Carcere. Rivolte a Santa Maria C.V. e Taranto, Di Giacomo (S.PP.): Lo Stato ha deciso di far diventare le carceri zona franca per i delinquenti
“Le due rivolte nelle ultime 48 ore dei detenuti a Santa Maria Capua Vetere e a Taranto, sia pure con effetti diversi e decisamente più gravi nel carcere casertano che ha costretto l’intervento degli agenti penitenziari, con due feriti ricoverati in ospedale, mettono in evidenza di come lo Stato sta creando zone franche per i delinquenti nella maggior parte delle carceri italiane. È il commento di Aldo Di Giacomo segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria (S.PP.) per il quale “la situazione a Santa Maria Capua Vetere, già nota
per i fatti dell’aprile 2020, è ancora più grave perché dopo la visita storica del Premier Draghi e della Ministra Cartabia quelle promesse assunte solennemente sulle misure da adottare per i detenuti e il personale penitenziario non sono mai state mantenute. A Taranto, invece, è stato sufficiente un ritardo nella comunicazione dell’esito dei tamponi anti-Covid per scatenare la sommossa che solo l’alta professionalità degli agenti ha evitato potesse degenerare ulteriormente”.
Per Di Giacomo “il dialogo con i detenuti sui problemi di ordinaria vita carceraria va sempre perseguito. Non ci può essere invece dialogo quando da parte di clan e bande criminali di detenuti c’è l’uso della forza con l’aggressione agli agenti, le devastazioni di celle, arredamenti, infrastrutture dei penitenziari, come già accade da mesi in diverse carceri, con un atteggiamento troppo morbido da parte dello Stato. La gestione dell’ordine e della sicurezza all’interno delle carceri non è solo un problema del sistema carcerario ma lo è
anche per la sicurezza dei cittadini. È evidente, che quando dalle carceri si riesce a gestire i traffici esterni e peggio ancora dare ordini, chi deve collaborare con la giustizia è costretto a fare un passo in dietro. La lotta alla criminalità organizzata viene fatta anche e soprattutto con la partecipazione dei cittadini e di chi subisce i reati. Questo di certo non è il clima giusto in cui deve trovare terreno fertile quella cultura della legalità che è indispensabile per la lotta alle organizzazioni criminali.
Purtroppo – aggiunge il segretario del Sindacato Polizia Penitenziaria – il clima di “buonismo” che da troppo tempo è diffuso per responsabilità del mondo della politica, produce un’autentica distorsione perché la rieducazione, obiettivo nobile, diventa il pretesto che, sommato alla diffusione del Covid, clan e bande organizzate sfruttano per imporre la propria legge di comando.
Il mondo della politica e chi ci governa ha dimostrato, nell’ultimo ventennio, l’incapacità di fare una vera lotta alle mafie che passa in modo imprescindibile dalle carceri. Non si può parlare di rieducazione se si ricorre ciclicamente a provvedimenti di clemenza quali indulti ed amnistia che appaiono antitetici ad un percorso rieducativo che è basato sulla continuità lavorativa e scolastica che il carcere dovrebbe garantire, garantendo innanzitutto la completa espiazione della pena. Appaiono evidenti le responsabilità del mondo della politica che è in grado di usare solo strumenti deflattivi che hanno reso astratta la certezza della pena ma che dimostrano soprattutto una incapacità assoluta di fare lotte alle mafie. È anche questo il risultato della “campagna di odio” alimentata contro la polizia penitenziaria dopo i fatti di Santa Maria Capua Vetere a cui non è stato mai messo fine”.
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