22 Novembre 2024
Attualità

Per non dimenticare: Lady D, un fiore in un deserto reale

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Londra, 31 ago. – Dolce e inesperta delle cose del mondo all’inizio del matrimonio col Principe Carlo, consapevole e più forte alla fine di una relazione che le ha rubato letteralmente incanto e serenità.

Questo il ritratto di LadyD, al secolo Diana Spencer, principessa a Buckingham Palace, 23 anni dopo, dimenticata.

Mentre l’ex marito fedifrago ad oltranza, è stato riabilitato da tabloid, britannici ed opinione pubblica (con tanto di accettazione della consorte Camilla, terzo incomodo nel matrimonio con la principessa triste), su Lady D, complice il trascorrere del tempo, sembra essere calato definitivamente il sipario…eppure che grande icona abbiamo perso!

Chi non ricorda i notiziari che fecero sopraggiungere il gelo nella quotidianità del mondo quando si apprese della notizia della sua scomparsa?

Era la notte del 31 agosto 1997 e in quel di Parigi la principessa del Galles diceva addio al mondo nel terribile schianto nel tunnel de l’Alma in fuga dai paparazzi.

Al suo fianco un nuovo amore, Dodi al-Fayed, travolto come lei, da un insolito, triste destino: la fine di un sogno annunciato e sperato, segnata da Sorella Morte.

La carrozza del loro amore in quella notte d’estate era una Mercedes nera, in corsa contro i flash dei fotografi impegnati a dare la caccia all’ultimo scatto rubato di Diana e Dodi, pasto succulento per gli incassi di media e stampa. 

120 il numero fatale, quello dei km orari alla cui velocità guidava l’autista Henri Paul, che subito dopo la mezzanotte, passa la terza galleria de l’Alma, in curva, perdendo il controllo dell’auto schiantandosi contro il tredicesimo pilone. Dodi ed Henry muoiono sul colpo; Trevor Rees-Jones, guardia del corpo e Diana, sono gravemente feriti.

Chissà cosa avrà provato la principessa, se ne avrá avuto coscienza, mentre veniva trasportata d’urgenza all’ospedale Pitié-Salpetrière rincorrendo la salvezza…avrá passato in rassegna tutta la sua vita tra flashback senza sonoro o semplicemente si sarà lasciata andare al buio del silenzio?

Una cosa è certa: Diana muore! E quei titoloni tipo “Schianto mortale nel Tunnel de l’Alma: addio alla principessa triste” ancora fanno raggelare il sangue a rievocarli. 

Moriva una donna non comune, principessa per titolo, sognatrice per vocazione; testimonial della resilienza al femminile grazie alla capacità di reinventarsi e ricostruirsi umanamente parlando, dopo le “finte” nozze che le hanno portato bulimia, depressione, isteria e solitudine, colmate con la ricerca spasmodica del vero Amore. 

Diana era il fiore nel deserto reale dei Windsor, fatto di etichette, finto perbenismo e mancanza di empatia. Un fiore destinato a sbocciare nelle braccia della sofferenza altrui: tra bambini malati e denutriti, madri abbandonate ed uomini e donne mutili a causa delle mine antiuomo.

Sul terreno fertile dell’Amore che vuole germogliare purché sia coltivato, Diana dá il meglio di sé, non per dovere di principessa, ma di essere umano. L’altro diventa sua casa e Madre Teresa glielo legge negli occhi, tanto da accoglierla come amica, spalleggiandola. Diana Spencer rinasce e quel sorriso timido del 1981 (anno delle nozze reali), si trasforma in risata fragorosa, espressione di bellezza.

Anche il suo aspetto ne giova, tanto che Lady D diventa icona di stile, quando si reca in tv per un’intervista, su un red carpet o in visite umanitarie ed eventi pubblici. Detta la moda, la sua moda: elegante e conturbante al contempo, impreziosita da un sorriso bianco come il candore dei suoi sogni e da una chioma sbarazzina, che ha rapito ormai i colori sempre più cangianti del sole. 

‘Unica’ é la parola che le si addice, tanto che ai suoi funerali tre milioni di persone si riversano per le strade di Londra. Era il 6 settembre e Diana veniva così ricordata dal fratello: “Era l’essenza stessa della compassione, del dovere, dello stile, della bellezza”.

Finisce tragicamente la favola mal costruita della dolce fanciulla di casa Spencer, con una tomba solitaria, abbandonata tra la natura e l’incuria, ad Althorp Estate, la tenuta di famiglia nel Northamptonshire, dove Diana ha vissuto fino alla vigilia delle nozze con Carlo. 

Sulla Round Oval island, rinfrescata da 38 varietà di alberi piantati, in ricordo dell’età della morte della principessa – circondata da un laghetto – riposa il sorriso dolce d’Inghilterra, che è bene non paragonare a quello delle nuore Kate e Megan, perché di Diana ce n’è una sola. Lei è quel fiore spuntato nel deserto che da “regale” ha scelto di essere reale!


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Pina Stendardo

Giornalista freelance presso diverse testate, insegue la cultura come meta a cui ambire, la scrittura come strumento di conoscenza e introspezione. Si occupa di volontariato. Estroversa e sognatrice, crede negli ideali che danno forma al sociale.