Usa, Accordi di Abramo e ricostruzione dell’economia mondiale. Intervista al Professore Germano Dottori
Per la mia rubrica “Il Personaggio” sono lieta di ospitare Germano Dottori, consigliere scientifico di Limes.
D. I cosiddetti Accordi di Abramo sono stati svuotati dal Presidente Biden?
R. “In questo scorcio iniziale del suo mandato alla Casa Bianca il Presidente Biden non ha formalmente preso le distanze dagli Accordi di Abramo propiziati dal suo predecessore. Non poteva farlo senza rendersi inutilmente impopolare. Tuttavia la sua amministrazione ha messo nel proprio mirino uno dei principali architetti del piano di pace per il Medio Oriente proposto da Trump, di cui gli accordi di Abramo sono certamente al tempo stesso un riflesso ed un elemento di facilitazione futura. Il fatto è che la diplomazia mediorientale di Trump è stata l’espressione di un tentativo di portare stabilità ed un ordine in una regione da troppo tempo nel caos: un ordine indubbiamente conservatore, che ai Repubblicani americani però piace. A Biden interessa maggiormente democratizzare, anche a costo di generare instabilità. È una differenza importante. Inoltre, il nuovo Presidente vuole un accordo con l’Iran, in vista del quale sembra pronto a sacrificare molto, come prova l’attacco frontale sferrato contro Mohammed bin Salman e le concessioni fatte agli Houti yemeniti, che stanno ponendo in discussione la stabilità e la sicurezza dell’Arabia Saudita. Trattative riservate con Teheran sarebbero già in corso, vedremo a cosa condurranno. Naturalmente, il blocco dei Paesi che si riconoscono negli Accordi di Abramo, compresa l’Arabia Saudita che non ne ha ancora firmato uno, non rimarrà con le mani in mano. Tenterà di dar vita ad un alleanza militare vera e propria. Anche in questo caso, trapelano indiscrezioni relative a preparativi in atto.
D. Trump è riuscito a portare la disoccupazione a livelli molto bassi. Crede che si riuscirà a mantenere una simile politica economica?
R. “Gli Stati Uniti hanno raggiunto il picco ciclico nel 2018, anno delle ultime elezioni di medio-termine. Ora il problema è la ricostruzione dell’economia mondiale dopo il Covid-19. Trump ha visto lungo, scommettendo sui vaccini che hanno garantito all’America il vantaggio di possedere attualmente già tre sieri molto performanti. Per sostenere costumi ed investimenti, inoltre, si è iniettata una quantità enorme di liquidità che permetterà a Washington di riconquistare importanti posizioni. È in atto una competizione serrata tra gli Stati Uniti e la Cina, mentre l’Europa è indietro, in drammatico ritardo sulla vaccinazione, il cui successo è la precondizione di qualsiasi recupero economico. Da chi verrà la domanda trainante che restituirà smalto al resto del mondo? Da chi gli eventuali sostegni a chi si troverà in difficoltà? Dai cinesi o dagli americani? La partita si giocherà lì”.
D. Dobbiamo prepararci a nuovi “bombardamenti di pace”?
R. “Non necessariamente, ma di sicuro andiamo verso una politica di maggior presenza americana nei teatri di crisi e di maggior ingerenza negli affari interni dei Paesi che si vorrà incoraggiare a cambiare. Tutto ciò potrà significare, in prospettiva, una tendenziale maggior instabilità, specialmente in Medio Oriente e nello spazio est europeo adiacente alla Russia. Non maggiori bombardamenti, quindi, ma forse un più accresciuto rischio di guerre civili o sommovimenti violenti. Al momento, riesce invece difficile immaginare un ritorno degli Stati Uniti agli anni di Bush, semplicemente perché l’opinione pubblica americana non è favorevole a nuove avventure. Sarebbe anzi favorevole ad alcuni rimpatri. Anche Biden, dopotutto, ha promesso di terminare le guerre senza fine”.
In momento così critico non possiamo che augurarci una forte ripresa, sia economica che sociale.
Ringrazio il Prof. Dottori per il suo prezioso contributo.
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