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‘Consegne, una performance da coprifuoco’, la recitazione on the road riempie i vuoti del palcoscenico

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Napoli, 15 gen – Il desiderio di proiettarsi oltre l’apparenza, il superficiale e i limiti. Questo il motore propulsore dell’iniziativa artistica ‘Consegne, una performance da coprifuoco’.
L’idea lanciata a Napoli dal Collettivo LunAzione, consiste in un atto di creazione on the road, fondato sull’adattamento della recitazione ai mutamenti vigenti, legati al mondo dello spettacolo soggiogato dal vuoto della pandemia.
Eduardo Di Pietro riadatta il progetto artistico della compagnia bolognese Kepler-452, trasferendo a Napoli uno spettacolo itinerante, portato fin sotto casa dello spettatore dall’attrice Cecilia Lupoli.
L’attrice diventa un rider per consegnare allo spettatore qualcosa di speciale che va oltre il mero pacco da delivery contenente leccornie o oggetti acquistati online.
La consegna della performance è cibo per la mente e soprattutto per l’anima; è qualcosa che accarezza la solitudine dello spettatore in collegamento sulla piattaforma Zoom, pronto ad interagire con l’attrice fin dal momento in cui sale sul suo motorino per raggiungere la dimora del destinatario.
In 30 repliche, iniziate il 15 dicembre e spesso anche donate in regalo a qualcuno, il rider Cecilia inizia ad interagire con i suoi interlocutori lungo tutto il percorso necessario per raggiungere la loro dimora ed effettuare la consegna di qualcosa di essenziale.
Tra la curiosità dello spettatore ed il flusso emotivo dell’attore, si apre un angolo di confidenza; si osserva Napoli per come realmente è dopo il coprifuoco, tra silenzi e luci accese di case che sostituiscono in modo silente, la movida ormai inesistente.
In quello che potremmo definire un vero esperimento sociale in tempi Covid, la parola dell’attore diventa chaise longue per lo spettatore che si appoggia alle confidenze del rider, mentre racconta la difficoltà di vivere in isolamento e in meccanicità, questo periodo pandemico.
Così l’interlocutore interagisce e racconta inevitabilmente come sta affrontando una tale situazione; capita infatti che una coppia confessi di aver scoperto una doppia positività durante il lockdown: quella al Coronavirus e quella di una nuova vita pronta a nascere. Lo spettacolo diventa luogo di confidenze in cui il metaracconto si costruisce ogni volta in maniera diversa, ma naturale. Lo spettatore si scopre contemporaneamente coprotagonista di un dialogo che lascia entrare la fictio nella realtà, mescolandosi ad essa.
Il rider non interpreta semplicemente un copione, ma dà lettura ai sentimenti di tanti italiani disabituati ormai a sognare e a vedere l’essenziale nelle piccole cose.
Cecilia Lupoli costruisce il suo racconto consegnato a domicilio su tre parole: essenziale, mancanza e solitudine. “L’essere umano è fatto di emozioni – ripete il rider – io non ho che voi in questo momento in cui la città è vuota e mancano incontri ed abbracci da fin troppo tempo. Quando avrò effettuato la mia consegna ci guarderemo negli occhi; ci saremo solo io e voi”.
In questo modo, toccando la dura realtà, si delineano le differenze tra ció che abbiamo vissuto durante la prima pandemia e ciò che passivamente stiamo subendo oggi, senza margine di potere di immaginazione su cosa sarà del futuro.
La parola che costruisce legami diventa così essenziale ed il rider-attore mostra come l’arte della recitazione, messa in prigione da ormai 10 mesi, sia in realtà veramente catartica.
Eduardo Di Pietro porta a Napoli un testo che funge da provocazione, aiutando a comprendere quanto e perché ci sia bisogno di fare spettacolo.
Lo spettatore lo recepisce e al momento della consegna scopre cosa sia davvero essenziale, tanto da arrivare a chiedere che l’istante dell’incontro con il rider che gli ha consegnato uno spettacolo itinerante, si protragga ulteriormente.
Qualcuno lascia Cecilia ripromettendosi di tornare a teatro appena gli spettacoli riprenderanno. Cecilia dal  canto suo, rider per una notte, raccoglie  tutta l’emozione di questa esperienza lavorativa che la vede attrice in trasferta dal palcoscenico alla strada. “Questo spettacolo on the road è stato per me l’essenziale – confessavorrei che questa esperienza sia per gli spettatori forte, bella…da ricordare. Spero di tornare presto sul palcoscenico per stendermi su di esso riappropiandomi a braccia aperte di tutto lo spazio teatrale che per ora possiamo solo sognare”.
Nel suo percorso naturale, Consegne, una performance da coprifuoco’ diventa un processo artistico di iniziazione e purificazione, fatto di significati profondi che emergono dalle molte metafore cui dá lettura più profonda il pensiero del rider-attore.


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Pina Stendardo

Giornalista freelance presso diverse testate, insegue la cultura come meta a cui ambire, la scrittura come strumento di conoscenza e introspezione. Si occupa di volontariato. Estroversa e sognatrice, crede negli ideali che danno forma al sociale.