di fusion e contaminazione, regalandoci dance senza infamia e senza lode. Brunori Sas, in simil De Gregori, all’Ariston propone un pezzo che per equilibrio cantautorale ha architettura valente e corposa. Una costola rotta per Checco dei Modá non sottrae la forza di una vocalitá coinvolgente che gli appartiene da sempre. Clara risulta come sempre moderna e fa salire la “febbre” con la sua esibizione che guadagna il merito della buona interpretazione per voce con struttura musicale valida e promettente. Il cantante più discusso del Festival, Fedez presenta con serietà, un testo scritto come auto confessione di un dolore forte ed attuale. Il parlato in esso inserito, diventa una sottolineatura sullo status quo della depressione. Lucio Corsi porta sul palco lo stile di David Bowie con un cantautorato rock che ha personalità. Il giovane artista fa show con look e modo tutto suo di stare sul palco. Bresh urla la sua canzone per fare presa forse solo sui teenagers, mentre Rocco Hunt porta al Festival l’immagine urban di una bella Napoli con inserti di flamenco che alla Neapolis contaminata dagli spagnoli, rende storia e giustizia. Il suo “Mille vot’ ancora” vuole essere ricantata come una tarantella attuale, consacrata a una Partenope ripulita ed energica. Tra le ladies più giovani Sara Toscano spicca per un testo ritmato ma con accenti musicali più arzigogolati. Che rivelazione vocale è la sua! La cantante regala al grande pubblico un po’ “discotecaro”, occasione per dimenarsi in modo concreto.
Il pezzo di Joan Thiele rientra tra quelli che ha una scala di note più “beat”. L’effetto retró del suo brano ‘Eco’, nella nostalgia melodica si tinge di attualità. Francesca Michelin si carica sempre di originalità, anche se nel suo carnet musicale esistono brani propostici decisamente migliori! I The Kolors fanno letteralmente l’amore col pop. Il guanto indossato da Stash è pieno omaggio al ‘re’ Michael Jackson. Lo cantano, lo danzano, fino a farlo entrare nelle vene percettive perfino dei bambini. La loro musica è pregna di singolare e vincente randez vous.
La prima serata risulta estremamente garbata è decisamente nei tempi, come promesso dal direttore artistico. A trionfare nelle prime cinque posizioni random della classifica della sala stampa di carta stampata, web e radio, sono al primo turno di voto:
– Brunori Sas
– Giorgia
– Lucio Corsi
– Simone Cristicchi
– Achille Lauro
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