CORTE COSTITUZIONALE: ILLEGITTIMO DARE AUTOMATICAMENTE COGNOME PATERNO Ma il cognome paterno non è affatto un retaggio patriarcale
È “discriminatoria e lesiva dell’identità del figlio” la regola che attribuisce in automatico il cognome del padre. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con una sentenza alla luce della quale la regola diventa che il figlio assume il cognome di entrambi i genitori nell’ordine dai medesimi concordato, salvo che essi decidano, di comune accordo, di attribuire soltanto il cognome di uno dei due.
L’ Italia andrà in recessione, le bollette sono raddoppiate ed Enrico Letta ritiene una vittoria di civiltà il cognome da dare ai figli.
Andiamo nello specifico.
“Il cognome del padre non è più automatico. Sarà frutto di una scelta. Una decisione storica di parità. L’Italia è più giusta.”
Enrico Letta, PD
E cosa ci sarebbe di più giusto?
“Il cognome paterno, checché ne pensino i moderni gender, aveva ed ha un senso profondo e antico ma sempre attuale malgrado le pippe costituzionali e le frenesie femministe. Esso era ed è una assunzione di legame parentale e di responsabilità educativa e sentimentale. Il legame del figlio con la madre, infatti, è fisico, profondo, genetico, visibile. Quello del padre, al contrario, necessita di un riconoscimento d’amore prima ancora che giuridico, pur nella sua origine a sua volta fisica. Il cognome del padre è, se si vuole, necessario anche per costituire quel monolite a più pilastri che è (forse, purtroppo, era) la famiglia. Il resto è propaganda, rigurgito di sciocco e inutile politically correct. Il cognome paterno non è autorità e predominio di un genitore sull’altro. Esso, al contrario, è manifestazione di amore, stabilità e continuità di quello che è (era?) il seminarium rei publicae. Ecco perché il delirio della Corte costituzionale, con l’inizio di un percorso delirante che porterà, tra qualche decennio, ad avere milioni di cittadini con un numero di cognomi cresciuto in maniera esponenziale, non era affatto necessario.
Mater semper certa est, pater numquam.”
Luigi Bobbio, magistrato e già senatore della Repubblica
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