16 Novembre 2024
Attualità

La grave crisi della scuola italiana

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Anna Tortora

Ho già scritto dei problemi della scuola relativi al periodo della pandemia, soffermandomi sui punti (non punti) delineati dalla ministra Azzolina e dal commissario Arcuri.

Ora, dopo il primo giorno di riapertura, sono emerse già nuove problematiche.

Nella nostra società definita con diverse metafore, dalla modernità avanzata, dal tramonto della modernità, del post moderno, o dal modernismo, la radicale innovazione, rispetto alla tradizione e alla coscienza culturale complessiva, presenta inevitabilmente diversi problemi.

A tal proposito, Giancristiano Desiderio in un’ intervista al Barbadillo “Il problema della scuola italiana non sono i banchi e nemmeno il distanziamento sociale, che è una questione momentanea. Il vero problema con il quale oggi si devono confrontare le famiglie, gli insegnanti, è stato creato dallo stesso Governo quando ha insistito oltre misura sulla questione della sicurezza creando un mito, quello del ‘rischio zero’. E oggi è proprio l’esecutivo che deve stracciarsi a dire che questo mito tale è, dunque non esiste. Ma è stato proprio il Governo a crearlo”.

Dunque si ritiene di poter ricavare i coefficienti di valore e gli orientamenti educativi  trasformando, secondo una tendenza nichilistica, l’etica in diritto, eguagliando i termini giuridici ai termini empirici portandoci ad un indifferentismo di ordine educativo.

Quando Heickmann davanti ai giudici di Gerusalemme fu interrogato sul perché avesse mandato alla camera a gas qualche migliaia di bambini, rispose che egli era un buon cittadino tedesco e non aveva fatto altro che obbedire alle leggi.

“L’educazione, dunque, non può neppure essere la ‘morfologia’ del sociale, come l’ha definita nella sua opera ‘L’education morale’ Emile Durken, perché come morfologia del sociale fa scattare un’altra interrogazione: di quale sociale?”
Giuseppe Acone


In un Paese pluralista, differenziato e, ora, sgangherato, la scuola rischia di andare per conto suo. Questo mi sembra di averlo già scritto, ma nulla infatti è cambiato.
La scuola si presenta sempre più come apparato burocratico di massa, ripetto al quale la mobilità sociale è quella che è.

“La scuola italiana è diventata un diplomificio perché nasce come un diplomificio. Ossia come una distribuzione di diplomi, di pezzi di carta che, come diceva giustamente Luigi Einaudi, valgono meno dei fogli su cui vengono certificati. La storia della scuola italiana è molto lunga. Su questo aspetto, tutto ruota attorno a quando nasce la scuola di massa negli anni ’70 del ‘900. In appena un anno, il 1969, e con pochi interventi legislativi, viene letteralmente smantellato il sistema precedente, quello della cosiddetta scuola gentiliana, che si basava da una parte sulla funzione dei licei, classico e scientifico  e, dall’altra, sulle scuole professionali. Quella riforma, dunque, nacque male e l’unica cosa che restò e resta tuttora in piedi è il valore legale del titolo di studio, dei diplomi che questi istituti distribuiscono affinché gli studenti possano accedere all’Università che, a sua volta, distribuirà altri diplomi, quelli di laurea. Sia il valore educativo che quello formativo e ancor di più quello culturale è molto basso. In Italia bisognerebbe riportare la scuola…a scuola. A complicare tutto, come è facile rendersi conto sfogliando le cronache, c’è il fatto che il sistema scolastico sia fortemente ministerializzato e attorno al dicastero tutto sta girando in maniera maldestra”.
Giancristiano Desiderio

Il ’68, com’è noto, ha avuto l’effetto di un terremoto nei riguardi del costume e delle istituzioni del nostro Paese. Come si reagisce di fronte al terremoto, per ridurre le conseguenze negative? Gli ingegneri sanno che occorre rinforzare le basi, ma anche flessibilizzare le strutture portanti dell’edificio.
Con la scuola, il progetto di ricostruzione è rimasto incompiuto o, peggio ancora, si è perso nelle burocrazia.
E alla luce di queste vigorose sciabolate che ho preso in considerazione la situazione scolastica di oggi, a cominciare, come è ormai consueto, dall’analisi del disagio educativo.
Speriamo che la pazienza si sposi col coraggio, l’interesse dei bambini e dei ragazzi con quello della cultura, l’intelligenza con la gioia di sperimentare che la scuola serve, non come serva, ma come istituzione fondamentale della società.


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Anna Tortora

Nata a Nola. Si è laureata alla Pontificia facoltà teologica dell'Italia meridionale. Le sue passioni sono la politica, la buona tavola, il mare e la moda. Accanita lettrice, fervente cattolica e tifosa del Milan.