Crisi da Dpcm, il Gran Caffè Gambrinus abbassa le saracinesche e chiude
Napoli, 5 nov. – Napoli si risveglia oggi con l’amaro in bocca, non più con il solito sapore del caffè degustato nel luogo storico della città, il Gran Caffè Gambrinus in Piazza del Plebiscito.
È l’ennesima sconfitta per commercianti e cittadinanza. É l’estrema conseguenza dei tanti dpcm che hanno imposto restrizioni al comparto bar e ristorazione in piena seconda ondata pandemica.
Ed é soprattutto un ulteriore colpo inferto alla cultura, perché è anche questo di cui bisogna parlare se il centro propulsore degli incontri artistico-letterari, fin dai tempi postunitari italiani, simbolo di Napoli, chiude.
Antonio Sergio, uno dei proprietari, dichiara: “Sono allo stremo delle mie possibilità; con le limitazioni previste, non possiamo andare avanti”.
“Abbiamo deciso di chiudere indipendentemente da misure nazionali e regionali – aggiunge – Abbiamo messo in cassa integrazione, per la prima volta nella storia del Caffè, 15 dipendenti, ma ce ne sono altri 30 da pagare. Non ce la facciamo”.
E così i napoletani e non solo, perdono un punto di riferimento della città. Entrare al Gambrinus significava fare un tuffo nella storia e respirare quell’aria di fermento innovativo che ha
caratterizzato il Novecento napoletano. Varcare la soglia di un luogo simbolo partenopeo equivaleva ad immergersi in uno scrigno prezioso di opere d’arte: sale con i marmi di Jenny e Fiore, stucchi del Bocchetta, bassorilievi del Cepparulo e tappezzerie del Porcelli; oltre che pareti decorate dai più importanti paesaggisti napoletani. Il Caffè letterario per eccellenza é da sempre galleria d’arte nel cuore di Napoli.
Chissà cosa avrebbero commentato oggi i grandi che ivi sedettero: Gabriele D’Annunzio, Benedetto Croce, Matilde Serao, Eduardo Scarpetta, Totò e i De Filippo… per non parlare di Hemingway, Sartre, Oscar Wilde.
Il Gambrinus rappresenta il luogo in cui soddisfare mente e corpo, ma il Covid lo ha messo in ginocchio e ne ha minato la sopravvivenza in un mercato già di per sé messo in ginocchio.
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