‘La giustizia e la scuola vanno riformate’. Intervista a suor Anna Monia Alfieri
Per la mia rubrica “Il Personaggio” sono lieta di ospitare suor Anna Monia Alfieri, paladina dei diritti degli studenti e dei più fragili.
– Quando ci siamo conosciute, lei, vedendo il mio cognome, ha pensato ad Enzo Tortora e a quello che ha subito. Vogliamo parlare della giustizia italiana?
“Enzo Tortora è il caso più triste che noi ricordiamo della giustizia italiana, perché fu sbattuto in prima pagina ammanettato, con accuse pesantissime di associazione a delinquere di stampo camorristico e spaccio di stupefacenti. Enzo Tortora fu vittima della giustizia italiana.
È evidente che in Italia, ancora oggi, le regole ci sono ma non funzionano, quindi è necessaria una riforma della giustizia. E il ministro venga messo nelle condizioni di poterla fare senza che venga fatto saltare, infatti il vero problema è questo: che poi il ministro rischia di saltare. Sono dei punti che l’Italia aspetta da sempre, che anche la stessa ministra Cartabia ha evidenziato, tipo la responsabilità civile del Magistrato. Noi sappiamo bene che queste cose qua erano auspicate da Giovanni Falcone, non a caso prima di essere ucciso da cosa nostra dovette difendersi dagli implacabili avversari dei suoi colleghi. Ebbene, noi siamo ancora fermi a quel 17 Giugno 1983, che vide arrestare Enzo Tortora per delle accuse gravissime a furor di telecamera. Una vita rovinata.
In queste ore abbiamo la questione di Palamara, allora qui si apre un altro problema che i cittadini si pongono. Se parliamo di una serie di errori giudiziari per un errore materiale, è un conto. Altro è se non sono più errori, ma diventa quel sistema che Borsellino e Falcone volevano cambiare dal di dentro. E, allora, per i cittadini i punti di riferimento come la magistratura si perdono. Noi dobbiamo evitarlo. Quello che ha detto Palamara è ciò che avevano detto già Borsellino e Falcone. Qual è la differenza? Che Borsellino e Falcone volevano cambiare il sistema, Palamara è proprio il sistema.
Qui abbiamo la credibilità della Magistratura e il problema che i giovani di pongono davanti ad essa. Quando uno denuncia di aver fatto parte di un sistema perché si sceglie di essere collusi e corrotti, cosa succede, viene punito o no? Noi pensiamo alla pena come pena detentiva e, ad esempio, uno studente si chiede ‘Come mai il Magistrato che ha sbagliato, non paga?’. Normalissimo che se lo chieda. Ma non è chiaro che, in una situazione simile, il Magistrato ha una responsabilità civile personale non di fronte all’errore materiale, ma per aver scientemente perpetuato e perseguito un sistema fatto di collusione e di corruzione. Sono necessari, dunque, dei grandi distinguo nella Magistratura italiana, con una grande riconoscenza verso quei Magistrati che quotidianamente danno la vita e chi, invece, sceglie di essere colluso e corrotto.
Altro principio capovolto della giustizia italiana è quello della presunzione di innocenza. Noi, fino a prova contraria, dobbiamo pensare che la persona indagata è innocente; noi, invece, la reputiamo colpevole. Ci sono tre gradi di giudizio, ma la consideriamo colpevole anche solo nelle indagini. Allora, bisogna cambiare assolutamente questo sistema che condanna alla gogna mediatica prima e all’infamia poi, una persona che magari viene anche ritenuta innocente. Non c’è più il riscatto per questa persona, quindi la pena smette di essere redentiva, ma la calunnia fa morire, distrugge.
E si apre il terzo filone importante di una Magistratura che deve essere indipendente dalla politica. Queste sono le tre cose che si auspicavano, ribadiamolo, Borsellino e Falcone.
La giustizia serve non per essere giustizieri, ma per ristabilire l’armonia, per rimettere in ordine le cose, per una pena che non sia solo detentiva ma bensì redentiva; noi, erroneamente, rischiamo di considerare la Magistratura come una scure che cade sulla testa di chi vogliamo fare fuori. Questo argomento va trattato in questo momento, perché la mia preoccupazione sono i giovani e di come percepiscono le istituzioni e la giustizia. Se noi svuotiamo queste cose è la fine”.
– De Luca, governatore della Campania, ha varato un’ordinanza di chiusura delle scuole. È mai possibile che dopo un anno di pandemia, nonostante le vaccinazioni (seppur lente), si decida ancora di adottare queste misure, penalizzando la scuola?
“Guardi, la chiusura delle scuole, in Italia, è avvenuta non a causa del Covid e noi quanto prima decidiamo di dirlo, prima risolviamo il problema. Ribadisco: la scuola, in Italia, non ha chiuso a causa del Covid e non riaprirà grazie al vaccino, altrimenti non ci spieghiamo perché la scuola in Europa non ha mai chiuso e non ha riaperto a macchia di leopardo come qui da noi. Il Covid ha semplicemente scoperchiato il vaso di Pandora, portando in superficie i limiti che già avevamo, un sovrautilizzo delle statali e un sottoutilizzo delle paritarie che hanno prodotto un sovraffollamento delle aule, dei mezzi di trasporto e la carenza di organico. A questi tre elementi bisognava mettere mano ad Aprile…sono passati mesi e siamo ad oggi. È evidente che una gestione approssimativa del Coronavirus e la difficoltà di riconoscere questi problemi li ha fermati, perché avrebbero dovuto misurarsi con tre poteri forti come la politica che ha fatto della scuola la sua campagna elettorale promettendo posti di lavoro (che non ci sono), i sindacati con i loro tesseramenti, la burocrazia e lo spreco. Sfidare questi poteri era molto complesso, allora è stato più facile usare la chiusura. Ogni volta che la curva dei contagi impenna chiudono, ma non si arriva a nulla. Di questo passo, la scuola italiana non ripartirà mai e il rischio grave non è la chiusura di De Luca, ma che la scuola stia escludendo i disabili. A Settembre 2021, rischiamo che la scuola diventi un privilegio per qualcuno mentre i poveri e disabili finiranno nella morsa della malavita”.
– Lei è laureata in legge, se dovesse descriversi in un libro, come comincerebbe?
“Direi che sono una idealista. Credo fortemente che si possa dedicare la propria vita ad un grande ideale, il mio è stato quello di mettere insieme l’impegno morale e l’impegno civile. Questo soltanto rende possibile ai giovani capire quanto è importante studiare e quanto è bello dedicarsi a qualcosa di importante. In Italia si è perso molto il senso civico, ci occupiamo delle cose nella misura in cui interessa a me o ai miei figli. Non abbiamo più il senso di occuparci della Nazione, della cosa pubblica. Ecco, mi descriverei come un’idealista che crede sia possibile mettere insieme due cose così distanti come l’impegno morale e l’impegno civile”.
Suor Anna Monia ci ha ricordato che la comprensione dei giovani non si esaurisce nel reale fattuale, ma ha necessità di riferirsi a valori (il bene, lo studio, i doveri, il giusto) che non solo sono parte integrante della persona, ma sono di guida alla intelligenza e alla volontà.
Ringrazio questa donna meravigliosa per il suo prezioso contributo.
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