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‘Deep Blue’, il teatro del dubbio scava nel profondo rapporto tra Dio e l’io

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Napoli, 11 gen. – Una partita a scacchi tra la vita e la morte, una storia di vuoto e la ricerca del viaggio risolutivo ad esso annessa.

Al Teatro Tram di Napoli dal 10 al 12 gennaio, Antonio Buonanno e Pietro Tammaro sono i protagonisti assoluti di ‘Deep Blue’, con la regia di Alberto Mele e Marco Montecatino.

Sulle quinte una porta chiusa da cinque lucchetti rappresenta il senso di prigionia dell’essere umano. Esso si concretizza nel dialogo profondo e a tratti ilare tra il professore (Antonio Buonanno), cinico ed ateo; e un proprietario di casa (Pietro Tammaro), semplice e votato dopo un tragico passato ad aiutare il prossimo. Tra loro si colloca Dio, presenza e assenza contemporanea.

Una lotta tra nichilismo e fede, tra chi si arrende e riparte dalla consapevolezza di un complesso scenario esistenziale. Una ricerca sui differenti modi possibili di essere al mondo da soli o insieme agli altri, nel tentativo molto determinato di non spegnere i propri sogni.
A vincere in ‘Deep Blue’ sono gli attori Antonio Buonanno e Pietro Tammaro, che partendo da questi presupposti, incatenano le emozioni e incarnano il dubbio iperbolico dell’uomo.
In scena con loro il potere della parola: forte, persuasivo. Inserita in un sillogismo intriso di razionalità e sentimento, essa presenta al pubblico il viaggio nella mente del suicidio.

Si affonda così nel profondo buco blu dello spartiacque tra la sopravvivenza e la morte che cancella tutto.

Tammaro aiuta il professore a sentire la scia del profumo di Dio, avvicinandosi al bianco della speranza; desidera che Gesù gli dia le parole giuste per convincere il professore a desistere dal suo proposito di farla finita per sempre. Ma il professore vuole vivere nel nero; perché la vita non ha alcun interesse per lui, perché l’egemonia dell’intelletto che ha inseguito per una intera esistenza, non riesce a portare alla felicità.

Da qui la scelta definitiva: cruenta, estrema, contraria a quella Bibbia che il suo interlocutore gli mostra ribadendo quanto essa sia piena di storie di cadute più che di vittorie.

Tammaro e Buonanno lasciano entrare con la loro recitazione, direttamente nel livello di depressione e frustrazione che spinge l’anima in un mare di oscurità che non si può giudicare. Non si fermano al testo; vanno oltre: si dannano e vivono coi loro personaggi. I loro sguardi diventano pieni di dolore ed anche il silenzio della platea viene tagliato da tanta profondità.

La mancanza di un punto fermo fa deragliare il  treno della vita, cui non resta che aggrapparsi alla croce o soccombere cercando un’ultima fermata nella morte, senza poter tornare più indietro.

Potresti non comprenderlo, ma ti accorgi che ciascuno ha il diritto di avere i suoi sentimenti. Il proprietario di casa (Tammaro) tenta di essere gentile con il cuore del professore, prova ad accarezzarne le ferite, ma il cuore che non trova le parole giuste, alla fine non riesce a prevalere.

I personaggi non hanno nome, sono indefiniti, sono pure entità cromatiche (il bianco e nero). Eppure spiegano egregiamente che una connessione umana può fare la differenza nella vita di qualcuno.

Intenso, realista, introspettivo, ‘Deep Blue’ offre allo spettatore la catarsi di tutti i suoi pensieri, risultando spettacolo degno di nota per chi desidera emozionarsi e pensare con l’umana materia teatrale.

 

 

Foto Arturo Favella


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Pina Stendardo

Giornalista freelance presso diverse testate, insegue la cultura come meta a cui ambire, la scrittura come strumento di conoscenza e introspezione. Si occupa di volontariato. Estroversa e sognatrice, crede negli ideali che danno forma al sociale.