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Intervista – Nunzia Schiano, la tata del Commissario Ricciardi: “Mi piace dare tridimensionalità ai miei personaggi”

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Napoli, 23 febbraio – Un’attrice di spessore, una donna pragmatica ed attenta, Nunzia Schiano. Con lei ridiamo e ci emozioniamo a teatro e sul piccolo o grande schermo. Merito questo dei tanti anni trascorsi a recitare, a partire da quando all’oratorio si dava da fare nelle prime rappresentazioni teatrali.

Le sue origini sono legate alla città di Portici, giardino di Napoli e lido delle prime gioie e rimembranze di Nunzia. La forza di questa città ritorna nel brulichio di voci ed anime che abitano la Schiano, donna colta, umanamente attenta al mondo che la circonda, da cui trae gli spunti interpretativi restituiti con intensità e leggerezza al suo pubblico.

Amante della letteratura gialla, la Schiano ha letto tutta l’antologia del genere: dagli autori più rinomati fino a quelli contemporanei tra cui rientra anche Maurizio de Giovanni, padre letterario de ‘Il Commissario Ricciardi’, di cui poi è diventata protagonista in tv.
Apprezzata dal grande pubblico per i ruoli materni e comici che al cinema le hanno dato la consacrazione con Alessandro Siani in ‘Benvenuti al Sud’, la Schiano che ha esordito nella musica popolare, ha tratto da qui tutta l’essenza dell’ancestralitá che poi ha restituito sul palcoscenico.

Il teatro è entrato con costanza nella sua vita con il gruppo de ‘I Rinnovati’. Il confronto con i grandi autori, come Pirandello o De Courtelain le hanno permesso di acquisire la bio meccanica dell’attore, fatta di capacità di muoversi sul palcoscenico ed esprimere emozioni, senza proferir parola, mettendo in gioco la sola mimica.

Questa prerogativa rende la Schiano volto stimato in ogni sua esperienza professionale ed è espressione autentica di tutta l’artisticità partenopea.

Attualmente è protagonista su Rai1 della serie tv ‘Il Commissario Ricciardi’ in cui ogni lunedì ci offre un lato della sua Tata Rosa, balia amorevole del “signorino suo”, di cui ci racconta in questa intervista.

L’ INTERVISTA

Nunzia, l’Italia intera la sta ammirando nel ruolo di Tata Rosa, da lei interpretato nella serie ‘Il Commissario Ricciardi’. Che rapporto ha con il giallo e quali letture per lei sono fondamentali?

Sono un’amante della letteratura gialla, che spesso è considerata minore. Ho i miei autori di riferimento: Wolf, Makaris, Carlotto, Camilleri e naturalmente Maurizio De Giovanni. La gioia di interpretare un ruolo nella serie tratta dai suoi libri è pertanto duplice per la mia persona. C’è poi un altro libro che nel tempo è diventato un riferimento: “Ti ho amata per la tua voce’, di Sélim Nassib, che parla di una cantante araba che con la sua voce attraversò la fama in tutti i regimi susseguitisi in 50 anni di storia. E’ l’espressione dell’Arte che con la sua grandiosità divora qualsiasi difficoltà.

Nel tessuto del racconto de ‘Il commissario Ricciardi’ compaiono personaggi pieni di anima e carne (intesa come passione ancestrale che muove le vicende), in bilico tra teatralità e fiction. Come si muove Tata Rosa in questo contesto e con quali occhi osserva la realtá del “signorino suo”?

In genere per questo tipo di personaggi ho un approccio naturale col loro vissuto; mi baso su quello che la vita mi offre come spunto. Mi ispiro ad esempio ai ricordi di persone anziane che hanno segnato la mia vita, trascorsa per tanti anni in campagna. Qualcuno ha detto che Tata Rosa non è cilentana, perchè non si esprime nel dialetto stretto cilentano; ho preferito concentrarmi sull’anima di Tata Rosa e sul suo rapporto con Ricciardi. Quando le tante persone che incontro mi dicono che il mio personaggio somiglia a una loro nonna, alla mamma o a qualcuno della loro infanzia, capisco che il mio lavoro è andato dunque a buon fine.

Tata Rosa ce la mette tutta per indirizzare il signorino suo, perchè sente il dovere morale di lasciare il testimone della cura di Ricciardi a qualcun altro dopo di lei. Fino alla fine cercherà di aiutarlo a capirlo”.

– Ha fatto suo un ruolo topico della commedia: quello della nutrice che acquista rilievo notevole per l’anagnorismós, ovvero lo sviluppo della vicenda. A chi si è ispirata nella vita reale ed in che modo evolverà il suo personaggio nelle prossime puntate della serie?

Rosa è la dimostrazione della forza delle donne che da sempre nel mondo agricolo sono in grado di gestire la famiglia. La mamma di Ricciardi era una donna nobile, ricca ma problematica; Livia è eterea, mentre Enrica ha studiato. Tra tutti questi personaggi femminili appassionati, Tata Rosa è la concretezza come la moglie di Maione. Sono donne che hanno avuto a che fare col dolore e decidono di sacrificare l’esistenza ad un ideale. Tata Rosa è tutta immersa nel suo tempo. Per interpretare il mio personaggio mi sono ispirata un po’ a mia madre, alle mie nonne; soprattutto alla nonna paterna vissuta nelle campagne di Somma Vesuviana. Durante le mie estati ero spesso in Abruzzo dove vedevo donne belle fiere, dalla pelle bruciata dal sole perchè contadine. A tutti questi elementi che fanno parte della mia esistenza ho aggiunto lo studio significativo sulla vita negli anni Trenta, di una ragazza come Rosa che ha iniziato a lavorare a servizio, a 14 anni, nella casa di una nobildonna. Rosa è stata una giovinetta dotata di un’intelligenza intima che le ha permesso di gestire anche l’economia di casa nella famiglia di Ricciardi. E’ una donna forte ed energica come continuerà a dimostrare nella serie.

