Una storia popolare, il nuovo libro di Roberto Formigoni. Intervista all’autore
Per la mia rubrica ‘IL Personaggio’ sono lieta di ospitare Roberto Formigoni che ci presenta il suo nuovo libro, ‘Una storia popolare’, in vendita in tutte le librerie e su Amazon.
Un libro che con maestria di racconto affronta argomenti politici e storici senza stancare il lettore, anzi più lo si legge e più ci si interroga sui fatti noti e meno noti della politica italiana degli ultimi cinquant’anni.
D. E’ un libro diviso in quattro parti. Nella prima, racconta la sua esperienza in Comunione e Liberazione e l’impegno politico alla luce della Dottrina sociale della Chiesa. Crede che oggi sia importante recuperare lo spirito cristiano, che lega “indissolubilmente” cultura e fede?
R. “Assolutamente sì, anche perché il Cristianesimo, per sua natura, genera una cultura, genera una visione del mondo, una visione delle cose, di me stesso, degli altri, una visione del rapporto tra me e gli altri. Il Cristianesimo non è un rito e non è neppure una morale, una devozione, non è il rispetto di alcune regole morali. Il Cristianesimo è un avvenimento che irrompe nella nostra vita, è l’avvenimento di Gesù Cristo che mi salva e mi immette nella vita di Dio, quindi nella vita dell’Universo; per cui il Cristianesimo genera una visione delle cose che nella storia dell’Occidente chiamiamo cultura. Un Cristianesimo senza un rapporto con una cultura non è autentico, è devozione, è moralismo, è ritualismo, è una serie di riti quasi magici. Oggi si è perso questo rapporto di fede con la cultura, perché il Cristianesimo, in molti, è diventato qualcosa di puerile, legato all’infanzia, che non genera una visione del mondo e che non è autentico ma fermo al primo passo”.
D. Il suo incontro con don Giussani in cosa l’ha cambiata?
R. “Mi viene da dire in tutto. Io sono stato educato in una famiglia cattolica, però all’età di tredici/quattordici anni il Cristianesimo dell’oratorio non mi bastava più, era qualcosa che andava bene per i ragazzini; con la vita che avanzava si era attratti da altre cose. Don Giussani mi ha mostrato come il Cristianesimo è capace di penetrare a fondo ogni realtà, soprattutto mi ha insegnato che è giusta l’aspirazione alla felicità che ognuno di noi ha, ha detto ‘Voi dovete perseguire l’aspirazione alla felicità, perché la felicità fa parte della natura umana. Vi propongo il Cristianesimo come una possibile strada verso la felicità’. Don Giussani non ci ha imposto il Cristianesimo, ci ha detto: ‘Vi propongo questa via. Sperimentatela. Andate a vedere se questa proposta vi porta alla felicità’. E noi abbiamo capito che era la strada giusta. Una strada verso la felicità, certo, ma anche piena di fatica, di errori, ma comunque un’avanzare verso la realizzazione di noi stessi. Che cosa è la felicità? La felicità è la realizzazione di sé, della nostra umanità, è la realizzazione della pienezza delle nostre doti, è la possibilità di avere un rapporto con gli altri pieno e autentico. Il Cristianesimo proposto da don Giussani porta a questa via di pienezza; non solo, ci ha aiutato a capire cosa è la realtà, cosa è il mondo. Don Giussani dedicava delle ore per farci ascoltare la musica classica, da Beethoven a Chopin; per farci ascoltare i canti russi, della tradizione ortodossa, i canti della musica popolare italiana, i canti gregoriani. Ci insegnava la musica così come ci aiutava a gustare le bellezze della natura, attraverso le passeggiate in montagna e a scoprire Dio dentro la profondità della musica, nella bellezza dei paesaggi, dentro il rapporto con gli altri.
Con don Giussani ho fatto l’esperienza della totalità, dell’apertura alla totalità. Nulla di ciò che è umano, è estraneo al Cristianesimo. Il Cristianesimo non mi chiede di rinunciare a nulla, ma di vivere tutto secondo la dimensione cristiana. Per questo dico mi ha cambiato tutto, perché è una prospettiva che non avrei mai incontrato da nessun’altra parte”.
