Caserta, il prefetto Ruberto: massima attenzione, la criminalità organizzata ha «mutato pelle»
Lavoro e risultati di magistratura e Forze di polizia a Caserta nella lotta alla camorra
Una fotografia chiara quella scattata dal prefetto Raffaele Ruberto sulla natura delle attività delle organizzazioni criminali a Caserta e provincia: la camorra non è sconfitta, ha mutato pelle.
«Sicuramente – racconta in un’intervista al magazine online leurispes.it – bisogna dare atto dell’enorme lavoro svolto negli anni dalla magistratura e dalle Forze di polizia». Le grandi inchieste, infatti, hanno consentito di assicurare alla giustizia i vertici di pressoché tutte le organizzazioni criminali operanti nel territorio.
Ma oggi, aggiunge il prefetto, «la strategia militare non è più pagante e le mafie casertane sono diventate mafie di affari. Il loro principale obiettivo è il reinvestimento dei capitali illecitamente accumulati». Occorre, quindi, la massima attenzione da parte degli apparati della sicurezza, ma anche il consenso e il coinvolgimento della classe imprenditoriale, dei lavoratori, delle rispettive organizzazioni e di tutta la società civile.
In tal senso, una leva simbolica e di coinvolgimento è, senza dubbio, quella del riutilizzo dei beni confiscati. «Lavorare e produrre mettendo opportunamente a frutto queste risorse – dice il prefetto – rappresenta un esempio virtuoso di buona economia e può essere un’occasione formidabile per combattere le distorsioni del mercato messe in atto dall’economia illegale e, o peggio, criminale».
Un altro strumento che rappresenta la punta di diamante della prevenzione antimafia è il sistema della documentazione antimafia e delle interdittive. Si tratta di un’intensa attività svolta dalle prefetture su tutto il territorio nazionale. «Le interdittive sono temutissime dalle imprese mafiose e da quelle colluse», afferma il prefetto. «Nella provincia di Caserta, dove l’attività antimafia è molto intensa, il numero dei provvedimenti interdittivi, apparentemente elevato (70 circa all’anno), è in realtà contenuto, se si considera che le richieste di documentazione antimafia nell’arco di un anno sono mediamente oltre 6.000».
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