22 Dicembre 2024
Attualità

Addio alle armi nella Prima Grande Guerra, la nostra storia

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Roma, 4 nov. – Cent’anni di solitudine, sforzi, resistenza, sogni e ricordi attraversano la storia della fine della prima Grande Guerra che vide il suo epilogo nel lontano 4 novembre 1918.

La data, che celebra la fine vittoriosa del conflitto mondiale, commemora la firma dell’armistizio siglato a Villa Giusti​ (Padova) con l’Impero austro-ungarico, divenendo poi di fatto la giornata dedicata alle Forze Armate.

Corone a cippi e monumenti commemorativi vedono adunati oggi intorno a sè artisti, istituzioni, generali, comandanti e militari, per una festa che ha gran sapore di identità da riscoprire, recuperare per non dimenticare e ricadere negli stessi errori.

‘Che non tardi l’Italia…viva il diritto delle genti’, il monito inseguito fin dal 1914 dai nostri bisnonni per costruire la rinomata leggenda del Piave.

Le radio diramavano l’ardua e attesa sentenza: “Inno della vittoria: comando supremo 4 novembre 1918, ore 12.00. La guerra contro l’Austria-Ungheria, che l’esercito italiano inferiore per numero e per mezzi iniziò il 24 maggio 1915 e condusse con fede incrollabile e tenace valore, ininterrota ed asprissima per 41 mesi, è vinta!”.

Così la sanguinosa guerra di trincea che costò più di 37 milioni di perdite, 16 milioni di morti e più di 20 milioni tra feriti e mutilati militari e civili, si concluse oltre le montagne.

L’addio alle armi ha costruito un vero e proprio cimitero degli eroi di cui restano foto ingiallite, frammenti di lettere inviate dal fronte, storie raccontate di padri in figli divenute pasto ghiotto di archivi oltre che di centinaia e centinaia di scritture giornalistiche e di narrativa.

Passato e presente si riabbracciano un secolo dopo definendo la grande storia italiana. Già la prima guerra mondiale custodiva in sè il senso dell’antico e del moderno. Nel 1921, il 4 novembre il corpo del milite ignoto arrivò a Roma, portato a spalla e inumato da 18 medaglie d’oro al valor militare, presso l’altare della patria. Il decimo tra 11 soldati non identificati e caduti nella prima grande guerra, scelto a caso da Maria Bergamas di Gradisca d’Isonzo (madre di Antonio, arruolato nell’esercito austriaco, poi disertore e volontario con l’esercito italiano; caduto e mai ritrovato), fu accompagnato a Roma da un corteo di reduci intenti ad intonare con calore un inno che colpì perfino re Vittorio Emanuale.

La data di oggi celebra la giornata dell’unità nazionale per l’annessione di Trento e Trieste al Regno d’Italia (che non va confusa con l’anniversario dell’unità d’Italia) e la giornata delle forze armate: quei giorni del 1918 vennero dedicati in Italia e in Europa  per commemorare i soldati morti in guerra, che echeggiano ancora oggi nelle nostra storia.

 


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Pina Stendardo

Giornalista freelance presso diverse testate, insegue la cultura come meta a cui ambire, la scrittura come strumento di conoscenza e introspezione. Si occupa di volontariato. Estroversa e sognatrice, crede negli ideali che danno forma al sociale.