Natalità, il ginecologo Gebbia: “Figli a 33 anni è tardi fare educazione alla fertilità”
(Adnkronos) – “In Italia si fanno figli sempre più tardi: la media dell'età in cui si ha il primo figlio è quasi 33 anni, che è tardissimo da un punto di vista biologico. Ci sembra strano dire che 33 anni sia tardi, ma da un punto di vista riproduttivo effettivamente lo è. Siamo il paese in Europa in cui si fanno figli più tardi. Parliamo di educazione alla sessualità, ma dovremmo insegnare anche l’educazione alla fertilità”. Così Francesco Gebbia, ginecologo e Coordinatore medico Medical Affairs Ivirma Italia, intervenendo questa mattina a Roma, all’Adnkronos Q&A, 'Essere genitori oggi, tra scienza e welfare'. “Oggi, nei nostri ambulatori, le pazienti, le coppie, non sono assolutamente impreparate ad avere informazioni sulla loro fertilità e, spesso, siamo noi, in epoca anche tardiva, a dare le prime informazioni – osserva Gebbia – Con la prevenzione si riuscirebbe a far comprendere quello che la fisiologia comporta: col passare del tempo è assolutamente normale e biologico ridurre il proprio potere di avere una gravidanza. Quello che manca effettivamente è l'informazione e anche noi medici spesso pecchiamo nel dare informazioni. Anche gli stessi ginecologi, non hanno spesso dato informazioni alle pazienti, alle donne, alle ragazze sul potere riproduttivo. Non è un inverno demografico, ma è quasi un'era graciale: nel 2022 sono nati 393 mila bambini quando nel 2008, l'ultimo dato era di più di 500 mila. Si sono persi quest'anno rispetto al 2008 177.000 nascite: è effettivamente drammatico”. Il momento migliore da un punto di vista biologico “per concepire – chiarisce il ginecologo – sarebbe tra i 20 e i 30 anni, con una probabilità di concepimento ogni mese quando tutto va bene nella coppia di circa un 25%. La stessa coppia, sana, a 40 anni ha, ogni mese, un 5% di probabilità di concepire e, a 45 anni, siamo sotto l'1%. Tutto questo senza che ci siano altri fattori e altre patologie ginecologiche o il rischio aumentato di aborto, ma anche di formazione di embrioni: tutto questo è ignorato dalla maggior parte delle pazienti delle coppie. Quando ci si approccia poi a un trattamento medico, anche le aspettative di una sua riuscita non sono aderenti alla realtà: a volte purtroppo si pensa che sia sufficiente fare il percorso terapeutico. Certo, la medicina può fare molto, tantissimo, ma purtroppo non si riesce sempre ad avere risultato, la gravidanza. Anche questo è una cosa che non tutte le coppie sanno”. Con la fecondazione assistita “cerchiamo di ottenere la gravidanza utilizzando i gameti, quindi gli ovociti e liquido seminale, della coppia. Bisogna però fare un approfondimento di tipo diagnostico sugli embrioni, per evitare gravidanze con anomalie cromosomiche degli embrioni ed evitare aborti – illustra Gebbia – In alcuni casi però superata la soglia dei 43-44 anni la strada che viene consigliata alla coppia prevede l'utilizzo di ovociti di donatrici, in maniera anonima, cosa che si può fare in Italia dal 2014. Non sempre le coppie ne sono informate, ma anche i medici. In prospettiva, considerando che la fecondazione assistita evolve continuamente, si stanno valutando sempre più aspetti di approfondimento diagnostico genetico. L'intelligenza artificiale di cui si fa un grande parlare oggi è una grande realtà già quotidiana nei nostri laboratori perché, grazie all'Ia riusciamo a selezionare embrioni che davvero possono dare una gravidanza alla coppia e quelli da non trasferire in utero perché non darebbero nessuna possibilità di gravidanza. C’è poi la cosiddetta gametogenesi in vitro, cioè – conclude – riuscire a generare gameti e cellule riproduttive partendo da altri tipi di tessuti”. —[email protected] (Web Info)
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