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‘Bi, storie di Obaba’, la favola della spiritualità magnetizza il Nuovo Teatro Sanità

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Napoli, 28 gen. – È un inno alla spiritualità ‘Bi, storie di Obaba’, messo in scena dal 23 gennaio al Nuovo Teatro Sanità di Napoli in una cornice che ben si addice al messaggio della piéce teatrale.

Obaba è lo sperduto villaggio che si anima di animali e personaggi pronti a rincorrere la voce interiore che li abita.

È l’ambientazione di una favola intrisa di illusioni e suggestioni. I due protagonisti, Paolo e Daniele, sono i fratelli che abitano il racconto tratto da Bernardo Atxaga. Sono diversi tra loro: nella fisicità, nella capacità di relazionarsi con la vita, oltre che nelle abilità. Entrambi però vivono in modo semplice e puro il proprio legame familiare, scandito dai ritmi della segheria paterna di cui hanno ereditato la gestione dopo la scomparsa dei genitori.

Sono soli e si devono scontrare quotidianamente con i pregiudizi del villaggio e le insidie dei familiari che cercano di sottrargli casa ed attività lavorativa.

Unico mediatore della scena, il parroco del paese. Quest’ultimo si pone come il più classico grillo parlante, dispensando consigli sul futuro dei due fratelli.

I narratori interni di questa storia tenera, intrisa di amore familiare, sono gli stessi animali che popolano la natura del villaggio o si dirigono ad Obaba. Un uccello, simbolo della divinità interiore dell’uomo, si muove alla volta di Obaba alla ricerca di Paolo, imprigionato nella gestione quotidiana di Daniele, il fratello ritardato che vive la vita in uno stato di regressione psichica, che per molti potrebbe essere motivo di cura in manicomio. La diversità avviluppa il campo semantico della vicenda e viene restituita con tatto, compenetrazione e sensibilità.

Arianna Cozzi, Carlo Geltrude, Alessandra Mantice, Salvatore Nicolella e lo stesso Emanuele Valenti, regista dello spettacolo, si sdoppiano nell’interpretare con candore onomatopeico il regno umano ed animale che si raggomitola sul palcoscenico trasudando sentimento antropico-religioso.

Daniele alleva scoiattoli nella propria stanza, creando così il suo microcosmo di rapporti con quattro piccoli amici. Gli scoiattoli che prendono a narrare la storia, sono simbolo di lungimiranza e purezza.  Insegnano a Daniele il senso di fiducia nell’altro, la presa in carico di qualcuno diverso dal fratello con cui condividere l’esistenza.

In questo legame quasi onirico, si intrufola il serpente, pronto a prendere il posto dell’uccello e degli scoiattoli con la sua seduzione subdola e perversa.

Il rettile si incarna nella cugina di Daniele e Paolo; la manipola affinché complichi la vita dei due fratelli della storia; gli fa da contraltare una stella, la dolce Teresa che strappa al mondo infantile Daniele, ispirandogli i primi desideri e ardori d’amore.

La stella arriva a manifestarsi come l’intelligenza ordinatrice delle cose che lega cielo e terra, problemi umani e sogni divini. Si sostanzia per spianare la strada a Daniele e Paolo, intenti ad  affrontare un tranello collettivo: la gara dei nastri in cui Daniele cadrà più volte, senza riuscire a superare una prova in vista della quale è stato addestrato dal fratello.

Dinanzi alla meschinità umana, impegnata a curarsi delle cose di quaggiù, i due fratelli sono pronti ad elevarsi verso quelle di lassù. Si uniscono al branco di oche selvatiche giunte a salvarli.

Così la forza vitale prende il sopravvento sull’addomesticamento della vita e si pregna del divino: qui trova senso la lettera ai Colossesi ‘pensate  alle cose di lassù, non a quelle della terra”.

Paolo e Daniele si emancipano insieme a tutti i personaggi della storia, guidati dal parroco del villaggio che fin dal principio dello spettacolo guida l’intero racconto in modo intimistico.

A dare carica a questa sostanzialità della narrazione é lo stesso Emanuele Valente, potente e poetico allo stesso tempo.

La rappresentazione  apre il libro della coscienza, insegnandogli come ascoltare le voci di dentro, quelle stesse voci di cui parlava il grande Eduardo De Filippo, rendendo l’uomo arbitro delle sue controversie.

Magnetico, suadente e pervasivo, ‘Bi, storie di Obaba’, è lo spettacolo che va oltre l’immaginativo parlando all’uomo in modo parabolisticamente concreto.

 Foto di scena di Vincenzo Antonucci

 

 


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Pina Stendardo

Giornalista freelance presso diverse testate, insegue la cultura come meta a cui ambire, la scrittura come strumento di conoscenza e introspezione. Si occupa di volontariato. Estroversa e sognatrice, crede negli ideali che danno forma al sociale.