Attualità

Ivano Di Meglio con le sue ricerche storiche continua a retrodatare la comparsa dei nomi dei comuni dell’isola d’Ischia e a ricostruire l’origine dei cognomi isolani

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di Gennaro Savio

Continua il certosino e capillare lavoro di ricerche storiche da parte del giovane Ivano Di Meglio che con passione e dedizione giorno dopo giorno riesce ad aggiungere tasselli importanti alla storia dell’isola d’Ischia. Sfogliando registri e manoscritti secolari sta riuscendo a retrodatare sempre di più la comparsa dei nomi di comuni, frazioni e contrade dell’isola d’Ischia e a riscostruire l’origine dei cognomi isolani retrodatando, anche in questo caso, la loro comparsa sull’isola Verde. Quello che sorprende di più è che questo enorme lavoro di ricerca lo stia portando avanti non uno storico di professione, ma uno storico per passione. Infatti Ivano Di Meglio è un giovane ed apprezzato barman componente dell’A.I.S., associazione italiana sommelier, la cui sete di conoscenza a riguardo della storia della nostra Isola, lo porta quotidianamente a studiare e a ricercare. Con risultati spesso sorprendenti ed inaspettati. “Il mio lavoro di studio e ricerca che svolgo da umile ed eterno studente – ha affermato Ivano Di Meglio -, abbraccia diversi campi. In primis la cognomazione, intesa come studio dell’origine e della diffusione dei cognomi in generale e, in particolare, su quelli isolani. Cerco di individuare il ceppo storico di appartenenza. Cosa che mi porta molto lontano nel tempo in quanto i cognomi come li conosciamo oggi, si sono formati e stabilizzati dopo l’anno mille. Per monitorare gli spostamenti delle varie famiglie, mi avvalgo anche della consultazione della più grande fonte archivistica ischitana: gli atti degli agostiniani dell’ex Convento di Santa Maria della Scala, presso l’archivio di Stato di Napoli, presso l’archivio diocesano, e qualsiasi altro fondo che possa fornire informazioni. Con le date ricavate, riesco a fissare dei paletti che mi consentano di spostare le lancette del tempo sempre più indietro, ottenendo la retrodatazione di una chiesa, di una contrada, di un cognome, di una tradizione o altro bene materiale o immateriale. I miei studi si concentrano su molte famiglie. Tra le ultime da me analizzate, ci sono i Taliercio (Talerci), i Monti, i Di Costanzo, i Piro. Tra le retrodatazioni ricordo quella del toponimo “Barano”, con due atti degli agostiniani datati uno solo con l’anno 1300, e l’altro 28 agosto 1300 con atto rogaro dal Notaio Gregorio Salvacossa (Cossa). Ancora, quella del toponimo “Casamicciola” (Casamiczula); il lavoro prosegue con la retrodatazione di quasi tutti le Contrade del territorio baranese: Terranivola (attuale via Roma) al 1400, Piejo al 1392, Matarace 1400, Terzana 1389,  Tenzio (nelle vicinanze dell’attuale piazza) 1421, Mortito 1372, Cufa 1381, Molara 1372, Chiummano 1501, la Corte (prima della Valle) 1458, Rosanovella (territorio che va dal Bar Ferrari fino al palazzo che ne porterà il nome nel ‘700). Poi ancora seguono Panza (Pansa) 1515; seguono: Chiesa di San Sebastiano al 7 marzo 1515, Chiesa di San Giorgio al 1372, Chiesa di San Giovanni in Buonopane al 1387. La finalità di questa ricerca è quella di recuperare ciò che abbiamo perso o che non sapevamo, contribuendo alla ricostruzione storica nell’unico interesse della memoria collettiva. Tra le mie fonti, ci sono molti archivi di Stato italiani, cronache dal ‘500 a seguire, vecchi manoscritti, registri di cancelleria e qualsiasi libro o scritto che possa aiutarmi a ricostruire la nostra storia e la nostra identità. Dopo l’incendio nazista del 1943 a San Paolo Bel Sito in Napoli, che distrusse la maggior parte dell’archivio storico svevo e angioino, è partita da Riccardo Filangieri e altri autori napoletani, un’ampia opera di ricostruzione storica che non è ancora terminata.  Il mio scopo è quello di recuperare quanto più materiale possibile, colmare le lacune storiche, e recuperare pezzi del puzzle di una grande storia plurimillenaria. Con mio sommo rammarico, ho notato che molti dati concernenti l’isola d’Ischia, sono conservati presso università straniere che, magari, non utilizzano. Da qui l’importazione di tutti i documenti – ha concluso il Di Meglio – che hanno a che fare con la storia locale e non. È un lavoro lungo, che non avrà mai termine ma che è necessario portare avanti”.


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