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‘Casa di Frontiera’, l’Italia divisa raccontata da Imparato e Procopio tra verità e desiderio di accettazione

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Acerra, 18 gen. – La verità sull’Italia divisa tra ideologia, desiderio, speranze e delusioni, raccontata in ‘Casa di Frontiera’, con testo di Gianfelice Imparato.

Ritorna a teatro la questione spinosa della divisione tra Nord e Sud, messa in scena con ilarità e dovizia di particolari.

A portarla in palcoscenico al Teatro Italia di Acerra con Fratelli DiVersi produzione, é Francesco Procopio, affiancato da Giovanni Allocca, Rita Corrado e Alessandra D’Ambrosio.

L’occasione per sensibilizzare il pubblico su un tema di grande attualità è quella di sostenere attraverso il teatro il progetto N.i.d.a. (Nazionale Italiana dell’Amicizia Onlus Campania), impegnato nel raccogliere fondi per promuovere lezioni di danza rivolte per il secondo anno consecutivo, a ben 50 ragazzi in difficoltà nel quartiere don Guanella di Napoli.

La piéce scritta nel 1993 resta ancora pregnante, alla luce di atteggiamenti discriminatori e di questioni legate all’immigrazione, perché di questo si tratta.

Si parla di secessione tra Padania e Mezzogiorno; di cultura inquinante o contaminata; di riserve del pensiero che ghettizzano Gennaro Strummolo (Francesco Procopio), in una casa di frontiera, desideroso dopo aver lasciato Napoli, di diventare cittadino della Lega lombarda, insieme alla sorella Assunta. Come un immigrato vero e proprio, Gennaro cerca di lottare per la sopravvivenza quotidiana. Il suo scopo è quello di affrancarsi dal marchio di “terrone”, iniziando una nuova vita sull sponda del Po.

Cambia nome in Strumm per essere accettato dalla comunità circostante, finge di avere origini tedesche e reimposta il proprio accento per superare la valutazione di un’assistente sociale impenitente, Olga (Rita Corrado), che cerca dopo due anni di trafila di concedere il famoso ‘visto’ di annessione lombarda a Gennaro ed Assunta (Alessandra D’Ambrosio).

I fratelli Strummolo devono però calarsi nel comportamento impeccabile degli abitanti del Nord, rinnegando le proprie radici partenopee fatte di cibo, slang, simboli e colori della tradizione napoletana.

Una vera e propria “rivoluzione di genere” viene messa in atto dalla penna di Imparato, che con impeccabile regia tratteggia ed anima i suoi personaggi.

Gennaro è il sognatore perfetto di una accettazione piena che sa di riscatto; Assunta segue il fratello per pio amore familiare, ma dedidera tornare a Napoli inseguendo la semplicità; Olga adempie al suo lavoro di sentinella leghista, mostrando inseguito un lato romantico e tutt’altro che austero. Sarà lei a far capire che non bisogna vergognarsi delle proprie origini: Napoli ha un carisma potente; seduce anche chi finge di non essere attratto dalla sua forza travolgente.

Il perno della resistenza alle proprie radici napoletane viene incarnato da Ciro Cacace (Giovanni Allocca), seduttore e chitarrista impenitente, che sconvolge la famiglia Strummolo, Olga compresa, dimostrando che essere se stessi non può che far bene all’essere umano, affrancandolo dalla voglia matta di approvazione collettiva.

Si può provare ad essere altro da se stessi, ma a farne le spese resta sempre la felicità!

Gianfelice Imparato segna i confini tra diversità e integrazione in modo innovativo, immaginando una riserva analoga a quelle indiane. Ambienta il suo mondo teatrale al confine col territorio padano. Il verde impera in scena diventando simbolico oltre misura.

Meticoloso nella sua regia, lascia margini espressivi ampi ai suoi personaggi, uniformi nella recitazione di gran livello che costruisce risate, applausi e pensieri intensi.

Riuscire a far riflettere con intelligenza, senza perdersi nelle pieghe della comicità, è prerogativa di Francesco Procopio. L’attore si dedica a monologhi teneri, simpatici, affacciato al balcone della sua casa di frontiera. Ricorda con questo rituale, i colloqui-soliloquio di Eduardo, che dalla sua balconata apriva i confini della scena, facendosi spazio nel profondo pensiero dello  spettatore.

In un contesto paradossalmente ilare, la romantica commozione prende il sopravvento ed arriva a sdoganare ogni forma di preconcetto con un epilogo inaspettato. È davvero una tragedia tutta da ridere!

Lo spettacolo convincente in ogni suo aspetto (dalla scenografia ai costumi, dalle note di regia che non lasciano nulla al caso, fino alla estrema bravura del quartetto di attori),  riesce nel suo intento di solleticare riso e obiettiva osservazione.

Liberandosi da ogni forma di giudizio intellettuale, Imparato arriva al nocciolo della questione col suo teatro: l’immigrazione é un evento storico da affrontare.

Non bisogna  negare il diritto di un migrante a vivere in pace e in prosperità nella propria patria. Eppure questo è un caposaldo rinnegato a partire dal periodo di colonizzazione, sostituito oggi da nuovi tipi di dominio. 

Su tale concetto Procopio e Imparato ci invitano a riflettere. La frontiera chiusa è un ghetto dai limiti più estesi, intriso spesso di insensibilità.

Le parole “clandestino” e “irregolare”, palesano fratture sociali, economiche ed umane che sembrano insanabili se si lascia spazio alla competizione pronta a distruggere ogni sano rapporto tra individui e culture, tanto che a farne le spese resta sempre l’umanità.

Lo spettacolo ‘Casa di frontiera’ risulta adatto ad ogni tipologia di spettatore, bambini compresi. Disegna con fare quasi fumettistico realtà sociali e familiari che prendono per mano il pubblico conducendolo all’analisi leggera, ma attenta di un’Italia vittima dell’ipocrisia della sua cultura, poco pronta a relazionarsi con l’altro in modo davvero aperto.  

 

 

Foto di Arturo Favella


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Pina Stendardo

Giornalista freelance presso diverse testate, insegue la cultura come meta a cui ambire, la scrittura come strumento di conoscenza e introspezione. Si occupa di volontariato. Estroversa e sognatrice, crede negli ideali che danno forma al sociale.