‘La malattia del mondo: in cerca della cura per il nostro tempo’. Francesco Borgonovo, giornalista e scrittore, ci parla del suo ultimo libro.
Il coronavirus ha stravolto la vita di tutti noi a livello mondiale. Si tornerà alla normalità? Molti dicono, i più catastrofisti, che la volontà di recuperare ciò che abbiamo perso sia un’utopia. Ma io leggo nell’utopia un significato diverso: essa non è il luogo dell’impossibile, ma è un luogo per chi ha speranze concrete.
Sono lieta di ospitare, per la mia rubrica IL Personaggio, Francesco Borgonovo, vicedirettore de La Verità, che ci illustra questa “malattia del mondo” e lo fa senza sconti verso gli errori dei modelli dominanti di questi anni.
D. Nel tuo libro ‘La malattia del mondo’ dialoghi, in un percorso storico, con Jean Baudrillard, Michael Onfray, Carl Shmitt, ecc. Me ne parli?
R. “Con alcuni, come Baudrillard e altri, è un dialogo a distanza visto che sono morti, è un dialogo con i loro libri e, poi, non mi permetterei mai di mettermi ai loro livelli. Con Giorgio Agamben, invece, ho dialogato di persona. Alcuni di questi pensatori avevano visto, con un anticipo di anni, delle cose che si sono effettivamente realizzate, e hanno contribuito a descrivere quella che io chiamo la malattia del mondo che non è il Covid, come tanti dicono e pensano, ma è una malattia precedente che il Covid ha contribuito a far esplodere in maniera molto grave, facendo venire fuori tutte le contraddizioni della nostra società”.
D. Dai una lieve colpa alla globalizzazione.
R. “Più che lieve, pesantissima. Non possiamo parlare di colpa, perché la globalizzazione è un fenomeno storico e i fenomeni storici avvengono… anche se in alcuni casi, come la globalizzazione, sono indotti e non inevitabili. Non sono cose che ci sono per forza e che bisogna fare per forza nel modo in cui ci viene detto. La malattia del mondo dipende dal modo in cui è stata gestita la globalizzazione, cioè come una distruzione dei popoli, dei confini, delle tradizioni e dei limiti. Essa è stata una forza livellatrice che si è abbattuta su tutto il mondo, non solo sul mondo occidentale, per distruggere tutto ciò che è identitario, tradizionale, religioso.
Tutto questo ci ha fatto perdere la bussola.
D. Un capitolo del tuo libro, La morte per acqua, mi ha colpito particolarmente. Lo spieghi tu in sintesi?
R. “Uno dei tratti caratteristici della globalizzazione è la liquidità, come diceva Zygmunt Bauman, tutto diventa confuso, caotico, liquido, privo di confini; l’acqua non rimane ferma, si allarga. Il carattere liquido è tipico della globalizzazione in cui uomini e merci devono circolare come circola l’acqua, come circola il liquido (il denaro, anche il denaro è liquido). Tutta questa impostazione della globalizzazione si basa su quella che il poeta Eliot chiamava legge del profitto e della perdita. La morte per acqua è un’espressione presa da questo poema meraviglioso di Eliot, s’intitola La terra desolata. Allora, cosa fa la globalizzazione? Quello che ho detto prima, cancella, distrugge e ci rende una terra desolata e malata come nel poema di Eliot.
Nel suddetto poema, in particolare nella Morte per acqua, c’è un personaggio, Phlebas il Fenicio, il quale annega. Perché Eliot parla di questo evento? Perché dice che se una persona vive com’è vissuto il marinaio Phlebas, seguendo solo la legge del guadagno e del profitto materiale, si finisce a morire. Ed è quello che sta succedendo a noi. In sintesi cosa è la malattia del mondo? E’ una malattia distruttiva che, in nome del profitto e della materialità cruda, distrugge tutto ciò che è tradizionale, identitario e anche spirituale, facendoci ammalare come popoli, come nazioni e che ci ha reso, sotto tanti punti di vista, impreparati ad affrontare cataclismi come il Covid”.
Non poteva spiegarlo meglio il nostro illustre ospite: siamo confusi e senza punti fermi. Nietzsche aveva affermato che la vita non dimorava più in una Totalità dove comporre lacerazioni e disarmonie. I punti fermi si sfaldano, le tradizioni crollano e identità acquisite si dissolvono. In questo meraviglioso libro il lettore può trovare uno spunto, una sorta di àncora per non annegare in una società liquida.
Ringrazio Francesco Borgonovo per la piacevole conversazione e per il prezioso contributo.
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