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La tragedia di ‘Steccato’ a Cutro. La vera faccia di una burocrazia disumana

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di Antonio del Mese.

Un barcone partito dalla Turchia, e colmo di migranti, è naufragato sul litorale di Cutro: sono annegate 67 persone, fra cui 15 bambini, e lasciati fra le onde circa ottanta dispersi e si ripete, stancamente, il solito copione nell’Europa dei burocrati, che fanno finta di non vedere.

La magistratura italiana non si sottrae al solito “giro” inconcludente ed indaga per capire cosa è successo fra la segnalazione di Frontex e il naufragio del barcone.

Auguriamoci faccia in fretta e, soprattutto, bene.

Questo il tema del contendere: la Capitaneria di porto di Crotone sostiene che spettasse alla Guardia di Finanza intervenire per prima. La Guardia di Finanza, invece, addebita al maltempo la decisione, assunta dalle sue due unità uscite in mare, di rientrare in Porto al termine di un’operazione di pattugliamento, cosa ben diversa da una doverosa operazione di salvataggio.

La questione, purtroppo, si è trasformata da umanitaria in burocratica: non si accetta l’idea che un “barcone” sovraccarico di persone è di per sé una emergenza e andrebbe trattata come tale.

Secondo il Viminale, al contrario, un barcone sovraccarico, se mantiene la cosiddetta linea di galleggiamento, rappresenta un problema di “polizia” (cd. di law enforcement) e, pertanto, non avrebbe senso l’intervento di “salvataggio” affidato alla Guardia Costiera.

L’ipocrisia regna sovrana, in un gioco delle parti che ha stancato tutti.  

Dopo ogni tragedia si ripete la solita litania contro l’Europa o lo scafista di turno, l’ultimo anello di un sistema criminale che, nel caso della cd. “rotta ionica”, si materializza in rapporti di collaborazione tra la mafia turca e la ’ndrangheta.

Il problema, quello vero, è che non esistono vie legali per entrare in Europa e l’Europa, piuttosto che gestire il fenomeno e rimuovere gli ostacoli, si preoccupa di costruire muri e barriere per impedire l’accesso.

Proprio l’Europa che aspira a diventare la casa comune dei diritti, possibilmente collettivi e non solo individuali, il diritto alla pace, allo sviluppo, all’ambiente, all’inclusività.

L’innalzamento di muri e barriere non servirà ad altro se non a rafforzare le reti criminali che facciamo finta di non vedere.    

È una questione di scelta, quella di porre al centro della nostra attenzione l’essere umano partendo dal coinvolgimento indispensabile dei giovani. Dobbiamo imparare a tradurre un’idea in comportamenti credibili, impegnandoci a difendere la democrazia senza mai darla per scontata.

La burocrazia non può prevalere sul dolore, sullo strazio di quelle morti, su quei bambini a cui è stata negata la vita, non dallo scafista ma da un’eurocattiveria istituzionale senza precedenti.


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