Covid: con palestre chiuse persi 10 miliardi. Settore in crisi. Eppure basterebbero poche regole
Circa 10 miliardi di euro all’anno, più di 16mila strutture e 120mila operatori. Sono i numeri del wellness e dello sport in Italia. Numeri che, da quando siamo in emergenza sanitaria, servono a rendere l’idea di quanto sia pesante economicamente (ma non solo) la chiusura di palestre e centri sportivi.
L’Unione europea delle cooperative (Uecoop) proprio oggi ha pubblicato i risultati di un monitoraggio in riferimento alla situazione delle palestre costrette alla chiusura dalla fine di ottobre 2020 per le misure anti contagio: con le palestre chiuse per l’emergenza Covid nonostante un’Italia quasi tutta in giallo è corsa al fai da te sportivo a casa con i prezzi delle attrezzature per gli allenamenti fra le mura domestiche che sono aumentati anche del 50% su scaffali e vetrine on line.
Sono 20 milioni gli italiani che praticano una qualche forma di sport e che con le palestre chiuse o si sono rassegnati al divano o hanno dovuto trovare soluzioni alternative come crearsi delle mini palestre in cantina o in salotto facendo balzare verso l’alto i prezzi delle attrezzature. Uno sportivo su 4 (25,2%) si dedica a ginnastica, fitness, body building o aerobica, il 23% gioca a calcio e più del 21% è appassionato di sport acquatici spiega un’analisi di Uecoop su dati Istat.
Dunque, quando non si è rassegnato alla sedentarietà (con i conseguenti rischi per la salute psicofisica), vediamo l’italiano quanto può arrivare a pagare.
La spesa per una piccola postazione domestica per il fitness – evidenzia Uecoop – è arrivata a 457 euro con aumenti del +57,5% per i manubri con i pesi, del +30% per la panca e del +58,5% per la cyclette. Se poi si verificano diversi siti – sottolinea Uecoop – per la stessa tipologia di prodotto le differenze sono ancora più forti: 2 manubri in ghisa passano da 40 a 160 euro o i dischi dei pesi da 5 chili balzano da 7,50 euro a 44 euro. E mentre gli scaffali si svuotano e on line compaiono le scritte “esaurito” o “non disponibile” bisogna anche stare attenti alle truffe – continua Uecoop – con offerte su Internet che non destano sospetti per sconti eccezionali o merce a troppo buon mercato ma che, ricevuto il pagamento, allungano la spedizione di diverse settimane per poi consegnare paccottiglia di vario genere compresi occhiali da sole tarocchi al posto di pesi e manubri.
La mancata riapertura con la zona gialla dopo mesi di serrata obbligatoria ha messo sotto pressione il settore del wellness e dello sport che a livello nazionale vale circa 10 miliardi di euro all’anno con 16.146 strutture da nord a sud della Penisola fra palestre e centri benessere spiega Uecoop su dati Istat e della Camera di commercio di Milano Lodi e Monza Brianza e coinvolge oltre 120mila operatori sulla base dei dati emersi alle ultime fiere del wellness. La pandemia ha mandato in crisi anche le cooperative che gestiscono impianti sportivi e che – sottolinea Uecoop – devono continuare a sostenere i costi della manutenzione nonostante il divieto di aprire al pubblico.
“Tutto questo senza tener conto che palestre e piscine (così come cinema e teatri, ndr) potrebbero essere i luoghi più sicuri durante la pandemia – spiega un istruttore che gestisce un importante centro fitness – grazie al monitoraggio costante che è possibile esercitare e alle attività di controllo e di programmazione. Basterebbe determinare il numero massimo di persone consentite ogni ora in base alla metratura della palestra; chiedere ai gestori delle strutture di attenersi a quel numero in base a un sistema di prenotazioni; garantire un intervallo di un’ora per turno al fine di igienizzare e areare l’ambiente; effettuare controlli periodici per verificare il rispetto delle regole. Ricordiamo, inoltre – conclude l’intervistato – che la scorsa estate noi gestori di palestre furono costretti ad acquistare sistemi di protezione, igienizzanti e a circoscrivere con plexiglass e quant’altro gli spazi. Soldi buttati e molti di noi stanno vendendo tutti gli attrezzi e non riapriranno più”.
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