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Carceri, Di Giacomo (S.PP.) – Aggressione detenuta a Chieti contro agente “scoperchia” il pianeta carcere al femminile

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La violenza nel carcere di Chieti di una detenuta contro un agente penitenziario che ha subito pesanti conseguenze, sia pure uno dei pochi casi di aggressione al femminile, prova che nel carcere c’è una questione specifica da affrontare che riguarda le detenute. Ad affermarlo è il segretario generale del S.PP., Aldo Di Giacomo, fornendo la “fotografia” della situazione attuale: dei 54.846 detenuti, 52.549 sono uomini e 2.297 donne; la regione con il maggior numero di detenute è il Lazio con 405, seguita dalla Lombardia con 364 donne e dalla Campania con 328 donne; poi la Sicilia con 198 donne. Ci sono, inoltre, le detenute madri: nelle carceri italiane al momento sono 19, con 20 figli al seguito. Rispettivamente 10 detenute in Campania con 10 figli; 3 in Piemonte con 3 figli; 2 in Lombardia con 2 figli; 2 in Puglia con 2 figli; una nel Lazio con 2 figli; 1 in Liguria con un figlio. Almeno sulla situazione intollerabile dei bambini in carcere con le madri – sottolinea Di Giacomo – dopo le tante promesse della Ministra Cartabia ci auguriamo che chi la sostituirà interverrà con immediatezza a cancellare questa inciviltà e barbarie nei confronti dei piccoli. Anche il fenomeno dei suicidi – 65 dall’inizio dell’anno, mai così numerosi – richiede un’attenzione particolare: sono state tre le detenute, tutte giovani, che negli ultimi mesi si sono tolte la vita. Dunque – dice Di Giacomo – l’episodio di Chieti scoperchia una realtà poco conosciuta e che ha problematiche in parte differenti rispetto alla detenzione degli uomini e che come tali richiedono misure ed azioni urgenti prima fra tutte per la prevenzione dei suicidi con personale di assistenza psicologica che per le detenute è ancora più necessario.

La situazione nelle carceri è diventata insostenibile e non più tollerabile. Non c’è più tempo da perdere. Oltre ai 65 suicidi di detenuti dall’inizio dell’anno (di cui 14 durante questa stagione estiva), lo confermano le aggressioni quotidiane agli agenti e al personale medico, i continui tentativi di rivolta, i numerosi episodi di sfida da parte dei capo clan di organizzazioni criminali allo Stato che, purtroppo, continuano a comandare dalle celle.

Da servitori dello Stato l’impegno del personale penitenziario è rivolto a far rispettare la legalità e al contrasto a mafia e criminalità che, a nostro parere, deve svolgersi a partire dalle carceri. Ma in queste condizioni non siamo in grado di poterlo fare.

La campagna elettorale è finita: si passi ai fatti. Ci sono azioni, misure, provvedimenti che si possono e si devono attuare nei primi mesi di attività del nuovo Parlamento e del nuovo Governo, perché più passa tempo e più l’illegalità si diffonde con il rischio di ripetere quanto accaduto con le rivolte nella primavera del 2020.


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