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Carceri, Di Giacomo (S.PP.) – Aggressione a Carinola, un’ulteriore prova che a comandare sono sempre loro

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“L’aggressione nel carcere di Carinola di un agente penitenziario del carcere ad opera di un detenuto segna un punto di non ritorno: l’aggressione è avvenuta in uno scenario di ritrovamento di droga e telefono cellulare. È un’ulteriore prova che a comandare sono sempre loro”. Lo afferma il segretario generale del S.PP. – Sindacato Polizia Penitenziaria – Aldo Di Giacomo che pone un interrogativo: “cosa rischia il detenuto violento che può comodamente e facilmente comunicare con l’esterno in un carcere di massima sicurezza ed ha in disponibilità sostanze stupefacenti? La questione è sempre la stessa: se non si introducono misure di inasprimento della pena per il reato di aggressione al personale penitenziario continuerà ad affermarsi il principio della impunibilità e l’esempio per gli altri detenuti che il comando è saldo nelle mani dei criminali e boss di camorra. In questa situazione che vede lo Stato soccombere al “danno la beffa”: si continuano a concedere benefici anche ai violenti sino ai permessi premio che hanno visto un pluriomicida e boss mafioso uccidere nel Catanese due donne. L’altra faccia della medaglia è rappresentata dalla difficoltà degli agenti ad individuare quale modalità e quale strumento di difesa poter attuare perché su di essi pende la minaccia di tortura che li costringe di fatto ad abbassare la guardia nella difesa personale. La politica continua a nascondere la testa sotto la sabbia per ignorare cosa accade nelle carceri dove solo nello scorso anno le aggressioni agli agenti ad opera di detenuti sono state in media 1 ogni 4 giorni e con 42 agenti costretti al ricovero in ospedale e a periodi di lunga convalescenza. Purtroppo nessuno esprime almeno una generica solidarietà al personale e alle famiglie del personale che porterà per sempre i segni dell’aggressione con una discriminazione sempre più inaudita: gli incidenti che avvengono in qualsiasi posto di lavoro sono, giustamente, denunciati all’opinione pubblica mentre se un servitore dello Stato in carcere subisce un’aggressione passa per normalità”.

 


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