INTERVISTA – Alessandro Preziosi é Van Gogh: “Per Vincent i quadri hanno voce più delle persone”
Caserta, 23 feb. – Alessandro Preziosi conclude la sua esperienza immersiva nell’anima del pittore Vincent Van Gogh, al Teatro Comunale di Caserta.
Ultima replica de ‘L’odore assordante del bianco’, domenica 23 febbraio.
Chi dipinge si lascia attraversare come una porta. Non vive più per se stesso, ma per far vivere le cose. Ritualità é aprire le tende di una stanza, come di un teatro…come se le cose venissero lanciate addosso con violenza a chi osserva: colori, linee, forme, in scena con Alessandro Preziosi é un’esplosione che sconfigge. E lui resta fermo lì davanti all’universo che lo schiacciava per essere dipinto.
La rappresentazione intensa, taglia la tela dell’anima di Van Gogh, imprigionata nel corpo dell’artista e tra le mura del manicomio di Saint Paul, luogo in cui il bianco assoluto ed asettico spaventa il pittore amante del giallo e dei colori della natura.
Preziosi impazzisce e sogna contemporaneamente con la riproposizione dell’artista olandese. Offre una visione intensamente emotiva delle ragioni espressive del fautore de ‘La notte stellata’ o de ‘I girasoli’. Alessandro conosce il dolore degli ospedali, la solitudine che vi alberga dentro. Queso perché da 16 anni collabora con la Onlus Adricesta che lo segue in ogni appuntamento, informando su quante installazioni siano già state realizzate nelle strutture ospedaliere di tutta Italia grazie all’impegno dell’attore napoletano. L’occasione del primo incontro con l’associazione avvenne 16 anni fa per soddisfare il desiderio di una paziente adolescente di incontrare il suo attore preferito. Alessandro subito accorse. La ragazzina purtroppo non sopravvisse alla malattia e Preziosi da allora decise di sostenere la guarigione dei piccoli degenti degli ospedali italiani.
Ospite de ‘Il salotto a teatro’ della giornalista Beatrice Crisci, Alessandro si è raccontato al pubblico, rispondendo ad alcune nostre domande:
– Alessandro, dopo una lunga tournée in cui è entrato nelle pieghe dell’anima di Van Gogh, come crede di aver conciliato mutevolezza ed eternità nel suo personaggio letto con gli occhi di oggi?
Non c’è nessun mezzo attraverso il quale mi sembra che la società percepisca oggi l’andamento esistenzialista come lei lo ha proposto. L’arte in qualche modo non credo riesca ad assolvere concretamente a pieno a questa funzione, a farsi questa domanda e soprattutto a darsi questa risposta. Sicuramente la modalità con cui oggi l’arte procede sembra essere legata ad un approccio di fasulla impermanenza. Mutevolezza ed eternità sono due temi importanti e delicati. Mi viene da pensare che i quadri di Van Gogh siano eterni perché sono rimasti, ma il nostro modo di guardarli è mutevole. Il nostro modo di approcciarci all’arte è mutevole, così come il modo di avvicinarsi di un attore ad un personaggio.
– Che colori ha dato lei al suo Van Gogh?
Ho avuto la fortuna di poter fermare per un istante mentre recito, la vita di un grande artista che prima conoscevo poco. Mentre negli altri spettacoli c’era un sottilissimo sottotesto che deve essere tirato fuori, con Van Gogh è stato tutto più facile. La sua stratificazione mi ha permesso di pensare intensamente a cose della mia vita. Il suo avere avuto a che fare con delle cose meravigliose, con dei panorami che squarciano l’anima mi ha lasciato innumerevoli ed infinite emozioni, di cui solo poche cose adesso mi vengono in mente, perché sono assorbito attraverso il bianco, dai colori multiformi dell’artista. La sua solitudine mi ha aiutato a leggere i bisogni degli esseri umani e della società odierna.
– Prima di questo lavoro, conosceva a fondo Vincent?
Non avevo assolutamente la percezione dell’anima dell’artista. Ho imparato ad amare l’arte attraverso le compagne che ho incontrato nella mia vita. Mi sono perciò approcciato così a Van Gogh, tanto da affidarmi a Vincent man mano che lo interpretavo a teatro; ora che sta per finire questa esperienza sono grato all’artista per quello che mi ha lasciato.
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