D. Già in CL ha vissuto con impegno per cercare di rimuovere l’astio che veniva dal Pci, dalla sinistra extraparlamentare. Ne parliamo?
R. “Allora, la nostra preoccupazione, in CL, non era quella di difenderci dagli attacchi che ci venivano fatti, ma era quella di vivere in profondità l’esperienza cristiana e di comunicarla agli altri. Se uno incontra questa esperienza di pienezza per sé tende, inevitabilmente, a raccontarla agli altri. Diventando grandi, ci siamo resi conto che questa esperienza cristiana dava fastidio a molti e, soprattutto, dal 1968, nelle scuole e nelle università, si è imposto il movimento studentesco, si sono imposti i vari gruppi della sinistra extraparlamentare: Lotta Continua, Avanguardia Operaia, Lotta Comunista, che pretendevano di avere l’egemonia. Pretendevano di essere gli unici a dettare legge all’interno dell’Università e lottavano contro ogni altra esperienza; noi eravamo i soli ad essere diversi da loro perché di partiti non c’era ombra nelle università, c’erano solo i gruppi extraparlamentari e CL. Quindi, lottavano contro CL per impedirci l’agibilità politica, cioè per impedire di essere presenti nella scuola e di fare le nostre esperienze.
E’ stata un’avventura dura, perché molto spesso facevano ricorso alla violenza. Nel 1972 sono state incendiate centodiciannove nostre sedi; lanciavano bombe molotov, devastavano, lasciavano scritte sui muri. Quando noi partecipavamo al Primo maggio con le nostre bandiere di cattolici, si cercava di impedire la nostra presenza, alcuni dei nostri ragazzi sono stati mandati all’ospedale, in quanto aggrediti fisicamente. Ci siamo accorti che la testimonianza cristiana è qualcosa che costa. Siccome eravamo ragazzi che studiavano, abbiamo anche controbattuto dal punto di vista teorico, politico e filosofico. Il marxismo, la sinistra, il materialismo…ci siamo fatti strada in un mondo che, certamente, ci era ostile ma, facendo questo, abbiamo conquistato le simpatie di moltissima gente che non ne poteva più di questo sinistrismo dilagante, che non ne poteva più di una DC debole che cedeva alla sinistra. Seguendo questa strada, alcuni di noi si sono buttati in politica, rimanendo in CL si sono candidati alle comunali, alle provinciali. Nel 1984 mi sono candidato alle elezioni europee e ho avuto lo straordinario successo che, come si vedrà, ho sempre avuto, perché la gente comune vedeva in noi la speranza di una politica diversa, di una DC diversa, di una convivenza diversa tra gli uomini, di un’attenzione diversa ai veri valori. Voleva che fossimo noi, con il nostro spirito, con la nostra freschezza, a cambiare il volto della politica italiana. Poi, quando nel 1980, abbiamo fondato il meeting di Rimini, c’era il deserto dei giovani dato che la sinistra aveva fallito. Le ricordo brevemente: nel 1975 il trionfo della sinistra in Vietnam, Viet Cong vince, la sconfitta dell’America; poi, dopo due anni, il fenomeno dei boat people, cioè settecento/ottocentomila poveri contadini e pescatori vietnamiti, costretti a fuggire dal Paese che doveva essere il paradiso del comunismo. E questo provocò l’azzeramento di ogni velleità comunista e di sinistra extraparlamentare, e provocò l’allontanamento dei giovani. In questo deserto nasce il fiore del meeting di Rimini, nasce qualche cosa di completamente diverso e ciò suscitò una grande speranza. La gente guardò con enorme simpatia al nostro lavoro, noi facevamo iniziative concrete, costruivamo cooperative per dare lavoro ai giovani, centri culturali dove si discuteva di cultura cristiana, costruivamo scuole paritarie. La gente ci seguiva e quando ci votava lo faceva massicciamente”.