Dolce e attenta, Tata Rosa come la più nota Euriclea di omerica tradizione, riconosce negli occhi del suo bambino, passioni e tensioni. Dal momento che il Commissario ha un carico di vita importante, Tata Rosa si sente più un’eroina tragica o una figura antica che interviene nella modernità del ruolo femminile?

É forte e ruvida la mia Rosa. Qualcuno pensa che “essere tutto d’un pezzo” non lasci spazio al sentimento, ed invece Rosa mostra il contrario. Nella quarta puntata ad esempio mostra tutta la preoccupazione per il suo bambino diventato ormai uomo ed in pericolo di vita. E’ stata quella la scena in cui l’essere figura antica, ha abbracciato la modernità. Una donna che ama, una madre, vive i sentimenti con totalità in ogni tempo. Nell’ospedale in cui il Commissario viene operato, con set ambientato a Nocera, ho cercato di mostrare tutto il sentimento che avessi dentro. Un attore non deve mai vivere di sola facciata, anche perchè ho rispetto del pubblico e so benissimo che riesce a distinguere chi lavora per loro con intensa verità.

– Sul set la napoletanitá trasudava in ogni dove. Quanto l’ha ispirata in questo ultimo lavoro ‘Mamma Napoli’ e cosa ha significato per lei girare ed andare in onda in un periodo di pandemia?

Le mie scene sono state girate tutte a Taranto prima della pandemia, con una breve parentesi a Nocera. Gli ultimi dettagli della serie sono invece stati girati durante la pandemia. Napoli si riverbera in tutta la scrittura di De Giovanni; Alessandro d’Alatri è un amante della nostra città e questo incontro tra scrittore e regista, lascia emergere l’amore assoluto per la nostra terra nella fotografia della serie, nella scelta degli attori. Tutto questo dice che Napoli bella e retrò al contempo, non va mai dimenticata con la sua cultura, i suoi edifici.

Si comunica la nostra cultura in un momento in cui siamo tutti a casa, attenti ogni lunedì alla serie che ci tiene compagnia. Aspettiamo il nostro appuntamento con la storia ed i personaggi (anche io sono pubblico, perchè sono puntualmente davanti alla tv). Questo periodo storico ci fa capire che siamo fortunati ad avere la possibilità di svolgere il nostro compito, sapere che il pubblico ci aspetta, aspetta la nostra recitazione, é un onore. Lavorare per la tv è un regalo che facciamo in questo tempo al pubblico e a noi stessi.

Quale altro personaggio le piacerebbe interpretare dopo Tata Rosa e soprattutto, ripensando al suo battesimo sul palcoscenico, cosa prova oggi che è affermata?

Se penso alla prima volta che ho messo piede sul palcoscenico, mi viene in mente l’incoscienza, l’impatto goliardico di allora. Oggi c’è invece grande consapevolezza. Vero è che io ho un modo di concentrarmi anticonvenzionale: prima di entrare in scena scherzo, gioco con i colleghi, però appena sono in azione, in un secondo la mia concentrazione arriva ed ha una carica fortissima. Quanto al ruolo che vorrei interpretare posso dire tutto e niente, nel senso che amo i personaggi che “mi creano problemi” ovvero che siano complessi e mi consentano di essere un equilibrista. In generale amo interpretare l’umanità e dare tridimensionalità ad ogni testo scritto, sia esso un copione teatrale, un libro o una sceneggiatura.

Oltre a ‘Il Commissario Ricciardi’, la rivedremo in altre serie tv che per fortuna stanno dando prosieguo alla loro attività. Eppure il teatro è incatenato. Da professionista del settore, quanta “teatralità” legge in queste scelte e che appello intende lanciare alla collettività affinché si faccia promotrice di un ritorno alle scene e in platea?

Sto lavorando sul set per altri appuntamenti che a breve scoprirete al cinema, senza dimenticare il teatro. In tal senso ho già gettato le basi per uno spettacolo futuro che spero di realizzare a fine 2021. Prossimamente mi vedrete nel cast della nuova fiction di Rai1 ‘La bambina che non voleva cantare’, dedicata a Nada.

Quanto al delicato momento che stiamo vivendo come lavoratori dello spettacolo, sono un membro dell’Associazione Unita che ha predisposto a partire da ieri una serie di mobilitazioni per sostenere il lavoro degli attori. Questa pandemia ci ha fatto capire che è arrivato il momento di far sentire la nostra voce, di evidenziare il rispetto che la nostra arte merita perchè deve cambiare il peso dato al nostro lavoro. E’ tempo di consapevolezza da parte di noi attori, del pubblico e delle istituzioni.


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Pina Stendardo

Giornalista freelance presso diverse testate, insegue la cultura come meta a cui ambire, la scrittura come strumento di conoscenza e introspezione. Si occupa di volontariato. Estroversa e sognatrice, crede negli ideali che danno forma al sociale.