22 Novembre 2024
Attualità

La mancata adozione dei PEBA dalle amministrazioni comunali

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#PEBA (Piano Eliminazione Barriere Architettoniche)

Perche’ ad oggi “quasi” nessun comune in Italia e’ dotato di tale strumento di una cosi’ spiccata valenza sociale atto a rendere la citta’ fruibile a tutti…???

Il problema dell’abbattimento delle barriere architettoniche nelle nostre città è prima di tutto un problema culturale.
L’attenzione che la #politica pone per questi temi è sempre estremamente marginale (nei casi più fortunati) se non addirittura nulla. In genere si pensa che il problema non ci tocchi direttamente o quanto meno interessa solo una piccola fetta di popolazione (i #disabili) i quali molto spesso non rappresentano un ambìto “target” elettorale. Tale visione non è mai stata più lontana dalla realtà! E la questione investe in modo evidente l’ambito politico. L’abbattimento delle barriere architettoniche quando non serve solo al giusto e sacrosanto scopo di rendere la vita dei portatori di disabilità, più semplice e dare ad essi pari dignità, si configura più in generale come intervento atto a rendere più semplici e sicure le attività di vita quotidiana e mobilità dei cittadini che non siano necessariamente disabili; pensiamo agli anziani, ai bambini, alle donne incinte o ai genitori con passeggini… insomma gente comune, “normale” per così dire, che tuttavia dinanzi ad un marciapiede eccessivamente alto, una fioriera mal posta o accessi troppo stretti, scale, rampe troppo ripide, ecc. possono avere forti disagi e una percezione della qualità della vita urbana bassa o quantomeno al di sotto dei livelli di accettabilità. E’, quindi, quantomai necessario che vengano attuati quegli strumenti metaprogettuali di pianificazione urbana atti a programmare questa tipologia di interventi che vanno sotto il nome di “P.E.B.A. – #PianiEliminazioneBarriereArchitettoniche“, sempre più disattesi dagli amministratori e dalle politiche di pianificazione e gestione del territorio. Ed è piuttosto singolare che proprio il piano più vicino alla salute, alla sicurezza e al confort dei cittadini, non venga quasi mai preso in debita considerazione nonostante l’#OBBLIGO della sua redazione.

Ad oggi ben pochi Comuni italiani hanno adottato il #PEBA.
Possiamo definire il P.E.B.A come uno strumento metaprogettuale, necessario ad avviare procedure coordinate, per eseguire quegli interventi di “attenuazione” dei conflitti uomo-ambiente. È quindi il preludio, la base, sulla quale iniziare tutte quelle azioni di “design urbano” che mirano ad interventi più o meno dedicati. E’ certamente uno strumento di conoscenza al fine di poter iniziare concretamente le azioni di progettazione in grado di mirare all’innalzamento della qualità della rete di servizi, non solo mirando ad interventi tesi all’eliminazione delle barriere architettoniche, ma anche a migliorare la rete dei trasporti pubblici e della mobilità in generale, partendo dalle necessità di chi maggiormente richiede attenzioni, per giungere a definire risposte, capaci di garantire standard di vita urbana elevati a cui mira una città solidale e quindi accessibile. Secondo questa visione, il piano è così strumento, trasversale, di analisi e verifica, necessario per alfabetizzare, utenti e gestori della città ad una cultura dell’accessibilità.
La legge quadro italiana che tratta il problema dell’accessibilità è la legge 13/89 che stabilisce i termini e le modalità in cui deve essere garantita l’accessibilità ai vari ambienti, con particolare attenzione ai luoghi pubblici. Il D.M. 236/89 (decreto attuativo) si addentra maggiormente nella parte tecnica ed individua tre diversi livelli di qualità dello spazio costruito:

  1. #Accessibilità2. #Visitabilità

    3. #Adattabilità,

e stabilisce anche, per gli edifici e gli spazi privati, i parametri tecnici e dimensionali correlati al raggiungimento dei tre livelli di qualità sopra riportati.

I P.E.B.A. sono strumenti che hanno la finalità di conoscenza delle situazioni di impedimento, rischio ed ostacolo per la fruizione di edifici e spazi pubblici.
I Piani per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche DOVEVANO ESSERE ADOTTATI entro il 28 febbraio 1987 (a un anno appunto dall’entrata in vigore di quella Legge), dai Comuni e dalle Province, oggi Città Metropolitane, pena “commissariamento ad hoc” da parte delle Regioni. Qualche anno dopo, la Legge Quadro 104/92 sulla disabilità ampliò la materia di competenza, con l’articolo 24 (comma 9), che stabiliva come «i piani di cui all’articolo 32, comma 21, della legge n. 41 del 1986» dovessero essere «modificati con integrazioni relative all’accessibilità degli spazi urbani, con particolare riferimento all’individuazione e alla realizzazione di percorsi accessibili, all’installazione di semafori acustici per non vedenti, alla rimozione della segnaletica installata in modo da ostacolare la circolazione delle persone handicappate».

Leopoldo Esposito

Commissario IDM Campania

 

 


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