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Mario Draghi e il Governo. Il centrodestra e le amministrative nelle grandi città. Intervista a Massimo Corsaro, già parlamentare della Repubblica

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Anna Tortora

Per la mia rubrica “IL Personaggio” sono lieta di ospitare nuovamente Massimo Corsaro.

D. Sembra che il centrodestra non abbia nomi da presentare alle amministrative capitoline. Perché, ormai, nelle grandi città si sta presentando questo fenomeno?
R. “Purtroppo temo che il rinnovo delle amministrazioni nelle principali città darà un risultato fortemente contrario del centrodestra, per un insieme di motivi. Intanto, perchè il centrodestra, colpevolmente, non è riuscito ad inserirsi nel tessuto sociale delle grandi città, nel mondo economico produttivo, nelle classi dirigenti; non è riuscito a fare sistema di se stesso. Il che significa che, oggi, non è in grado di presentare agli occhi dei cittadini, in nessuna delle grandi città, qualche candidato chiaramente identificabile per la propria storia, per la propria importanza, per il proprio inserimento nel tessuto economico, sociale e culturale della città, che faccia riferimento anche all’aria politica. Per cui, nell’assenza di candidature, ci si risolve o a trovare la classica candidatura di bandiera di partito, o a cercare, come sta drammaticamente accadendo nelle varie piazze, a partire da Milano, per bussare alla porta di questo o quello ricevendo delle risposte di indisponibilità alla candidatura. L’altro aspetto è socio-culturale: nel corso di questo ultimo decennio si è radicata anche in Italia una dicotomia della partecipazione al voto popolare, come già succede da tempo in Francia, in Inghilterra, negli Stati Uniti. Dunque, si è fortemente consolidato un radicamento del voto progressista nei grandi centri urbani, mentre lo sviluppo potenziale del centrodestra è cresciuto nelle aree a minor densità di popolazione, nelle aree di provincia, nelle aree decentrate. Se si pensa a quello che succede da sempre in America, sembra quasi una cosa normale. In America democratici e repubblicani sono più o meno a combattersi la metà dei voti in valore assoluto, ma se si guarda la colorazione e la mappa secondo i colori di appartenenza, si vede che i democratici prendono i voti in California e in tutta la East Coast dove ci sono i grandi centri urbani. Mentre, nella grande macchia centrale degli Stati Uniti, c’è da sempre una primazia dei repubblicani laddove, sostanzialmente, i grandi agglomerati sono molto meno presenti, sono molto meno determinanti sull’assetto sociale. Questo sta accadendo anche in Europa: in Francia il sindaco di Parigi è espressione della sinistra, quando da tempo la sinistra in Francia non ha più un radicamento, un’espressione, una riferibilità.
A Londra il sindaco è espressione della sinistra, quando da tempo sono i conservatori a governare; in Spagna a Madrid la stessa cosa.
Purtroppo sta succedendo anche da noi, nonostante la trasformazione economica e sociale che si è sviluppata nelle città. Mentre una volta poteva sembrare normale questo tipo di conformazione sociale perchè nelle grandi città c’erano le grandi imprese, le grandi industrie, c’era il proletariato che aveva come naturale riferimento politico il voto a sinistra. Oggi il proletariato non c’è più, le grandi città si sono trasformate in città di servizio, in città di commercio, si è estesa una piccola borghesia, una classe sociale media (al netto di quanto sta succedendo in questo anno drammatico di pandemia, tendenzialmente le società sono cambiate). E’ trasformata la capacità di raccogliere voti, succede che nei centri delle grandi città, nelle aree più ricche, dove vive la classe dirigente, paradossalmente è la sinistra a prendere voti. La destra dove cresce? Va a crescere soprattutto nelle aree di periferia; c’è stato un sovvertimento. Ma il dato sostanziale è che le classi dirigenti continuino a sfuggire al centrodestra, questo è un elemento su cui si è guardato troppo poco anche in termini di elaborazione della qualità dell’offerta, perchè finchè devi raccogliere consenso lanciando quattro slogan su un social o nelle piazze e raccogliere consenso immediato senza costruire proposte di medio e lungo periodo, allora va tutto bene. Quando poi devi trovare l’affidabilità, devi far immaginare lo sviluppo di società che vuoi per domani, di far capire su quali aspetti culturali vuoi puntare, devi fare delle scelte su un modello di sviluppo produttivo nei servizi, nella scolarità; quando devi dare una offerta qualitativa, purtroppo, il centrodestra si dimostra drammaticamente povero anche di fronte a un centrosinistra che, in termini di offerta culturale, non è mai stato così basso. Nel momento in cui dovrebbe essere più facile superare lo iato nei confronti del centrosinistra, non si riesce a farlo e questo è un elemento sul quale tutti dovranno ragionare”.

D. Draghi è l’uomo giusto al posto giusto?
R. “Dal mio punto di vista, sì. Abbiamo bisogno di qualcuno che sappia gestire dei danari che sono messi a disposizione dell’Italia senza vedere pagare il dazio del consenso elettorale; qualunque partito di destra, di centro, di sinistra, di sopra o di sotto, dovesse gestire una mole di miliardi come quelli che, auspicabilmente, dovrà gestire Draghi, farebbe la ripetizione della spesa clientelare e assistenziale che, in un Italia culturalmente, drammaticamente, maledettamente, socialista, c’è stata nel corso degli ultimi quarant’anni… anche quando ha governato la destra. Draghi è uno dei pochi che ha l’autorevolezza per non dover rendere conto a nessuno e ha la competenza e la professionalità per sapere che questi soldi che ci arrivano sono l’ultima possibilità, l’ultima briscola che ci è data di giocare. La vittoria dipende, esclusivamente, dalla capacità di mettere questi soldi laddove possono ricreare lo sviluppo dell’economia, laddove possono moltiplicare la capacità di produzione del Pil nei prossimi decenni. O ora o mai più. Se tu, invece, dividi questi soldi per dare contributi a fondo perduto, mancette elettorali, stipendi a gente che sta a casa a non far nulla, non farai altro che consumare l’ennesima tranche di debito alla fine della quale non avrai ricreato la ricchezza e ti troverai nelle condizioni di dover recuperare un debito ancor maggiore, a quel punto ti sei venduto definitivamente a chiunque voglia venire a casa tua per prendere tutto”.

Ringrazio Massimo Corsaro per la piacevole conversazione, sperando di vederlo di nuovo in Parlamento.


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Anna Tortora

Nata a Nola. Si è laureata alla Pontificia facoltà teologica dell'Italia meridionale. Le sue passioni sono la politica, la buona tavola, il mare e la moda. Accanita lettrice, fervente cattolica e tifosa del Milan.