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Facciamo chiarezza sul Regionalismo differenziato

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di Luigi Ruscello

Le polemiche sul ddl Calderoli sono figlie di una certa disinformazione di base e foriere di una maggiore confusione. Il voto del Senato che affossa la legge costituzionale di iniziativa popolare promossa dal Prof. Villone (A.S. 764) dimostra che è necessario un partito del Sud?

Premesso che sono da ammirare e sostenere coloro che si battono contro la cosiddetta “autonomia differenziata”, si può osservare che spesso prevale la più sfacciata “disinformazione”, che in taluni casi può divenire vera e propria malafede.

Chi scrive non è mai stato leghista e mai lo sarà, ma non si permetterà mai di scrivere o dire, come molti purtroppo stanno facendo, che l’autonomia differenziata (sarebbe più corretto dire e scrivere “regionalismo differenziato”) la vuole la Lega o, rectius, che sia una sua creazione. Prima di tutto perché essa è prevista al comma 3, art. 116, dalla “costituzione più bella del mondo”, voluta dal Centro-sinistra nel 2001, e, poi, perché con il DDL di Roberto Calderoli del 2023 (A.S. 615) non si procede affatto alla sua realizzazione.

Al riguardo è bene ricordare, o far sapere a chi non lo sa, che un DDL contenente le identiche criticità di quello attuale fu approvato addirittura dal Governo di Romano Prodi nel Consiglio dei Ministri n. 93 del dicembre 2007, che però non ebbe seguito. E, nonostante oggi si faccia un gran baccano sui famigerati LEP, in quel DDL non ce n’è traccia.

Con la legge di stabilità 2014, poi, Enrico Letta primo ministro (guarda un po’, anche lui un leghista), si è stabilito che il Governo si deve attivare, entro sessanta giorni, dal ricevimento delle iniziative delle Regioni presentate al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali e delle autonomie, ai fini dell’intesa, di cui all’articolo 116.

D’altronde, quando il 28 febbraio 2018 furono addirittura firmate le pre-intese tra il governo Gentiloni (guarda un po’, anch’esso leghista) e le tre regioni nordiste della Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna (guarda un po’, del PD) non c’era nemmeno uno straccio di legge quadro come quella di Prodi e ora di Calderoli.

Quando poi, dopo le elezioni del 4 marzo 2018, la Lega e il M5S sottoscrissero il Contratto per il “Governo del Cambiamento” alle pagine 36 e 37, tra l’altro, si legge quanto segue:

«Sotto il profilo del regionalismo, l’impegno sarà quello di porre come questione prioritaria nell’agenda di Governo l’attribuzione, per tutte le Regioni che motivatamente lo richiedano, di maggiore autonomia in attuazione dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione, portando anche a rapida conclusione le trattative tra Governo e Regioni attualmente aperte.» Cosicché, anche il M5S non può alzare la voce più di tanto.

Un altro DDL, sempre come quello di Calderoli, è stato poi predisposto addirittura dal governo dei migliori, cioè il governo di Mario Draghi. E il suo estensore, cioè il Ministro per gli affari regionali e le autonomie (guarda un po’, Boccia del PD) nel febbraio 2020, in audizione nella Commissione per le Questioni regionali, sentenziò che chi era contro l’autonomia differenziata era contro la Costituzione.

Insomma, il DDL Calderoli è acqua fresca, in quanto, se in Parlamento venisse approvata la legge che recepisce i contenuti delle intese concordate tra regione e Governo e con la quale si devolvono effettivamente forme e condizioni particolari di autonomia, non ci sarebbe più nulla da fare. Tale legge, detta “rinforzata” perché deve ottenere il Sì non dei votanti ma della maggioranza assoluta sia dei deputati, sia dei senatori, non si potrebbe infatti nemmeno sottoporre a referendum abrogativo, come invece potrebbe avvenire per il DDL Calderoli.

