Autonomia Differenziata, AssoMiMe: «Il Sud deve accelerare. È una minaccia per la tenuta democratica del Paese»
Luigi Snichelotto, Presidente AssoMiMe: “È necessaria la mobilitazione dei cittadini”
“Il rischio è istituzionalizzare il divario Nord-Sud. Viene meno lo Stato sociale e la coesione”: confronto tra esperti, intellettuali e costituzionalisti.
“Autonomia differenziata: è necessario mobilitarsi pacificamente nell’ambito delle leggi, manifestare in piazza, prendere consapevolezza dei rischi che il sud potrebbe correre. È indispensabile una mobilitazione dei cittadini. Dobbiamo uscire dalle aule, dalle tavole rotonde, dai luoghi di congresso, dalla nostra zona di comfort. Dobbiamo essere uniti contro l’individualismo e recuperare l’orgoglio meridionale”. È un intervento molto critico, quello di Luigi Snichelotto, presidente AssoMiMe (Associazione Mezzogiorno Italia Mediterraneo Europa), nel corso del convegno sul tema “Sovranità del Sud: più autonomia o rinnovata unificazione?”, svoltosi presso la Casa del Cittadino ad Angri (Sa). Un dibattito con autorevoli voci meridionaliste e costituzionalisti a partire dall’articolo 5 della Costituzione italiana, dopo i saluti dei rappresentati delle istituzioni locali, in primis Giuseppe Fattoruso, con la moderazione di Agostino Ingenito, esponente di AssoStampa Campania, Vallo del Sarno.
Una discussione ampia, che supera il concetto di autonomia differenziata, concentrandosi sull’opportunità mancata di investimenti lungimiranti al meridione, da decenni. La spesa dei finanziamenti europei è stata frammentata, al punto da non provocare, negli ultimi quarant’anni, uno switch e un’evoluzione economica territoriale. Dalle infrastrutture alle carenze di arterie viarie all’avanguardia, al PNRR che sembra, però, già caratterizzarsi come un’opportunità in parte sfumata e ridotta nelle percentuali di trasferimenti finanziari al Sud.
“Esistono, purtroppo, poche aziende meridionali tra i grandi player dell’economia nazionale – afferma Snichelotto – Vogliamo parlare della difficoltà di fare azienda al sud? Alcuni grandi marchi italiani e le big company hanno spostato le proprie sedi all’estero, preferendo l’Olanda, per abbattere il peso delle tasse. Ciò ha determinato mancati introiti fiscali per circa 30/40 miliardi all’anno. Se ci spostassimo in giro tra le regioni del Sud troveremmo troppe cattedrali nel deserto. Uno spreco di soldi pubblici nei decenni passati. Si continuano a cercare scorciatoie, ma l’emorragia di cervelli e di qualità intellettuali prosegue irrefrenabile. Dagli anni ’70 ad oggi non è cambiato nulla”.
Un gap di visione tra il nord e il sud del Paese: “Nel resto d’Italia si aggregano, pianificano, si riuniscono in corporazioni. Al sud difendiamo i campanili. Non c’è più tempo – insiste il presidente AssoMiMe – Ora dobbiamo accelerare, dobbiamo svegliarci. Il nostro status quo conviene alle aree del paese che hanno bisogno di manodopera. Noi rappresentiamo ‘fatturato’ per le regioni del nord. L’autonomia differenziata va frenata, regolamentata e modificata. Vedasi l’equivoco o meglio, inganno, dei Lep. Dobbiamo rimanere italiani all’interno dell’Europa. Abbiamo intellettuali e grandi capacità: il sud necessita di persone in grado di assumersi delle responsabilità, senza obiettivi privati, senza rincorrere la politica o interessi personalistici ed auto referenziali”.
“Il Governo è fuori dalla Costituzione – afferma Adriano Giannola, presidente Svimez – Questa mossa del ministro Calderoli è come mettere il carro davanti ai buoi. Le intese poi sono irreversibili. Una volta costituzionalizzate le differenze, come si fa a rimettere in sesto tutto il sistema?”
“È una minaccia non soltanto per le regioni del sud, ma per la tenuta democratica ed economica del Paese per questo – esordisce la Costituzionalista Anna Falcone – Si sta costituendo un ampio comitato di contrasto all’autonomia differenziata, che ha presentato una proposta di legge di iniziativa popolare in cui si chiede di riportare alla competenza nazionale dello Stato materie come sanità, istruzione, tutela del lavoro, ma anche le infrastrutture materiali e immateriali, affinchè lo Stato svolga questa funzione perequativa e non solo restituisca al Sud e impedisca questo tentativo di scassinare in silenzio il Mezzogiorno. Una riforma pericolosa per il futuro. Investire al sud e in tutte le periferie sociali economiche e geografiche del Paese è l’unico modo per uscire da questa crisi”.
Un invito alla consapevolezza anche quello di Pietro Massimo Busetta dell’Università di Palermo: “È un momento estremamente pericoloso perché si rischia di statalizzare e istituzionalizzare la spesa storica: vuol dire che coloro che hanno avuto di più continueranno a disporre di maggiori risorse e coloro che hanno avuto di meno a non disporre dei servizi fondamentali. Dobbiamo chiedere livelli uniformi di prestazione, noi paghiamo le tasse come gli altri cittadini in termini di tasso percentuale al pari delle regioni del nord: non si capisce perché da noi servizi sanitari, istruzione e infrastrutturazione debbano essere penalizzate”.
“Da due anni ci battiamo contro l’autonomia differenziata – evidenzia Francesco Saverio Coppola, Associazione Internazionale Guido Dorso – È una misura contro il sud. Lo scenario è peggiorato, perché non ci sono neanche le garanzie economiche e i fondi perequativi che potrebbero assicurare i trasferimenti per garantire i diritti di pari cittadinanza. Speriamo di portare avanti questa riforma costituzionale di iniziativa popolare per modificare il titolo quinto della Costituzione”.
Diventa determinante parlare con i cittadini e gli amministratori tutti per sviluppare consapevolezza. “I ministri parlano al chiuso delle stanze. Autonomia differenziata significa meno stato sociale per il sud e meno coesione dell’Italia”, chiude Giuseppe Fattoruso, coordinatore Amici Avanti Agro Nocerino Sarnese.
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