22 Dicembre 2024
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Morti nelle carceri: emerge il bisogno di psicologi e dottori

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In Italia, la situazione critica del sovraffollamento carcerario e le condizioni di vita precarie dei detenuti richiamano l’attenzione su un problema persistente e spesso trascurato.

La recente sequenza di eventi tragici nei penitenziari del paese ha evidenziato una crisi in crescita. Da inizio anno, si sono già verificati tre morti, continuando un trend preoccupante che ha visto 155 decessi nel 2023, di cui 68 suicidi.

A fronte di un’incidenza preoccupante di violenza e morti (spesso per suicidio) all’interno delle carceri è evidente che sia necessaria una maggiore presenza di operatori socio-sanitari preparati e opportunamente aggiornati sulle nuove criticità del loro ambito di operatività (al riguardo segnaliamo che in Italia c’è l’obbligo della Fad Ecm psicologi ogni tre anni) onde evitare che il disagio dei detenuti sfoci in episodi estremi.

I casi più recenti dimostrano la necessità di un cambiamento

Tra i casi più recenti, il decesso di Stefano Voltolina, 27 anni, nel carcere Due Palazzi a Padova, sottolinea la gravità della situazione. Si aggiunge a questo il suicidio di Matteo Concetti, 23 anni, a Montacuto, e la morte sospetta di Alexandro Esposito, 32 anni, nel carcere di Poggioreale, dove sono stati riscontrati segni di violenza sul corpo.

Queste tragiche perdite gettano luce sulla composizione variegata della popolazione carceraria, che non si limita a soggetti criminali, ma include un numero significativo di tossicodipendenti e persone affette da disturbi mentali, oltre a individui in attesa di giudizio.

Questa realtà pone in evidenza l’insufficienza di un approccio di gestione basato esclusivamente sulla sorveglianza, evidenziando la necessaria presenza di personale medico e psicologi qualificati.

Carenza di risorse sanitarie e di supporto psicologico

La carenza di risorse sanitarie e di supporto psicologico nelle carceri è aggravata dalla situazione generale del sistema sanitario italiano, già in difficoltà per la mancanza di personale nei pronto soccorso e negli ospedali, e dalla crescente domanda di servizi di salute mentale.

In questo contesto, orientare risorse professionali verso il sistema carcerario rappresenta una sfida rilevante. Il carcere di Montorio a Verona, recentemente al centro dell’attenzione mediatica, incarna alcuni di questi problemi.

Qui, nonostante la presenza di una sezione ad alto trattamento psicologico per detenuti a rischio suicidario, si sono verificati casi di suicidio, sollevando dubbi sulla validità delle valutazioni e delle cure offerte. Inoltre, il sovraffollamento è un’altra questione critica, con 526 detenuti per 335 posti.

L’importanza del personale adeguato medico e psichiatrico nelle carceri

All’interno del sistema carcerario, la presenza di professionisti sanitari e psicologi non è solo un bisogno, ma una necessità vitale per affrontare una vasta gamma di problemi di salute mentale e fisica che spesso affliggono la popolazione detenuta.

Molti detenuti possono soffrire di disturbi preesistenti, spesso aggravati dallo stress e dalle difficili condizioni di vita in carcere. Inoltre, l’isolamento, la mancanza di attività stimolanti e le relazioni interpersonali limitate possono portare a un aumento dei casi di ansia, depressione e altri disturbi psicologici.

L’assenza di un adeguato supporto medico e psicologico non solo impedisce il recupero e la riabilitazione dei detenuti, ma può anche aggravare i problemi esistenti, contribuendo a creare un ambiente carcerario più teso e pericoloso.

Fornire un’assistenza sanitaria e psicologica qualificata è quindi essenziale per garantire il benessere dei detenuti, facilitare la loro reintegrazione nella società e promuovere un sistema carcerario più umano ed efficiente.

Come abbiamo visto, la crisi nelle carceri italiane non si limita alle infrastrutture inadeguate; al centro vi è la necessità impellente di personale specializzato capace di rispondere alle esigenze mediche e psicologiche dei detenuti.

È fondamentale che le azioni intraprese portino a un cambiamento concreto, evitando che le carceri diventino ciò che alcuni hanno descritto come “discariche sociali”.

 

 

 

 


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