22 Dicembre 2024
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‘Un borghese piccolo piccolo’ dona al pubblico il suo grande dolore grazie a Massimo Dapporto

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Napoli, 9 dic. – Il Teatro Sannazaro di Napoli ha accolto dal 6 dicembre uno spettacolo ricco di pathos emotivo: ‘Un borghese piccolo piccolo’, tratto dal romanzo di Vincenzo Cerami, scritto nel 1976 e trasposto in pellicola da Mario Monicelli.

La storia della borghesia italiana con i suoi vizi, la raccomandazione, la superstizione, il clientelismo, presenta una famiglia semplice che vuole il meglio per il figlio ragioniere, per la cui realizzazione è disposta a tutto, anche ad entrare in massoneria per garantirgli “successo”.

Non si fanno però i conti con la beffa della vita che mette i Vivaldi a dura prova, privandoli di questo figlio, fino a che la moglie di Giovanni diventa inebetita e muore, dopo la scomparsa del figlio ucciso in una rapina accidentalmente.

A teatro il ruolo di Giovanni spetta a Massimo Dapporto, che gli conferisce tutta l’umana presenza del modesto impiegato alla soglia del pensionamento al Ministero, tra speranze e attese dopo una lunga vita di onesto lavoro.

Mario è un giovane ingenuo che ad un certo punto spera di passare il concorso al Ministero, impegnandosi a studiare il problema che il padre gli ha procurato con la raccomandazione per il giorno della prova scritta, in cui peró qualcosa non va.

Il giovane muore tra le braccia del padre che a quel punto diventa badante della moglie e decide di farsi giustizia da solo fino a che non cattura l’assassino del figlio, uccidendolo a sua volta dopo lunghe torture.

Una storia macabra, ma intrisa di sofferenza che porta l’uomo ad interrogarsi sulla giustizia della vita e sul desiderio di vendetta.

         Rappresentare tutti i dolori di un uomo è cosa ardua, ma Massimo Dapporto ha fatto sentire al pubblico tutti i palpiti del filo spinato che può avvolgere un cuore toccato dalla morte di un figlio.
Il grandioso atto unico di ‘Un borghese piccolo piccolo’ é l’apoteosi di diversi spannung.

Con Massimo Dapporto, Susanna Marcomeni, Roberto D’Alessandro, Matteo Francomano, Federico Rubino, la regia di Fabrizio Coniglio fa un lavoro certosino sulle  musiche originali di Nicola Piovani.

La commedia grottesca lascia viaggiare lo spettatore su un duplice binario: quello della scelta tra bene comune e amor proprio.

Le luci, lo scrosciare della pioggia, i silenzi, così come i passi mimati, diventano il grido silenzioso dell’individuo che a tentoni striscia nella vita per risolvere il suo grande rebus.

Dapporto mostra con lucida follia la violenza addormentata dell’uomo che per anni ha sempre fatto la cosa giusta senza uscire fuori dai binari, fino a quando all’ennesima mortificazione si stanca e da vittima diventa carnefice.

Dinanzi alla catatonia della scena ci si interroga come persone e neppure la catarsi teatrale può riempire il silenzio che ci si porta dentro dopo lo spettacolo. Si resta basiti davanti alle scelte di Giovanni Vivaldi, ma ci si chiede anche come avremmo reagito al suo posto in un momento così intenso come la perdita di un figlio, ucciso mentre inseguiva il sogno della sua vita.

Massimo Dapporto palesa ancora una volta, alla soglia degli oltre 70 anni, la sua eccezionalità di attore, che lascia senza fiato per la naturalezza e veridicità con cui interpreta la discesa negli inferi dell’animo umano, dominando il palcoscenico.

 


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Pina Stendardo

Giornalista freelance presso diverse testate, insegue la cultura come meta a cui ambire, la scrittura come strumento di conoscenza e introspezione. Si occupa di volontariato. Estroversa e sognatrice, crede negli ideali che danno forma al sociale.