La liberazione di Cecilia Sala passa per Trump?
L’arresto della Sala è un episodio che, purtroppo, è all’ordine del giorno. La sua liberazione è una priorità e accusare il Governo italiano non aiuta la cooperazione diplomatica.
“Travaglio pensa che il vero colpevole della drammatica storia di Cecilia Sala sia, in definitiva, il Governo italiano per aver arrestato – su richiesta degli Stati Uniti – l’ingegnere iraniano Abedini, accusato di terrorismo e per il quale è stata inviata da Washington regolare richiesta di estradizione. Per Travaglio però (ne è sicuro!) Abedini non è un terrorista. Quindi i poveri iraniani non potevano fare altro che rinchiudere in un carcere duro Cecilia e negoziare lo scambio dei due prigionieri. Di conseguenza basta espellere Abedini per ottenere la liberazione della Sala. È così semplice… Non ci aveva pensato nessuno! Travaglio prosegue affermando che non ci sono terroristi in questa storia e che la partita si gioca tra tre Governi: quello italiano, quello americano e quello iraniano. Tutto insomma nascerebbe da un atto di piaggeria di Roma nei confronti di Washington. E no, cavolo! Non si può mettere sulle stesso piano uno Stato-canaglia con due Paesi democratici, come l’Italia e gli Usa. Proprio no! I terroristi in questa storia ci sono e sono gli Iraniani. Non si arresta a caso una cittadina straniera per ottenere qualcosa un cambio dal paese di appartenenza. Allora anche noi – secondo il ragionamento di Travaglio – saremmo legittimati , ogni volta che un italiano viene detenuto nel mondo, ad arrestare un cittadino di quel paese per poi negoziare. Questo appunto lo fanno gli Sati-terroristi, non le democrazie La vicenda peraltro potrebbe anche finire come dice Travaglio: espulsione di Abedini e liberazione della Sala. Sul piano umanitario sarebbe certo una bella cosa. Ma sul piano politico sarebbe una terribile sconfitta delle democrazie (ancora una!) che subiscono il ricatto (perché di questo si tratta) di uno Stato spietato, che usa cinicamente metodi spietati. Il problema è solo se cedere o non cedere di fronte al ricatto degli ayotallah. Altro che trattativa tra tre governi responsabili!”
Domenico Vecchioni, storico e già ambasciatore d’Italia
Dunque, prosegue Vecchioni, l’incontro tra la Premier Meloni e Donald Trump ha avuto, come tema, proprio la liberazione della Sala.
“Quali erano i punti in agenda nell’incontro notturno della Presidente Meloni col Presidente eletto Trump? Io credo che, in realtà, la Meloni sia andata a Mar-a-Lago per discutere di una sola questione: il caso Cecilia Sala. Tutte le altre questioni evocate dai giornalisti (gas liquido, tariffe, riequilibrio bilancia commerciale Usa,Ucraina ecc.) non giustificavano, in effetti, un viaggio improvviso, prima dell’insediamento di Trump il 20 gennaio per trattare problematiche che vengono normalmente discusse e affrontate a livello europeo. A mio modesto avviso, Meloni è andata in Florida per sondare la nuova amministrazione americana. Come reagirebbe ad un’eventuale liberazione dell’ingegnere iraniano, detenuto in attesa di estradizione verso gli USA? Quali le conseguenze di un eventuale diniego di estradizione? Quali altre formule si potrebbero immaginare per dar luogo allo scambio Abedini/Sala senza provocare una crisi diplomatica con Washington? E’ evidente del resto che l’immagine nazionale ed internazionale di Meloni risentirà moltissimo dal come verrà risolto il caso Sala e la risposta che verrà data al ricatto iraniano. Comprensibile quindi la sua preoccupazione politica e umanitaria E quale sarà stata la risposta di Trump? Ovviamente sono in pochi a saperlo. Vogliamo solo sperare che il viaggio in Florida del nostro Presidente del Consiglio sia stato “fruttuoso”, “utile” e che tra le infinite strade che offre la diplomazia si possa trovare la giusta direzione. Una direzione che porti al rilascio di Cecilia Sala (colpevole solo di fare il suo lavoro) e che non comprometta in alcun modo gli eccellenti rapporti dell’Italia con gli Stati Uniti d’America.”
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