Jessica e il Tricolore
«È stata una giornata stupenda – ci racconta Jessica Rossi, raggiunta al telefono dopo la cerimonia del 23 giugno scorso al Quirinale – La mattina noi atleti ci siamo incontrati allo Stadio dei marmi per la foto ufficiale. Tutti insieme, olimpici e paralimpici, con la tuta della Nazionale: è stato emozionante e in quel momento ci siamo resi davvero conto che Tokyo era alle porte. Siamo arrivati al Quirinale su un pullman scoperto alle 10,30 e la cerimonia iniziava alle 12: l’attesa è stata snervante. Con Elia (Viviani l’altro alfiere, ndr) , ci siamo detti: «Andiamo a fare una corsetta almeno ci scarichiamo un po’».
Come hai saputo di essere stata scelta come alfiere?
Al telefono dal presidente del Coni Malagò che mi ha detto che il giorno successivo avrebbero ufficializzato i nomi dei portabandiera e una ero io. Mentre parlava mi ripetevo nella testa «… non ci credo…», è una cosa che non mi aspettavo, ma il tiro a volo si meritava questa riconoscenza: ha sempre portato tante medaglie.
Qual è stata la prima persona alla quale lo hai detto?
Malagò mi ha chiesto di non dirlo a nessuno fino all’ufficialità della notizia, neanche a mia madre. Ovviamente a lei l’ho detto subito, perché dovevo condividere questa gioia. Quando ho ricevuto la telefonata ero in ritiro con la nazionale e a cena il commissario tecnico aveva notato la mia reazione alla chiamata, così gli ho mandato un sms spiegandogli il perché, dicendogli di mantenere il segreto fino al giorno dopo.
Sei alla tua terza Olimpiade…
E queste saranno molto diverse dalle altre. Saremo chiusi nel Villaggio e, vista la distanza dall’impianto, sarà complicato spostarsi e gestire gli orari; ma sappiamo che deve essere così perché le Olimpiadi sono sì un segnale di ripartenza, ma per non vanificare tutti i sacrifici fatti bisogna riprendere in sicurezza.
Une delle limitazioni riguarderà il pubblico. Quanto può incidere per voi la mancanza di spettatori “amici”?
A Londra, quello che mi spaventava di più era proprio il pubblico, perché noi non siamo abituati ad avere gli spalti pieni. Poi invece è stato proprio il tifo che lì mi ha dato la forza. A Tokyo non ci sarà o forse poche persone e solamente giapponesi ma sappiamo che in questo momento deve essere così e lo accettiamo.
Rappresenterai tutti gli atleti italiani ma anche tutti i poliziotti…
A Tokyo saremo più di 70, un record, numeri che fanno capire quanto si è riuscito a fare con i settori giovanili delle Fiamme oro. Far parte di questo gruppo insegna a rispettare le regole, a canalizzare le energie in qualcosa di positivo e ti dà la possibilità di allenarti con ottimi tecnici e in strutture attrezzate.
Nel 2012 a Londra la portabandiera è stata un’altra poliziotta Valentina Vezzali ora sottosegretario allo Sport…
… e in mezzo a noi c’è stata Federica Pellegrini che non appartiene a un gruppo sportivo delle forze dell’ordine, quindi le ultime due siamo noi poliziotte, una bella soddisfazione! Valentina, il giorno della cerimonia ha fatto un discorso toccante, da atleta che capisce cosa stavamo vivendo. A noi quattro portabandiera ci ha emozionati tantissimo.
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