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Antonio Canova, la bella natura dell’arte in mostra al Mann di Napoli

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Napoli, 31 mar. – L’eco dei marmi si fa sentire a Napoli. È la voce del “novello Fidia” a renderlo onnipresente nelle stanze museali del MANN.

La scultura di Antonio Canova si presenta in tutta la sua classica magnificenza ai turisti partenopei. Sono 110 i soggetti esposti fino al 30 giugno 2019, al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, arrivati direttamene dall’Eremitage di San Pietroburgo.

L’ideale dell’arte elegante, ma equilibrata, culmina nelle due esperienze immersive installate in sede, per tracciare un viaggio spettacolare nei grandi miti scolpiti da Canova.

Il lavoro del famoso veneto, primo vero e proprio imprenditore da bottega, incanta la vista, se ci sofferma dinanzi al suo capolavoro: le Grazie. Tre donne di carne flessibile racchiudono tre differenti aspetti della vita: bellezza, amore e castità. Sono però avvolte da un abbraccio armonioso, quasi ammiccante. L’eterea bellezza formale dei canoni neoclassici, così voluta dalla natura, dà volto alla piena femminilità, studiata a regola d’arte su bozzetti provati per restituire nella loro circolarità, un’opera così perfetta. La stessa classe la si ritrova in Ebe, divinità della gioventù, figlia di Zeus ed Era, intenta ad atterrare a terra dopo aver volato. Geniale il suo movimento di torsione, accompagnato dalle candide vesti rigonfie, pronte ad adagiarsi morbidamente al suolo. Ancor più sofisticata è la Paolina Borghese Bonaparte, immortalata come Venere vincitrice, ma anticonformista. La sorella dell’omonimo imperatore, ritratta nei suoi 25 anni, è un conglomerato di linee direttrici, orizzontali e verticali, pronte a disegnare un reticolato pieno di morbidezza.

A cotanta dolcezza delle forme, risponde la Maddalena penitente, china sul suo dolore, con capelli sciolti come a liberarsi dalle vesti della colpa. Accasciata in ginocchio, mette ben in vista la corda che le trattiene il busto, mentre invoca il perdono divino, sganciandosi dalla terrena sensualità.

Il viaggio espressivo nell’arte neoclassica inevitabilmente riaccende i riflettori sui canoni artistici greco-latini. ‘Canova e l’antico’ ricostruisce un altro passaggio epocale, quello che ha visto lo scultore veneto protagonista dell’arte nostrana. Fu a Napoli nel 1780 per ammirarne le bellezze. Proprio nella Cappella San Severo restò estasiato davanti al Cristo velato di Sammartino. Alcuni dicono che Canova smanió per poterlo aver con sè. La sua composta arte, ammirava gli avviluppanti sviluppi emotivi del Cristo morto; quasi li invidiava.

Della sua straordinaria produzione da scalpello, ci resta il nudo dell’Accademia di Belle Arti, il gruppo in marmo Venere e Adone destinato ad un palazzo di via Toledo, l’Ercole e Licia già conservato al Mann, re Ferdinando I di Borbone, collocato nella nicchia dello scalone monumentale del Museo Archeologico di Napoli, oltre che la statua equestre di Carlo III di Borbone, in sella al suo destriero ansante per la corsa estenuante, collocato a Piazza del Plebiscito.

Canova torna nella sua completezza nella città descritta nei suoi quaderni di viaggio come un insieme di “situazioni di Paradiso”, i cui piccoli angoli in terra, sono rimasti impressi nel marmo lucido che evoca rinascita.

 

Articolata su due piani, l’esposizione

Orari 9.00-19.30

Chiusura settimanale: martedì

Costo biglietti: 15 euro intero

2 euro per i cittadini UE tra i 18 e i 25 anni


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Pina Stendardo

Giornalista freelance presso diverse testate, insegue la cultura come meta a cui ambire, la scrittura come strumento di conoscenza e introspezione. Si occupa di volontariato. Estroversa e sognatrice, crede negli ideali che danno forma al sociale.