D. Parliamo del Movimento Popolare.
R. “Il Movimento Popolare nasce nel 1975 sull’onda di queste cose che le dico. Il 1975 è l’anno in cui la DC si mostra debolissima, in cui il Pci conquista, per la prima volta, molte amministrazioni comunali tra cui quella di Milano, in cui la violenza extraparlamentare si abbatte su di noi. Noi capiamo che occorre salvaguardare CL come educazione alla vita cristiana, quindi capiamo che la battaglia politica non la deve più fare comunione CL; CL è il luogo di educazione alla fede cristiana, deve essere tenuto al riparo dagli attacchi. Così i più grandicelli tra di noi fondano il Movimento Popolare che non è fatto solo da ciellini e fa le cose di cui parlavo prima: fonda cooperative, cerca di costruire luoghi di lavoro per i giovani, abbiamo fatto una proposta di legge contro la disoccupazione giovanile, per il pluralismo scolastico, per difendere la libertà di educazione. Costruiamo pezzi di società nuova e alcuni di noi si candidano nelle file della DC come consiglieri comunali, come consiglieri regionali. Ed io mi candiderò nel 1984, sono il primo ad essere votato con 454000 voti contro il ministro dell’interno Scalfaro che ne prende 380000”.
D. Ha parlato del meeting di Rimini. Qualcosa è cambiato rispetto agli anni passati?
R. “Direi di no. Il meeting è nato nel 1980, si è tenuto ogni anno e ci sarà anche quest’anno (quarantaduesima edizione). Credo non ci sia nessuna manifestazione che nasce spontaneamente dal basso, nasce dalla fatica di giovani e meno giovani, quelli che erano giovani nell’80 vanno ancora oggi con i capelli bianchi a fare il volontariato, a montare le mostre, gli stand, ecc ecc. Lo spirito è sempre quello e cioè di generare un incontro con la bellezza; la bellezza della riflessione filosofica, della riflessione religiosa, la bellezza della musica, della scienza. Tutto questo intriso da una visione cristiana. L’obiettivo del meeting è sempre quello, dopodiché cambiano i tempi e, quindi, è chiaro che alcune forme possono cambiare”.
D. Leggendo il suo libro si scopre un Formigoni che molti non conoscono, ad esempio degli spostamenti rischiosi in Iraq. Poi c’è tangentopoli e tanto altro. C’è qualcosa che non rifarebbe?
R. “Onestamente, le devo dire di no. Tutto ciò che ho fatto è nato da questa volontà di migliorare le condizioni dei miei elettori. Al Parlamento europeo ho lavorato per allargare l’Ue anche ai Paesi dell’Est Europa che venivano liberati dal comunismo. Ho visitato i Paesi dell’Est ancora sotto dittatura comunista, ho visitato i Paesi dell’America latina. Quando sono stao in regione Lombardia ho fatto delle riforme che hanno cambiato in meglio la vita dei cittadini; ho costruito il buono scuola, ho invitato le famiglie a fare le proposte e noi le abbiamo trasformate in legge, ho fatto la riforma della sanità che ha dato la possibilità anche ai poveri di farsi curare negli ospedali più ricchi, che costavano un mucchio di soldi, senza spendere una lira. E’ stata una riforma di grandissimo valore sociale, tra l’altro per questo mi hanno eletto quattro volte consecutive con voti crescenti. I cittadini erano soddisfatti di quello che facevo, erano dieci milioni di cittadini della regione più avanzata d’Italia, di una delle regioni più avanzate a livello europeo, non erano persone con l’anello al naso. Io mi sono sempre mosso sulla base di migliorare le condizioni dei miei cittadini e di dare testimonianza che la Dottrina sociale della Chiesa genera un modo di fare politica valido, umano. Non è una dottrina confessionale, è una dottrina umana che può essere condivisa anche da alcuni che cristiani non sono.
Non ho nulla di rinnegare, certamente tutto può essere fatto meglio, non sto dicendo che tutto è stato perfetto, che non ho avuto dei limiti, però la squadra che avevo costruito attorno a me ha sempre lavorato per gli obiettivi che le ho detto”.
La politica non può rimanere estranea davanti temi così importanti. L’utilizzo corretto e programmato delle strutture, la promozione di uno sviluppo culturale autenticamente produttivo devono essere punti prioritari d’impegno.
Il dott. Formigoni ha parlato di cultura cristiana, una realtà, una patrimonio irrinunciabile, che ha dato vita nell’arco dei secoli alla nostra civiltà.
Per questo motivo e tanti altri, consiglio la lettura di ‘Una storia popolare’ e ringrazio Roberto Formigoni per il prezioso contributo.
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