Le attuali opposizioni parlamentari, invece di gridare al fascismo, hanno perso l’occasione per un’azione di forza. È vero che la legge costituzionale di iniziativa popolare, promossa dal Prof. Villone, con la quale si voleva intervenire proprio sulla Costituzione per modificare taluni aspetti degli artt. 116 e 117 ed evitare proprio la “secessione dei ricchi”, è stata affossata in Senato col voto contrario dell’attuale maggioranza. Ma, se si fosse raggiunto un numero considerevole di firme, cioè di almeno 500mila, si sarebbe almeno dimostrato che nel Paese vi è una volontà contraria, tale da vincere un eventuale referendum. Invece, ne sono state raccolte 105.937 bastevoli solo a far discutere la legge in Parlamento perché superiori alle cinquantamila previste dal secondo comma dell’articolo 71 della Costituzione. Se il Partito Democratico, che oggi sembra il nemico numero uno dell’autonomia differenziata, avesse appoggiato tale proposta si sarebbe potuto raggiungere tale obiettivo, Ma non l’ha fatto perché, ad esempio, in Emilia-Romagna sono state raccolte solo 2.879 firme.

Solo un partito del Sud potrebbe mutare il quadro politico-economico. Ma i meridionali ne sarebbero capaci? Temo proprio di no, anche alla luce del fatto che tra i voti contrari alla riforma Villone, ve ne sono stati ben 45 di senatori eletti nel Mezzogiorno.

D’altronde, il prossimo 2 dicembre compirà cento anni il famoso “Appello ai meridionali” di Guido Dorso che è rimasto del tutto inascoltato. In esso, tra l’altro, così si legge: «Combattere, oggi e sempre, le deviazioni dei partiti storici, svenarne i sottintesi e gli equivoci, incanalare le idee verso correnti la cui serietà non sia discutibile, provocare, se occorre, anche la formazione di nuovi partiti, fino a quando le oligarchie antimeridionali non siano battute, ecco il nostro compito.»

 

di Luigi Ruscello

NOTA BIO-BIBLIO

 

Luigi Ruscello

nato a Benevento il 29 maggio1946

residente in Benevento (82100) alla Via Avellino, 11/A Cell. 3405439526

e-mail [email protected]

Ha compiuto gli studi classici ed è laureato in Scienze politiche. Ha conseguito l’abilitazione alla professione di dottore commercialista e di revisore legale. Dal 1967, anno in cui inizia la carriera bancaria, si occupa di problemi economici. Ha collaborato con giornali, riviste e l’Eurispes. È autore di studi a carattere statistico-economico, tra i quali:

Benevento provincia interna. Lineamenti economici e ipotesi di sviluppo (1974)*;

Aspetti statistici del credito agrario in Campania (1977)*;

Lo sviluppo economico delle zone interne (1978);

I bilanci delle aziende di credito per gruppi dimensionali (1988);

Benevento e il Mezzogiorno (2010);

Turismo e sviluppo. Il caso di Benevento (2014);

La questione meridionale non avrà mai fine (2016), premiato 15 volte;

Giornata della memoria, neoborbonismo e cause perdute (2018)*, premiato 1 volta;

Secessione dei ricchi o svilimento della questione meridionale? (2019)*;

Brevi considerazioni sull’emigrazione vecchia e nuova (2019)*;

È realizzabile il regionalismo differenziato? (2019)*;

Luoghi comuni, miti e stereotipi dell’emigrazione italiana. È vero che espatriano i meridionali?

(2021), premiato 12 volte;

La riserva del 34% per il Mezzogiorno (2022 versione ridotta), premiato 1 volta;

Il turismo in provincia di Benevento. Gli indicatori di sintesi (2022)*;

La riserva del 34% per il Mezzogiorno (2023 versione estesa), premiato 2 volte;

Mezzogiorno e Germania Est. Un confronto (2023), premiato 2 volte.

Ostalgia, neoborbonismo e questione meridionale (2023), premiato 5 volte.

* reso pubblico sul sito academia.edu

 

Il link dell’OPAC in cui è indicata la produzione saggistica è il seguente: clicca qui


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