Industria e globalizzazione ai tempi del Covid. Il libro di Giuseppe Sabella. Intervista con l’autore
Per la mia rubrica IL Personaggio sono lieta di ospitare Giuseppe Sabella, esperto in economia e mercato del lavoro.
Ripartenza verde. Il digitale ha introdotto un nuovo modello produttivo. Si evita così il consumo di risorse?
“In merito ci sono pareri contrastanti. C’è chi sostiene che il digitale sia molto energivoro, però io mi fido di ciò che dicono gli studi di Harvard, nella fattispecie di Andrew McAfee e del Massachusetts Institute of Technology, la più importante autorità in materia scientifico-tecnologica del mondo. Cosa ci dice McAfee sulla base delle sue ricerche? Che la progressiva digitalizzazione delle produzioni sta portando ad un consumo minore di materie prime.
Perché questo? Perché, naturalmente, in uno smartphone oggi c’è la radiosveglia, il telefono, la videocamera, il navigatore satellitare, cioè ci sono una serie di strumenti che prima comportavano il ricorso a plastica, silicio, acciaio, rame, ecc ecc.
McAfee sulla base di questi studi affermerebbe che dalla tecnologia digitale origina il processo di dematerializzazione dell’economia.
Ecco i numeri che ha rilevato da ricerche condotte negli Stati Uniti:
– l’anno 2000 segna il picco più alto dell’utilizzo dellematerie prime; dal 2000 al 2015, l’utilizzo di acciaio è calato del 15 per cento, quello di alluminio del 32 per cento e quello del rame del 40 per cento;
– tra il 1982 e il 2015 oltre 18 milioni di ettari di terra sono stati restituiti alla natura mentre il tonnellaggio totale delle colture prodotto è aumentato del 35 per cento;
– l’utilizzo dei fertilizzanti è calato del 25 per cento rispetto al picco del 1999 e nel 2014 quello di acqua è diminuito del 22 per cento rispetto al livello massimo del 1984;
– nel 2017 cala del 2 per cento il livello complessivo di energia consumata e calano anche i gas serra: tra il 2007 e il 2017 l’estrazione di gas naturale aumenta del 43 per cento e il consumo totale di carbone scende del 36 per cento, il fracking ha reso più economico l’utilizzo del gas rispetto al carbone (il primo produce il 50/60 per cento in meno di carbonio per kw/h rispetto al secondo).
I picchi dell’economia ci dicono che abbiamo consumi minori. Quindi, secondo questa tendenza, McAfee conclude che siamo all’inizio di una industria che funziona con un motore nuovo.
Difatti per il libro, uscito lo scorso anno ma ancora attuale, avevo pensato di titolarlo Motore verde, chiaramente questo nuovo motore è il digitale. Poi c’è stato il Covid, tutto lo sforzo importante dell’Unione Europea di dare delle risposte di politica economica, risposte positive che sono state date… ma dobbiamo vedere se siamo capaci di tradurle in opere concrete.”
Il cambiamento climatico. Economia circolare ed energia.
“Il grosso sforzo di dare risposta alla crisi climatica è quello di consumare sempre meno materie prime. L’economia circolare (del riciclo) da questo punto di vista è molto importante. In Italia ricicliamo il 79% dei nostri rifiuti e siamo il Paese che più ricicla, siamo l’eccellenza europea.
L’altra strada dell’economia sostenibile è l’energia da fonti rinnovabili. Anche in questo caso, siamo a circa il 35% in Italia di consumo di energia da fonti rinnovabili. È un dato superiore alla media europea. Il nostro Paese è e resta la seconda manifattura europea. Certamente sostenibilità vuol dire anche occupazione. Più andiamo avanti e più l’industria si trasformerà.
Esempio. Le automobili. Passare dal motore endotermico al motore elettrico, questo significa che le industrie trasformano la loro produzione, quindi molte posizioni lavorative verranno meno e ne apriranno di nuove. Lo sforzo lavorativo, dunque, sarà quello di proiettare il lavoro verso nuove competenze. Il che significa che lavoratori e lavoratrici hanno bisogno di formazione. Siamo incamminati verso il nuovo e serve un grande sforzo di trasformazione del lavoro.”
L’industria è un bene comune. Il concetto di Industry 4.0.
“Mentre l’Europa è già avanti con ‘misure’ che già affrontano il tema del 5.0, da noi di 4.0 non si parla più. Nel linguaggio comune industria 4.0 suona come il mostro di Loch Ness. In termini molto semplici industria 4.0 è la digitalizzazione più la spinta del processo produttivo, un avvicinamento potente tra tecnologia e produzione. Oggi, la manifattura non si avvale solo di macchine ma anche di software. Il che significa una riduzione della distanza tra industria e servizi. Il 4.0 si nutre di dati che arrivano sempre più dalla connessione che l’industria ha con l’ecosistema circostante e in ragione di questa connessione la produzione è sempre più il terminale di qualcosa che è molto vicino al consumatore.
Il mercato dell’auto ad esempio: il consumatore arriverà a comprare auto customizzando la sua scelta in fase di acquisto online.
Oggi Amazon non è ancora nella condizione di farlo, perché il rapporto costi benefici sarebbe troppo basso, però quando compriamo un libro, sui social network, sulle nostre pagine arriva sempre più un prodotto similare a quel libro che abbiamo acquistato.
Questo avviene perché attraverso l’intelligenza artificiale il grande commercio online ti propone prodotti che possono interessarti. Cosa accadrà un domani? Accadrà che ti manderanno a casa dei prodotti che potrebbero interessarti e se non ti interessano li mandi indietro. In America già c’è una tipologia simile.
Il 4.0 è il mondo delle persone connesse. Si tratta di un nuovo paradigma che riguarda l’impresa e i processi produttivi che ha come valore aggiunto la centralità della persona.”
Lavoro, economia e ripartenza verde con al centro la persona.
Grazie a Giuseppe Sabella per il prezioso contributo.
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