Attualità

Denis Verdini in carcere, una faccenda molto strana

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Anna Tortora

“Una cosa mi ha insegnato tra le tante la vita: che il più grande lusso della politica non sono i voli di Stato o le auto blu, ma le relazioni umane. E io sono amico di Denis, gli voglio bene e sono vicino alla sua famiglia. Non mi vergogno certo a dirlo, anzi: lo dico con più forza di prima”.
Matteo Renzi ad Avvenire

Denis Verdini è a Rebibbia, dove si è costituito, per scontare sei anni di carcere. Denis è in carcere nonostante l’accusa stessa abbia chiesto un altro processo. Una faccenda davvero bizzara: l’accusa chiede un nuovo processo ma la Cassazione decide per il carcere.
“Io non sono mai stato tenero con Verdini, anzi. Ho seguito la sua storia giudiziaria, tutti i suoi processi, nello specifico la vicenda del Credito Cooperativo Fiorentino sin da quando è iniziata, nel 2011. Ed è apparsa a dir poco particolare”.
Davide Vecchi, per dieci anni cronista del Fatto Quotidiano e oggi direttore del Gruppo Corriere (Corriere dell’Umbria, Corriere di Siena, di Arezzo, Rieti e Viterbo), parla all’HuffPost.

“L’inchiesta della Procura di Firenze era approfondita, un lavoro certosino, un fascicolo pieno di materiale, molto estraneo al Ccf. Quando anni dopo mi sono occupato di Mps e Banca Etruria non ho riscontrato la medesima attenzione ma l’esatto opposto. Se si fosse operato nel medesimo modo anche in questi ultimi due casi le conseguenze sarebbero state diverse”.
Già solo questo dovrebbe bastare per trarre le dovute conclusioni. Ma per Davide Vecchi c’è anche un altro dettaglio molto importante, una differenza tra il caso Verdini ed altre banche toscane.
“Il fascicolo sul Ccf di Verdini è molto complesso e ha avuto numerose diramazioni, molte finite nel nulla. La dichiarazione di bancarotta è stata generata dalle svalutazioni compiute dalla vigilanza di Banca d’Italia ma nessuno dei risparmiatori, nessuno di quanti avevano depositi o investimenti, nessuno ha perso un euro. E infatti nessuno si è ritenuto truffato. Per assurdo la banca era sostanzialmente sana, aveva un patrimonio, immobili propri, sportelli e nulla era gravato da debiti o altro. Tutto acquisito da Chianti Banca”.
Continua spiegando l’inchiesta dall’inizio.
“La sterminata mole di atti. Una quantità di materiale incredibile. Con vicende anche estranee alla banca. Tanti personaggi, all’epoca di primo piano, comparivano tra una carta e l’altra. Tra questi c’erano Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri al quale la banca aveva concesso un’ipoteca. L’attenzione degli inquirenti, insomma, non riguardava la banca in sé, ma anche i creditori e i debitori. Un lavoro approfondito. Erano gli anni del Governo Berlusconi e Verdini  era un esponente di spicco di Forza Italia…Io, in primis, non sono mai stato tenero con lui. In alcuni casi l’ho fatto nero. Ma questo non vuol dire che non abbia poi notato la differenza tra questo procedimento e altri che riguardavano le altre banche”.
La collega dell’HuffPost continua e chiede delle altre banche
“Alla vicenda Monte dei Paschi. Ho iniziato ad occuparmene sin da subito, nel 2013. E ho notato uno scenario completamente diverso rispetto a quello di Firenze”.
E c’è di più, Davide Vecchi spiega tutto nei dettagli, in maniera certosina.
“Nel fascicolo Mps non c’era nulla, o quasi. Con aspetti anche comici a volte. Come un contratto secondo gli inquirenti rimasto segreto per sei mesi e nascosto in una cassaforte seppure avessero un atto in cui era chiaramente scritto e indicato dove si trovasse. A Siena ho assistito al peggior spettacolo offerto dalla magistratura…
Per questo dico: se la procura di Siena avesse operato con lo stesso livello di approfondire di quella di Firenze molto probabilmente le conseguenze sarebbero state diverse. E, appunto, mezzo Parlamento potrebbe essere in carcere. Un ragionamento non dissimile si può fare per la vicenda Banca Etruria. E va considerato che sia Mps sia Etruria sono state pagate dai cittadini: il Monte è dello Stato, la banca di Arezzo ha prosciugato e fatto perdere i risparmi di una vita a migliaia di risparmiatori”.
E ancora.
“Fra l’altro il Credito era una banca piccola e non di sitema come Mps. E forse anche per questo potrebbe dare adito a dubbi su determinati comportamenti, a cominciare da quelli della vigilanza di Banca d’Italia. Ma il discorso è complesso e purtroppo rientra negli argomenti tabù del nostro Paese. Basta vedere gli esiti della commissione parlamentare sulle banche. Verdini è in carcere, molti ne gioiscono come fosse una vittoria politica, MS5 su tutti. Io ho seri dubbi che se lo sia meritato…ora però che almeno si riconosca la necessità di creare un pool di magistrati adeguati ad affrontare le inchieste sugli istituti di credito in maniera omogenea”.
Vecchi non è il solo a nutrire dei forti dubbi su come siano andate le cose.
Stento ancora a credere quanto gli uomini amino complicare le questioni semplici e, per pregiudizi ideologici o peggio ancora per interessi politici, tendono ad escludere le soluzioni. Quelle vere. Ma, allo stesso tempo,  sono ottimista e spero in un risvolto positivo.
E voglio concludere salutando Denis Verdini con un grande abbraccio.


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Anna Tortora

Nata a Nola. Si è laureata alla Pontificia facoltà teologica dell'Italia meridionale. Le sue passioni sono la politica, la buona tavola, il mare e la moda. Accanita lettrice, fervente cattolica e tifosa del Milan.