Manifestazioni pro Draghi. La democrazia ridotta a beffa
Un’estate strana questa e non c’è da chiedere il motivo, i fatti sono eloquenti.
Manifestazioni per Draghi, organizzate da vari politici, con la presenza dei loro vicini di casa e di qualcuno che si trovava lì per caso, probabilmente a portare l’amico a quattro zampe a fare i bisogni.
Al posto di pregare per la pace, per la fine della siccità, gli italioti idolatrano un premier. Uno che è di passaggio come tutti.
E ricordo quando anche con Conte si stracciavano le vesti. Sì, per Conte, quello delle task force, dei monopattini e dei banchi a rotelle. E guai ad opporsi… Lesa maestà.
“Mario Draghi fu chiamato dal Presidente della Repubblica per guidare un governo di unità nazionale, cui aderirono quasi tutte le principali forze parlamentari. La crisi di consensi e la scissione subita dalla principale di queste forze hanno indotto il suo leader a mettere in discussione quella adesione. Per questo il presidente del consiglio, che non è parlamentare né espressione di un partito o di una coalizione, ha deciso di dimettersi.
Fin qui è tutto lineare. Lo è molto meno lo psicodramma che si è avviato di lì in poi, quasi che le forze politiche improvvisamente avessero paura di perdere il tutore, e di doversi riprendere le loro rispettive responsabilità. È come se in Formula 1 i piloti e le loro scuderie chiedessero alla Safety Car di restare ancora in pista mentre sta rientrando ai box, per timore di riprendere il Gran Premio. Così però – attenzione – si rischia di trasmettere agli elettori due segnali pericolosi: che quel premier è meglio di ogni leader eletto, e che una scelta di emergenza è preferibile allo strumento principe della democrazia rappresentativa, il voto”
Enrico Mentana, giornalista
“Premesso che vorrei che Draghi arrivasse al 2023: 1) a dicembre disse che il governo poteva andare avanti senza di lui 2) fra 6 mesi comunque finirà la legislatura 3) raffigurare l’Italia come un Paese che senza Draghi ha l’alternativa dell’abisso (ora o fra 6 mesi) non ci giova.”
Vitalba Azzolini, giornalista
“Come è già stato correttamente notato, nessuno dei draghisti esagitati suggerisce l’unica cosa che avrebbe un minimo di logica in democrazia. Nessuno pensa realmente di fondare un partito con a capo Draghi, vincere le elezioni e porre il banchiere della Provvidenza legittimamente al comando. Tutti, dai baristi, ai dentisti, ai barboni, ai camionisti sono per Draghi, ma paradossalmente nessuno è in grado di renderlo un leader democratico.
Draghi e le elezioni sono come cane e gatto. Draghi è amato dalle élite perché rimanda elezioni che si sa perfettamente non potrebbe mai vincere. Ormai questa “democrazia” è talmente mediata da vivere nel timore di un popolo populista che sbaglia regolarmente a votare. Il voto è un’infezione che solo Draghi può rimandare.
Il vero timore della buona borghesia è che possa esistere un attimo eterno nel quale il PD non solo perda, ma smetta anche di governare.”
Marco Bassani, storico
“È la prima volta che vedo appelli e manifestazioni per NON far cadere il governo.”
Antonio Polito, editorialista del Corriere della sera
“La comica mega-processione delle corporazioni italiche che in ginocchio implorano il super-capo tecno-paternalista di non andare via lasciando il popolo orfano è la dimostrazione di quanto fosse geniale l’intuizione di Piero Gobetti, il quale precocemente comprese che il fascismo era “l’autobiografia della nazione”.
Una nazione che è un informe agglomerato di interessi organizzati per avere status speciale, protezione assicurata, e che ora come un sol uomo getta il cuore oltre l’ostacolo agognando di ricevere, grazie alla garanzia del padre-padrone, qualche rivolo del fiume di denari Pnrr pagati dalle tasche dei contribuenti, inclusi gli stessi componenti delle corporazioni, accattoni di altri e di sé stessi.
In un paese come questo le parole democrazia e libertà non possono che essere lemmi di un linguaggio alieno.”
Eugenio Capozzi, storico
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