Coronavirus, verso la riapertura graduale delle attività economiche
“Gli esperti hanno confermato che la curva dei contagi sta rallentando in Italia, il numero dei nuovi contagi sta scendendo, siamo fiduciosi che stiamo superando la fase peggiore, ma non possiamo passare da un lockdown a liberalizzare tutte le attività economiche, dobbiamo farlo gradualmente”. Lo ha detto il premier Giuseppe Conte in un’intervista alla Bbc. “Dobbiamo scegliere i settori in grado di riavviare la loro attività – ha proseguito Conte -. Se gli scienziati confermano questo trend, potremmo iniziare ad allentare alcune misure già entro la fine di questo mese”.
Intanto, le Confindustria di Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna hanno diffuso un documento congiunto per chiedere al governo la riapertura delle imprese: pur riconoscendo che “mai nella storia della Repubblica ci si è trovati ad affrontare una crisi sanitaria, sociale ed economica di queste proporzioni”, durante la quale “la salute è certamente il bene primario, e ogni contributo affinché si possano alleviare e contrastare le conseguenze dell’epidemia è cruciale”, le associazioni imprenditoriali hanno anche sottolineato come “le relazioni sociali ed economiche sono colpite in modo grave, imprevedibile fino a poche settimane orsono”.
Se da una parte “stiamo facendo grandi sacrifici, che mai avremmo pensato ci sarebbero stati richiesti, che implicano la limitazione di alcune libertà che abbiamo sempre dato per scontate”, secondo Confindustria “dobbiamo tuttavia essere consapevoli che all’emergenza sanitaria seguirà una profonda crisi economica: dobbiamo quindi essere in grado di affrontarla affinché non si trasformi in depressione e per farlo abbiamo bisogno innanzitutto di riaprire in sicurezza le imprese”.
Se le quattro principali regioni del nord, che rappresentano complessivamente il 45% del Pil italiano, non riusciranno a ripartire nel breve periodo, “il Paese rischia di spegnere definitivamente il proprio motore e ogni giorno che passa rappresenta un rischio in più di non riuscire più a rimetterlo in marcia”, ha sottolineato Confindustria.
Prolungare il lockdown “significa continuare a non produrre, perdere clienti e relazioni internazionali, non fatturare, con l’effetto che molte imprese finiranno per non essere in grado di pagare gli stipendi del prossimo mese. Chiediamo quindi di definire una roadmap per una riapertura ordinata e in piena sicurezza del cuore del sistema economico del Paese”.
Il documento si concentra poi sulla cosiddetta “fase 2”: “È ora necessario concretizzarla. Per farlo bisogna realizzare un percorso chiaro e decisioni condivise con un’interlocuzione costante tra pubblica amministrazione, associazioni di rappresentanza delle imprese e sindacati che indichi le tappe per condurre il sistema produttivo verso la piena operatività”.
La salute è il primo e imprescindibile obiettivo: per Confindustria “le imprese devono poter riaprire, ma è indispensabile che lo possano fare in assoluta sicurezza, tutelando tutte le persone. Le aziende sicure devono poter lavorare. Chi non è in grado di assicurare la sicurezza necessaria nei luoghi di lavoro non può aprire. Bisogna quindi definire un piano di aperture programmate di attività produttive mantenendo rigorose norme sanitarie e di distanziamento sociale”.
Per l’associazione imprenditoriale, in ogni caso, “occorre uscire dalla logica dei codici Ateco, delle deroghe e delle filiere essenziali” – quella utilizzata dai più recenti decreti del governo per fronteggiare l’emergenza sanitaria – “a partire dall’industria manifatturiera e dai cantieri. È una logica non più sostenibile e non corretta rispetto agli obiettivi di sanità pubblica e di sostenibilità economica”.
Il criterio guida, secondo Confindustria, dovrebbe essere invece la sicurezza: “Le imprese si sono già dotate di alcuni importanti strumenti per modulare i propri comportamenti in questa difficilissima situazione, in primis il Protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro. Si tratta di un documento fondamentale, condiviso da tutti gli attori, che deve trovare una rigorosissima applicazione, anche nei controlli, e costituire il principale riferimento”.
La richiesta di Confindustria al governo è quella di mettere le imprese nelle condizioni di reperire tutti i dispositivi di protezione individuale necessari e garantire il loro approvvigionamento “mediante un agevole percorso di fornitura che passi da un flusso costante e prioritario nelle procedure doganali”, di velocizzare il percorso di autorizzazioni da parte dell’Iss per i dispositivi prodotti in deroga alle normative sanitarie “ma che dimostrino requisiti di protezione soddisfacenti”, mettere in campo un pacchetto di misure di finanziamento a fondo perduto che supportino gli investimenti delle imprese sulla sicurezza, basato su alcune linee d’azione fondamentali (adozione di protocolli di sanificazione degli ambienti di lavoro, ripensamento degli spazi lavorativi per ridurre al minimo i contatti tra le persone, nuova mobilità da e per i luoghi di lavoro e all’interno dei siti produttivi, ricorso allo smart working).
“Chiediamo un impegno – hanno concluso le quattro ramificazioni regionali di Confindustria – per definire insieme un piano di contenimento del virus sui luoghi di lavoro basato su una collaborazione tra autorità preposte, imprese e sindacati per consentire un’efficiente gestione dell’operatività delle imprese nel periodo di emergenza, funzionale a evitare pericolose situazioni di contrasto che metterebbero a repentaglio gli sforzi di collaborazione. Ciò deve poter avvenire anche a livello territoriale e regionale per costruire e sperimentare nuovi “modelli” di lavoro”.
A livello regionale, in particolare, per Confindustria “occorre condividere con i servizi sanitari modelli di collaborazione in cui le imprese diventano luoghi in cui si attuano le politiche per la salute, a partire dalle attività di screening preventivo, sulle quali si attendono decisioni tempestive e univoche delle autorità competenti, e con l’ausilio fondamentale di test sierologici validati o con programmi coordinati di “tamponi” sul territorio”.
“Occorre ripartire rapidamente per dare al Paese, alle imprese e ai lavoratori un’agenda chiara e un quadro certo in cui operare. Il criterio guida è la sicurezza: le aziende sicure sono tutte uguali. Per questo occorre condividere un modello di collaborazione con istituzioni, autorità sanitarie, associazioni industriali e organizzazioni sindacali”.
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