22 Novembre 2024
Cronaca

Evasione dal tribunale di Firenze “cercasi Alfonso…..disperatamente!”

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La rocambolesca evasione del detenuto tunisino che evade dal tribunale con le manette ai polsi, dopo aver rotto il naso ad un Assistente Capo del Corpo di Polizia Penitenziaria, è “soltanto” la ventesima aggressione sul territorio nazionale subita dal personale in poco meno di due settimane!

Perugia, Biella, Aversa, Rovigo, Sanremo, Monza, Bari, Cassino, Alessandria, Terni, Reggio Calabria…i teatri delle violenze nel silenzio imbarazzante dell’inquilino di Via Arenula. L’evasione fiorentina riporta però al centro, la questione madre che affligge il mondo penitenziario che il guardasigilli conosce ma si ostina ad ignorare: il pendolarismo dei detenuti.

Ogni traduzione esterna al carcere malcela delle insidie, basti pensare che per la vicenda fiorentina almeno trenta sarebbero stati i detenuti tradotti con circa quindici agenti in ausilio.

A Firenze, in queste ore, si sta braccando un pericoloso criminale, le Forze dell’Ordine sono chiamate ad uno sforzo ulteriore per garantire l’incolumità dei cittadini perché il profilo delinquenziale del tunisino in fuga desta una legittima preoccupazione.

In diverse circostanze abbiamo chiesto al ministro una inversione di tendenza che testimoniasse la comprensione della questione: potenziare il numero delle sale in ogni istituto penitenziario del Paese affinché le udienze si possano tenere in videoconferenza!

Da “governatore” dell’universo della Giustizia avrebbe dovuto far comprendere agli “uomini forti” del Paese (giudici, magistrati, qualche avvocato penalista di rango e, magari, alle alterne compagini governative di maggioranza) il perché una traduzione esterna al carcere in meno costituisce, incontrovertibilmente, un momento di sicurezza in più per la collettività.

Al convinto “riformatore” della Giustizia abbiamo fatto notare, numeri alla mano, come contenendo le visite ambulatoriali esterne al carcere riportando i medici specialisti all’interno delle mura per le visite di controllo e di routine dei detenuti, gran parte delle traduzioni potrebbero essere ovviate ed il personale di Polizia penitenziaria diversamente impiegato.

“Due questioni note che necessiterebbero di interlocuzioni certe ed una riforma veramente essenziale: il rapporto tra la medicina penitenziaria ed il Servizio Sanitario Nazionale”.

Con queste parole il Segretario Generale del Si.N.A.P.Pe – Sindacato Nazionale Autonomo Polizia Penitenziaria – Dott. Roberto SANTINI ha inteso esprimere la vicinanza dell’associazione al personale che quotidianamente è impiegato nei servizi di traduzione dei detenuti offrendo, altresì, una visione tout court del sistema carcere.
“Ricorrere ad una citazione cinematografica, auspicando che qualcuno si possa “impossessare” dello scranno di Via Arenula, è una metafora certamente irriverente frutto però dell’esasperazione, dello stato di tensione e di sconforto che serpeggia tra il personale per quello che, al momento, appare come un fattore inevitabile e collaterale: la violenza fisica, l’aggressione”.
Certo, spiace dover appurare che un ministro molto social come Alfonso Bonafede non abbia espresso una parola sulle aggressioni in danni al personale del Corpo di Polizia penitenziaria: in fondo ne è solamente il Capo!

La Segreteria Generale Si.N.A.P.Pe


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