‘La casa di Roma’, il nuovo libro di Pierluigi (Pigi) Battista. Intervista con l’autore
Pigi Battista è un giornalista e scrittore formidabile. Lo è perché riesce a incollarci al divano e leggere senza sosta le pagine del suo romanzo ‘La casa di Roma’, edito da La nave di Teseo. Un libro scritto con capacità cognitive e perlustrative che, con maestria di racconto, affronta l’argomento (e la storia) interpretando, senza stancare il lettore, l’animo di molti, rendendoli vivi, dando loro un’identità affettiva.
‘La casa di Roma’ è un libro autobiografico?
“No, però ci sono, ovviamente, dei richiami alla mia vita, alla mia esistenza, agli ambienti che ho vissuto, alle persone che ho incontrato. Alla storia che abbiamo alle spalle noi di una certa generazione. Sono elementi che si incastrano in una trama che non è autobiografica. Io non ho vissuto interamente quella storia, ma ho vissuto quell’atmosfera in cui c’è la storia di questa famiglia, la famiglia Grimaldi, in quel quartiere Prati dove sono cresciuto. Ho rubacchiato dalla mia biografia e dalla biografia di persone che conosco, inserendole in una trama che è un romanzo, non una storia vera.”
Da quanto tempo pensavi di scrivere un romanzo?
“Pensavo di scrivere questo romanzo da tanti anni. Ho preso molti appunti, ho accumulato tanti elementi ma non potevo dedicarmici a tempo pieno. Poi la spinta l’ha data il lockdown; quei mesi trascorsi obbligatoriamente a casa mi hanno permesso (diciamo così) di svolgere il grosso del lavoro.”
Il Novecento è finito?
“Sì, in modo definitivo. Ormai viviamo in un mondo completamente diverso interpretato, nel romanzo, da Marco Grimaldi, ragazzo trentenne che fa lo sceneggiatore.
Marco chiede ai suoi familiari, ad Anita, la madre e allo zio, Raffaello, degli elementi per raccontare la storia familiare, una storia fatta di dolori e fratture. Dunque, scopre che quel mondo e quei riferimenti sono finiti. Il fascismo, il comunismo, le contrapposizioni ideologiche di quel tipo, sono residuali; sono appannaggio di pochi gruppi di giovani estremisti, ma la maggioranza delle persone sa che quelle cose non accendono più.
Questo è un romanzo in cui la politica divide, ci si scanna tra fratelli. Oggi non sarebbe più possibile, il che non è negativo.
Io racconto un decennio, gli anni ’70 che sono stati il record degli ammazzamenti e dei ferimenti a sfondo politico, degli agguati, delle aggressioni, e non ho alcun rimpianto per quegli anni lì. Erano anni di ideali abbracciati con un fideismo estremista; in secondo luogo, c’era un tipo d’impegno che portava alla violenza. I giovani di oggi, invece, che sono impegnati diversamente, rimangono stupefatti da questa storia.”
Tu sei un lettore di romanzi?
“Da sempre. I romanzi sono la mia formazione e la mia educazione sentimentale. I romanzi non sono solo il bello scrivere, essi raccontano la storia da una porta laterale. Guardano dentro la vita delle persone che la Storia con la S maiuscola non considera mai.
I romanzi riescono a guardare all’interno delle emozioni, delle relazioni tra le persone. Ad. esempio, questo libro non è una storia degli anni ’70, ma racconta come quel tipo di storia ha condizionato la vita delle persone. Quindi, per me, i romanzi sono sempre stati una fonte di conoscenza, non un semplice passatempo di lettura. Ciò non significa che tutto il resto non conti, la mia stessa vita è stata impegnata anche in altri settori, dal giornalismo e alla saggistica. La letteratura, però, mi ha insegnato tante cose che altri libri, altrettanto utili, non mi hanno insegnato.”
Voglio concludere questa conversazione, affermando che più sono grandi e più sono umili. E Pigi Battista ha tanto da trasmettere in cultura ed umiltà.
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