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Innerself Creative Approach, il nuovo metodo di scrittura di Chiara Tortorelli diventa un progetto culturale

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Da editor ed autrice di libri, ad ideatrice di un nuovo metodo creativo, l’ Innerself Creative Approach. Chiara Tortorelli, saggista, docente di scrittura, giornalista e scrittrice napoletana, mette a punto una nuova tecnica di scrittura da lei largamente usata, per continuare a tratteggiare personaggi e storie, divulgando il suo approccio interiorizzante anche ad un progetto culturale dedicato ai giovani e intitolato Agorà.

Dai suoi libri emerge l’importanza del dialogo come strumento di conoscenza ed interazione tra il lettore ed il personaggio. Dalla sua scrittura trae valore l’universo femminile e l’attenzione per il mito e la storia, riportata ai nostri tempi. L’autrice di “Tabù” (Homo Scrivens), “Noi due punto zero” (Homo Scrivens), “Lilith” (Homo Scrivens) e “Storia pettegola di Napoli” (Newton Compton editori), rivela il segreto della sua scrittura di successo, basata sullo sviluppo dell’Interiologia.

Chiara, l’Interiologia è una tecnica spirituale di cui fai largo uso nei tuoi libri. Come si crea una connessione tra Innerself approach e pratica creativa?

Si crea mettendo a fuoco la creatività che fa leva sul pensiero laterale. Si ricorre ad esempio alla tecnica dei sei cappelli del pensare, che io applico sempre alla scrittura e che permette di farci scivolare moralmente nell’ideologico mantenendo lo sguardo sull’interiorità. Il primo cappello a cui si fa riferimento è neutrale, ossia il bianco, che ci mostra il possibile senza il lato emozionale; il secondo è un cappello rosso, prettamente emotivo che evidenzia la parte delle emozioni portata all’eccesso; il terzo il cappello nero, invece, tende a mostrare le cose negative; il quarto, il cappello verde pone in risalto la speranza dell’azione narrativa destrutturando il pensiero monolitico e poi cerco di percepire attraverso l’attenzione, di sentire il mio corpo, arrivando fino in fondo a me. Con il cappello giallo applico poi il pensiero positivo per vedere possibilità dove sembra non ci siano, mentre con il cappello blu arrivo all’autocontrollo in sequenza, scandagliando le alternative di azioni e reazioni.

In che modo questa tecnica può essere adoperata per mettere in luce i personaggi di una storia?

I personaggi di cui parlo nei miei libri attraverso la personalizzazione, mi permettono di sentire dentro ciascuno di loro. Praticamente, mi metto in ascolto delle loro azioni vivendole a livello sia storico che corporeo; cerco un piccolo spazio di risonanza attraverso il quale riportare le loro vite a me e lo faccio tenendo conto dei sentimenti universali, delle categorie di pensiero universali che tento di trasportare, rispetto alla dimensione storica, in una visualizzazione obiettiva e creativa, letta nella regressione non solo dello spazio, ma anche dell’immaginazione.

-Il tuo metodo introspettivo diventa un progetto culturale per i giovani. Perchè chiamarlo Agorà?

Agorà è nato a causa della virtualità esponenziale in cui vivono i ragazzi di oggi e che li sta portando ad una idealizzazione estrema del sé; cosa che spesso può produrre violenza. Siamo precipitati in un’arena con leoni da tastiera, per questo resta indispensabile uscire dall’arena da cui si rischia di essere inghiottiti, per ritornare alla cura della condivisione.

Viviamo in un mondo liquido che ci porta alla frantumazione dell’identità. Cerchiamo immagini di autorappresentazione per dire che l’io esiste e l’altro ha il potere di cancellarci. La possibilità che esista un dentro diverso da me la sentiamo pertanto minacciosa. Questo è quello che ci propina la logica contemporanea ed io volevo fare, in controtendenza, incontri di allenamento all’agorà. Desideravo che ci si decentrasse dall’isolamento attraverso un progetto pensato per le scuole, realizzato in collaborazione con la casa editrice Homo scrivens e con la libreria Io ci sto. In questa iniziativa si prevedrà un’area tematica con dibattito diviso per incontri su un libro e dunque su un personaggio. Si individueranno due posizioni diverse, sulle quali poi attraverso l’ironia, si cercherà di disidentificare l’io e l’egocentrismo, smontando la propria convinzione. L’ironia, per dirla alla Corrado Guzzanti, presenta il mio punto di vista in un altro mondo e resta indispensabile per avere una lettura di sè e dell’altro completa. Ho previsto in questo progetto anche l’angolo dei sofisti con due opinioni di scontro, al punto che ognuno entra poi nella tesi dell’altro difendendola fino a un momento di ritorno al pensiero di insieme, che avviene attraverso il silenzio. Alla fine poi c’è l’integrazione del pensiero dell’altro, che non sarà retorica ma integrazione fatta di azioni ed allenamentoall’elaborazione di una tesi.

– Cosa significa dunque, scrivere un libro personalizzandolo?

Significa compiere un lavoro continuo nel riportare con la scrittura il personaggio a me stesso, attraverso la tecnica della personalizzazione. Ho provato ad applicarla a diversi ambiti della mia vita, prendendo spunto dal pensiero delle scuole spirituali. Pensiamo a cosa ci insegna anche la fisica quantistica, permettendoci di scegliere e di vedere dentro noi, qualcosa all’esterno come elemento che ci riflette. Questa focalizzazione innesca un processo di personificazione allorchè il singolo riconosce la necessità di creare un legame tra esterno ed interno.

Nel mettere a punto questo metodo, quali sono i tuoi maestri di scrittura e qual è il tuo pensiero di riferimento?

Secondo me Marcel Proust e James Joyce perché con il flusso di coscienza che io adopero spesso, hanno dato trasparenza all’individualità ed io ritengo che oggi, soprattutto con la scrittura, si abbia la necessità di entrare nella centralità dell’individuo cosicché il futuro possa creare una rete di percezioni ed interazioni che ci permetta di costruire consapevolezza.

Quali saranno i tuoi futuri progetti di scrittura?

Sto lavorando ad un libro sul ‘900 concepito come uno spazio che racconta l’arco temporale dalle migrazioni fino alla seconda guerra mondiale per arrivare gli anni ’70 analizzando la figura della donna. L’altro libro è una sperimentazione con cui sto cercando di mettere in mostra il mito antico trasposto nei nostri tempi. Racconterò le figure degli archetipi femminili come Antigone, Medea, la stessa Maria Maddalena o Maria, trasferendole nell’attualità. Con questi lavori di scrittura proverò a fare dei collegamenti tra la poesia epica e l’oggi, letto in prima persona.


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Pina Stendardo

Giornalista freelance presso diverse testate, insegue la cultura come meta a cui ambire, la scrittura come strumento di conoscenza e introspezione. Si occupa di volontariato. Estroversa e sognatrice, crede negli ideali che danno forma al sociale.