L’affaire Cospito mostra la debolezza di una nazione ipocrita, senza valori e competenze
di Antonio del Mese.
Chi è Alfredo Cospito? il primo anarchico a dover subire, dal maggio 2022, il regime carcerario del 41bis e, da ottobre 2022, in sciopero della fame.
Condannato a 10 anni per aver gambizzato Roberto Adinolfi, amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, e ad ulteriori 20 anni per l’attentato alla scuola carabinieri di Fossano, provincia di Cuneo, per due ordigni piazzati all’interno di due cassonetti all’ingresso della caserma e che, fortunosamente, non causarono morti o feriti.
Per la Cassazione il reato è più grave: strage contro la sicurezza dello Stato, che prevede la pena dell’ergastolo ostativo, che non permette di godere cioè di alcun beneficio.
Secondo i dati del ministero della Giustizia, i detenuti al regime del 41bis erano, ad ottobre 2022, 728 di cui solo 12 donne. Si tratta dell’1,6 per cento del totale delle persone detenute nel nostro paese (circa 56mila). La maggior parte è nel carcere de L’Aquila, ma numerosi prigionieri al 41bis si trovano a Milano (Opera), Sassari, Spoleto, Novara e Parma.
Il 41bis, modificato dopo le stragi mafiose che hanno causato la morte dei giudici Falcone e Borsellino e degli agenti delle loro scorte, resta uno strumento fondamentale della lotta alla criminalità organizzata: esso ha consentito di colpire numerose cosche, evitando ai loro “capi” di continuare ad impartire ordini dal carcere.
Attraverso il 41 bis si vuole evitare, in buona sostanza, che Cospito continui ad avere rapporti con la Fai, la Federazione anarchica informale, un movimento terroristico dedito all’intimidazione armata rivoluzionaria. Fin qui tutto normale, o quasi: una storia, come tante, del Belpaese.
Fino a quando il caso, da giudiziario, si tramuta in politico.
Da una parte, il quartetto Serracchiani – Verini – Lai – Orlando, parlamentari del PD che si recano il 12 gennaio ultimo scorso nel penitenziario di Sassari ad ascoltare, per una manciata di minuti, Cospito ed altri tre detenuti, un camorrista, un killer della ‘ndrangheta ed uno degli “artificieri” di Capaci.
Ciò al dichiarato fine di verificare le condizioni di salute dei detenuti e l’adeguatezza della struttura al regime del 41 bis. Avrebbero potuto evitare proprio in questo momento storico, all’indomani della cattura del boss Matteo Messina Denaro.
Da un’altra parte, il tandem dei coinquilini Donzelli – Delmastro: vicepresidente del Copasir il primo, sottosegretario alla Giustizia il secondo. I due “meloniani”, tra un caffè ed un cornetto, si scambiano notizie ed informazioni “confidenziali” su colloqui intercettati tra l’anarchico Cospito ed alcuni mafiosi per lottare contro il regime carcerario del 41 bis.
In aula alla Camera, il 31 gennaio successivo, Donzelli rende pubblico il tutto per criticare a fini meramente politici la scelta del quartetto DEM, quella di andare a trovare in carcere Cospito, in sciopero volontario della fame da oltre 100 giorni contro il regime del 41-bis al quale è giustamente sottoposto, al grido del “… non può esistere che una persona affidata allo Stato possa morire …”.
Si scatena una rissa furibonda, in aula e fuori, che tiene da giorni occupati giornali e talk show con parlamentari che continuano a menarsela di santa ragione contribuendo a quella inesorabile, quanto deprecabile, cessione di sovranità della politica rispetto al piccolo schermo ed alle sue regole: tutto diventa spettacolo, emotività e semplificazione.
Occorrerebbe un ricambio meritocratico della classe, dirigente e politica, di questa nazione nel tentativo di risollevarne le sorti portandola fuori dalla palude di decadenza e di ipocrisia in cui si trova da oltre quarant’anni: basti pensare al partito contrario agli abusi sulle intercettazioni che, invece, le utilizza contro l’altra parte politica; all’uso di atti riservati in spregio della funzione rivestita in nome dello Stato; al ricorso alla cultura del “sospetto” per rievocare la trattativa tra Stato e Mafia.
Occorre un ricambio.
Basta a parlamentari impreparati, incompetenti, inopportuni nelle scelte, incapaci di ristabilire il necessario equilibrio dei poteri e che hanno dimostrato una sola capacità: quella di trasformare in macchietta lo storico impegno dei radicali sulla questione dei diritti umani dei detenuti, contro la pena capitale, il carcere duro e il sovraffollamento degli istituti di pena.
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