Il doppiopesismo del ddl Zan. Intervista con Mario Adinolfi, presidente del Popolo della famiglia
Per la mia rubrica ‘IL Personaggio’ sono lieta di ospitare nuovamente Mario Adinolfi, giornalista e scrittore, Presidente del Popolo della famiglia, già parlamentare della Repubblica.
Questo momento storico è caratterizzato dalla perdita della centralità. Non è più possibile nemmeno dare un nome preciso alle cose. E questo è molto preoccupante…la non definizione delle cose e delle persone.
D. Domanda, non domanda. Il ddl Zan, parliamone.
R. “Cara Anna, lo dico da mesi: il ddl Zan è morto e vengo anche preso in giro per questo fatto. Non vogliono capire che politicamente una maggioranza, che si regge sull’unità nazionale, non può permettersi lo strappo politico per quanto innescato da una lobbie potente. Finché c’era il Governo Conte due, a maggioranza giallorossa (che sono poi i proponenti della legge Zan) era possibile che la legge Zan vedesse la luce, infatti fu votata alla Camera in quel contesto politico. Ora, si chiede la forzatura al Senato, dove peraltro i numeri sono esigui per l’eventuale maggioranza per la legge Zan, (questione dimostrata dalla caduta del Conte due) a quadro istituzionale completamente modificato. Per quanto gli interessi della nota lobbie siano potenti e prepotenti, si creano le condizioni per chi resiste e noi del Popolo della famiglia ci siamo in questa resistenza. Come facemmo nella legislatura precedente con la legge Scalfarotto che era identica alla legge Zan. Venne identicamente approvata alla Camera, poi ci furono le grandi mobilitazioni di massa, il family day e la nascita del Popolo della famiglia, così rimase insabbiata al Senato. E così accadrà con la Zan”.
D. Anche molti esponenti della Sinistra ritengono pericoloso il ddl Zan. Perché è pericoloso?
R. “Non solo esponenti, ma intere aree ad esempio l’area del femminismo, l’organizzazione arcilesbica che ha avuto addirittura la sede imbrattata per la sua opposizione al ddl Zan, l’ex presidente di arcigay Aurelio Mancuso, molti cattolici del Partito Democratico. E’ ovvio che questa legge può interessare solo una piccola lobbie. Perché? Perché è radicalmente sbagliata, fin dall’art. 1.
L’art. 1 afferma il self-id. Cioè dice che l’identità di genere corrisponde al genere percepito da qualsiasi persona a prescindere dalla chiusura di un percorso di cambiamento di sesso biologico. Vuol dire che io Mario mi sveglio domattina, mi dichiaro Maria e, davanti a questa identificazione con il genere femminile, la mia identità di genere diventa automaticamente quella di una donna. Questo è totalmente impensabile, tant’è che il femminismo internazionale dice ‘Donna è chi donna nasce’, nessuno può da uomo trasformarsi in donna perché così si sveglia la mattina, ciò metterebbe a rischio molte prerogative della realtà femminile. La più paradossale, di cui si è discusso in questi, giorni è quella delle competizioni sportive. Jon Biden, negli USA, firma una nota in cui si autorizzano le donne a concorrere con i trans negli sport femminili…ed ecco che degli uomini, sostanzialmente, vanno a concorrere con le donne alterando i risultati che, nel caso americano, siccome sono risultati di College permettono anche l’accesso a borse di studio, alla formazione universitaria, ecc ecc. Quindi si creano dei livelli di ingiustizia colossali, come quei carcerati che in Canada, annunciando di essere donna, in duecentocinquanta hanno richiesto i trasferimenti nelle carceri femminili producendo una serie di sconquassi, tipo stupri. E vogliamo parlare di quella donna che va a combattere le arti marziali nell’ottagono e, essendo però trans, spacca il cranio all’avversaria a forza di cazzotti?
E’ chiaro che se Mario si sveglia e si dice Maria è falso, ma gli si dà copertura giuridica. Copertura giuridica rispetto ad una cosa falsa, perché Mario rimane Mario. Quando si costruisce una norma che dà copertura giuridica a ciò che è falso, si sta facendo una norma clamorosamente sbagliata.
C’è poi la questione cruciale della libertà di opinione, il cosiddetto art. 4. Come si può pretendere che le opinioni siano libere con il ma?!
Il ma non esiste sulle opinioni. Le opinioni sono libere, lo dice la Carta costituzionale. Scrivere in un articolo di legge che sono libere fintanto che non producano effetti che istigano all’odio omotransfobico, vuol dire che l’opinione non è più libera. Se io dicessi che per me è un abominio criminale quella coppia gay che fa riferimento all’omogenitorialità e aiuta la pratica dell’utero in affitto, con la legge Zan mi potrei ritrovare accusato di aver istigato all’odio transfobico. Non sarei, dunque, libero di poterlo dire. Essendo io Presidente del popolo della famiglia e avendo scritto nel simbolo ‘No gender nelle scuole’ (noi siamo contrari al gender nelle scuole previsto dalla legge Zan con l’istituzione della festa del 17 Maggio), la mia formazione politica potrebbe essere sciolta perché equiparata a formazioni neonaziste o razziste, secondo l’equiparazione alla legge Mancino e il proponente dell’associazione, che ripeto sarei
io, pagherebbe con sei anni di reclusione. Questo non è un confronto democratico tra idee diverse, ma una sua falsificazione. Tu non puoi costruire le condizioni per cui la mia opposizione alla tua idea diventa foriera di una carcerazione possibile e dello scioglimento della mia organizzazione politica”.
D. La legge Zan priva di qualsiasi libertà. Se io etero dovessi chiamare idiota o stronzo un omosessuale, rischierei di essere incarcerata perché c’è un aggravante?
R. “C’è il paradosso che l’ingiuria è stata depenalizzata, per cui lo puoi chiamare stronzo ma se lo chiami stronzo frocio di merda, per stronzo non finisci in carcere per frocio di merda sei passibile di reato o di istigazione all’odio e discriminazione. Insomma, rischieresti il carcere con il paradosso dell’aver fatto la gerarchia delle parolacce e degli insulti”.
Non ho voluto parlare del ddl Zan per obbedire alla logica sterile delle celebrazioni. Ho voluto piuttosto fare il punto in un cammino democratico e liberale, dove non si ammette il dover accettare una legge che parla di libertà ma che poi ne pone le condizioni.
Ringrazio Mario Adinolfi per il prezioso contributo e par la piacevole conversazione.
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