Carceri, Di Giacomo (S.PP.) – A Carinola scontro tra campani e slavi per controllo dei traffici
“Lo scontro nel carcere di Carinola tra detenuti campani e slavi non va derubricato a caso dei “soliti problemi di convivenza” tra detenuti italiani e stranieri, che rappresenta comunque uno degli aspetti di un’emergenza senza fine, quanto piuttosto è riconducibile al controllo dei traffici nel carcere e ad imporre supremazia e comando. E tra i traffici potrebbero esserci quelli di droga”. Così Aldo Di Giacomo, segretario generale del S.PP., che da tempo ha intensificato l’azione di denuncia sulla situazione dei penitenziari italiani dove rivolte, aggressioni e sequestro di agenti, traffici di droga, ritrovamento di telefonini sono diventati fatti quotidiani. “Siamo fortemente preoccupati in particolare per l’escalation delle aggressioni al personale penitenziario – nel giro di sei mesi a più 200 per cento – in vista della stagione estiva da sempre con maggiori tensioni nelle carceri. Da parte del Governo non c’è una sola misura presa a tutela degli agenti che sono costretti alla “difesa passiva”. Vale per tutti il caso del sequestro dell’agente nel carcere fiorentino di Sollicciano ad opera di tre detenuti particolarmente violenti. Per liberarlo i colleghi sono intervenuti solo proteggendosi la testa e il corpo senza uso di manganello per non incorrere – spiega Di Giacomo – nella fattispecie del reato di tortura che di fatto costringe il personale a “volgere l’altra guancia”. “Non si sottovaluti – aggiunge – che più di un terzo della popolazione carceraria è straniera e pur non essendo l’etnia slava particolarmente numerosa è in aumento. E i cosiddetti regolamenti dei conti, non soltanto tra italiani e stranieri ma troppo spesso tra appartenenti a differenti clan e cosche di mafia, ‘ndrangheta, camorra, si ripercuotono prima di tutto sugli agenti chiamati ad intervenire come possono. C’erano già troppi segnali – continua – che andavano intercettati per prevenire questa ennesima azione di violenza tra detenuti. Invece è bastata una scintilla per scatenare il “ring” tra una popolazione carceraria che da troppo tempo ha manifestato atteggiamenti non solo di aggressione ma di sfida quotidiana agli agenti. Non dimentichiamo la tragica stagione della primavera 2020 quando bastò appunto una scintilla per scatenare rivolte a catena in una sessantina di carceri. Bisogna rafforzare la vigilanza ed assicurare che le carceri non cadano nelle mani di quanti continuano a comandare dalle celle dentro e fuori. Siamo inoltre in attesa di come si traduca in fatti l’annuncio dell’Amministrazione Penitenziaria della dotazione di nuovi strumenti e mezzi al personale e sulla sperimentazione delle nuove armi individuali e di reparto. E prima di tutto della revisione del reato di tortura”.
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