Elezioni regionali, svanisce l’alternativa
di Antonio del Mese.
Alle elezioni regionali di Lombardia e Lazio hanno rispettivamente votato il 41,67% ed il 37,2% degli aventi diritto con un esito scontato: vittoria piena del centro destra unito contro il centro sinistra frammentato.
Un dato su tutti: candidati poco graditi, programmi poco credibili e partiti politici sempre più deboli, senza identità ed organizzazione territoriale.
L’astensionismo, che incide pesantemente sul risultato elettorale, va analizzato con attenzione considerato che la Lega, per esempio, ha preso in Lombardia una percentuale di voti più alta delle precedenti regionali ma, paradossalmente, con meno voti. Il Partito Democratico e Fratelli d’Italia hanno retto mentre il Movimento 5 stelle si conferma un partito meridionalista.
Il Terzo Polo recede di fronte al bipolarismo e non è competitivo.
In Lombardia la lista Azione-Italia Viva si attesta al 4,2% mentre nel Lazio di poco sotto al 5%: non sono un caso le dimissioni del segretario lombardo di Azione che certificano, ove ve ne fosse ancora bisogno, la crisi di una alleanza che sta perdendo la propria identità politica.
Puntare su due candidati, sia nel Lazio che in Lombardia, perché hanno gestito bene il COVID non è servito ad arginare la disaffezione dell’elettorato verso una proposta politica non ritenuta, evidentemente, vincente.
Questo il punto: il candidato vince se è credibile la sua offerta politica. In mancanza, perde.
Il PD, nonostante ha perduto il Lazio, si è in fin dei conti salvato, ma non potrà fare a meno di aprire un dialogo con il duo Renzi-Calenda e con l’avvocato del popolo, Conte.
In questo pasticcio, il governo ne esce rafforzato e non poteva essere altrimenti, non c’è stato neanche il tempo di costruirsi una idea, positiva o negativa, sul modus operandi di una coalizione a trazione destrorsa.
Il “campo” politico sarà comunque un cantiere in corso, vieppiù considerando i prossimi appuntamenti elettorali: le Europee, le Comunali e forse le Provinciali, nell’auspicato caso dell’abrogazione della scellerata riforma Delrio che, unitamente a quella dei porti italiani, si sono rilevate deleterie e disastrose per la Nazione e la portualità nazionale.
La crisi delle opposizioni senza leader, programmi e classe dirigente, consentirà a Palazzo Chigi di affrontare, abbastanza serenamente, una inevitabile e prevedibile crisi di crescita.
E che la politica sia poco credibile emerge anche dal vedere una Nazione che si avvita su di un surreale dibattito su Sanremo: non possiamo ridurci a chiedere ad Amadeus di dettare i temi politici del Paese o ad interrogarci sui motivi della presenza non politica di Mattarella al Festival o, di converso, sui motivi della presenza politica di un comico che ci spiega la Costituzione.
I temi sentiti, quelli seri, sono assenti o poco dibattuti nell’agone politico: dalla legalità all’anticorruzione e all’antimafia; dal fallimento del regionalismo al municipalismo; dalla crisi delle aree interne al progresso di quelle costiere; dalla sanità pubblica inefficiente, con l’81% di chi ha cercato di prenotare un appuntamento con il servizio sanitario nazionale per poi non curarsi o pagare di tasca propria, a quella privata performante e premiata; dalla necessità di creare un nuovo modello di mobilità sostenibile oggi in crisi per l’incremento esponenziale dei costi energetici e per la crisi post Covid.
In conclusione, il primo vero dato su cui riflettere di queste regionali è il seguente: l’opposizione al centrodestra non c’è, considerato che il Partito democratico, il Movimento 5 stelle e Azione-Italia viva pensano solo a combattersi tra loro con il singolare risultato che l’unico ad aver tenuto, il PD, è stato proprio quello senza guida. Un record, negativo, tutto italiano.
L’altro dato da non sottovalutare è che la presidente Meloni è libera di governare, avendo l’unica vera opposizione all’interno della sua maggioranza e questo le consentirebbe di rafforzarsi in Europa e consolidare l’asse con Draghi.
Nell’interesse della Nazione.
Buona fortuna a tutti.
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