La delicatissima partita diplomatica che ha come protagonista Cecilia Sala
Cecilia Sala è una collega che è partita per svolgere il suo lavoro.
“Il 19 dicembre, la nostra giornalista Cecilia Sala è stata arrestata in Iran ed è rinchiusa nel carcere di Evin, nel nord della capitale” Claudio Cerasa. Il Foglio “L’Iran, con l’arresto di Cecilia, ha scelto di sfidare non una giornalista, non un giornale, non una testata, ma tutto quello che l’occidente considera trasversalmente intoccabile: la nostra libertà”. E va riportata a casa.
“Complicatissima partita diplomatica quella che ha come protagonista Cecilia Sala, presa in ostaggio dal regime di Teheran verosimilmente per essere scambiata con un cittadino iraniano, arrestato in Italia su mandato degli Stati Uniti, che hanno prontamente avanzato richiesta di estradizione. Le due possibili strade per la soluzione della crisi, infatti, sembrano entrambe impraticabili. Se cioè neghiamo l’estradizione e liberiamo l’iraniano, per riavere in cambio Cecilia, rischiamo di aprire un’impensabile crisi diplomatica con il nostro maggiore paese amico e alleato. Se decidiamo invece di fare la voce grossa col regime iraniano – violatore seriale dei diritti umani – rischiamo di pregiudicare le chance di liberazione della Sala, con conseguente, grave scadimento di immagine del governo. Che fare allora? Difficile a dirsi. Va forse cercata una soluzione nell’ambito di una “terza via” , che permetta di uscire dalle strettoie delle due soluzioni indicate. Una soluzione che consenta a tutte le parti in causa di salvare la faccia. Premettendo che l’iraniano arrestato va consegnato agli USA (sempre che ovviamente la richiesta di estradizione sia fatta secondo le regole e le procedure previste), occorrerebbe concedere “qualcosa” agli iraniani, qualche forma di “compensazione ” per la liberazione della Sala (finanziamenti? appoggi in seno agli organismi internazionali?). Convincendoli, magari, che liberando la giornalista italiana, riceverebbero molti più benefici in termini di immagine internazionale di quelli che potrebbero invece derivare da un negoziato lungo e dall’incerto esito, trattenendo sine die la Sala in carcere. Ma questo è un ragionamento che potrebbero capire i rappresentanti di società democratiche, non gli esponenti di un regime teocratico che crede di agire su mandato soprannaturale.” Domenico Vecchioni, storico e già ambasciatore d’Italia
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